Potere e potenza: riflessioni su una difficile coesistenza di significati

di Lorenza Castellani

Questo articolo nasce da una personale riflessione suscitata dalla sovraesposizione a talk-show televisivi a cui prendevano parte e parola i politici nostrani. Mi sono chiesta quindi quanto potere avessero e se per questo potessero essere considerati potenti. E ancora, sono potere e potenza la stessa cosa, le due facce di una stessa medaglia, oppure divergono tra loro imprescindibilmente?

Quello di potere può essere considerato un concetto multidimensionale. Prima di tutto, da un punto di vista puramente grammaticale, è l’infinito dell’indicativo io posso applicato alla vita sociale. È utile pensare al potere come intrinsecamente legato all’agire. È inimmaginabile una vita sociale che risolva la questione del potere, perché ogni volta che agiamo entra in gioco. È del tutto evidente che noi non agiamo nel vuoto, ma in rapporto a delle situazioni, ad altri. Il pensiero politico anarchico è problematico, in tal senso. Il potere non si risolve nemmeno nella vita sociale, è un qualcosa che ci portiamo dietro.

Nella cultura occidentale democratica, nel corso degli anni, abbiamo sviluppato una profonda cautela nei confronti del potere. Come sottolinea Talcott Parsons, noto sociologo statunitense, quando il potere è legato all’agire esso ha in realtà una valenza positiva, perché laddove non abbiamo potere non riusciamo nemmeno ad agire. La totale impotenza è così da considerarsi inazione.

Tutte le categorie sociali si possono leggere sul versante del potere. Esso ha anche una lato per così dire “demoniaco”, quando viene associato alla violenza fisica, verbale e psicologica, aspetti questi non sempre facili da stabilire e giudicare. Tuttavia, possiamo affermare con certezza che il potere è qualcosa che per definizione ha a che fare con la relazione.

Dall’altro lato, la potenza è il potere di potere. Questo concetto ha valore solo in un’accezione storica. Abbiamo pensato che la società fosse un reticolo di nodi, ed è come se fossimo entrati in quel reticolo e l’avessimo fatto esplodere e in tal modo avessimo pensato di aver risolto il problema.

Nelle democrazie avanzate, più che la questione del potere si pone quella della potenza. Il problema non è nella concentrazione di potere, ma nel potere di potere che mette insieme i concetti che avevamo diviso precedentemente. Un caso emblematico è dato dal rapporto tra l’ambiente e l’essere umano. Possiamo non essere d’accordo sulla cogenza del problema, ma non sull’esistenza di esso. Ognuno di noi quando si sveglia compie una scelta che incanala il potere di azione di milioni di persone.

Ecco dunque che da questa breve riflessione emerge un dualismo, un gap, una scissione irreparabile tra potere e potenza. Il potere è un dato di fatto, imprescindibile, ineliminabile e potenzialmente non pericoloso. La potenza è invece il frutto di un percorso storico preciso, che rischia di spingerci oltre a quanto programmato e soprattutto oltre al gestibile.

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