Legàmi: i litigi di Stato e Regione (Lombardia) sui luoghi di culto

I rapporti fra Stato Italiano e istituzioni religiose sono stabiliti il più delle volte a livello centrale, dal governo a Roma. Famosi sono i Patti Lateranensi, risalenti al 1929, che regolano i rapporti con la Chiesa Cattolica. Tuttavia ci sono religioni per cui questi rapporti non sono altrettanto espliciti. Un esempio è la tanto nominata in questi giorni religione islamica.

Ha fatto discutere negli ultimi tre mesi la legge regionale numero 2 del 2015, che modifica in parte la regolamentazione lombarda per l’istituzione di nuovi luoghi di culti. Voluta dalla Lega e sostenuta da numerosi consensi aumentati dopo gli avvenimenti di inizio anno a Parigi, essa è stata ribattezzata dai media “legge anti-moschee”.

Può una regione legiferare di sua iniziativa su un argomento tanto delicato ed esteso geograficamente come il luogo in cui esercitare le proprie fedi? La modifica tanto contestata in particolare da appartenenti a comunità islamiche, ma non solo (le parole “islam” o “moschea” non sono presenti nel testo), riguarda l’istituzione di una Giunta dotata dell’autorità di porre eventuali veti sulla costruzione di edifici per la preghiera, basandosi, ad esempio, sulla presenza o meno di “distanze adeguate tra le aree e gli edifici da destinare alle diverse confessioni religiose”. Risultato di ciò sarebbero, vista l’alta densità di chiese presenti sul nostro territorio, numerosi impedimenti alla costruzione.

Già nel 2013 erano sorte polemiche riguardo ai Pgt (Piani di governo del territorio) che trattavano in maniera differente i “servizi religiosi” di fede cattolica e quelli delle altre fedi, non considerati come tali dal punto di vista, ad esempio, dei finanziamenti e delle autorizzazioni. In quella occasione un ricorso al Tar presentato dall’associazione mussulmana bresciana “Muhammadiah” era stato vinto, facendo sembrare giuridicamente irrealizzabili, da allora in avanti, le proteste contro la costruzione di nuove moschee.

Sulla scia di questa e altre sentenze simili la legge regionale è stata dunque impugnata dal governo in data 12 marzo 2015

per invasione nella competenza esclusiva dello Stato in materia di rapporti tra la Repubblica e le confessioni religiose. […] per contrasto con i principi contenuti in trattati europei ed internazionali in materia di libertà di religione e di culto, nonché, prevedendo il coinvolgimento di organi statali preposti alla sicurezza pubblica, che riserva alla competenza esclusiva dello Stato la materia dell’ordine pubblico, che affida alla sola legge statale il potere di disciplinare forme di coordinamento fra Stato e Regioni nella materia della sicurezza pubblica.

Nel frattempo, tuttavia risale a pochi giorni fa la notizia che un nuovo ricorso, presentato questa volta dai musulmani di Sesto Calende (Varese) che richiedevano una moschea nell’area ticinese e non hanno, però, ottenuto risposta positiva alla loro richiesta.

La vicenda non è ancora risolta: difficile trovare un equilibrio fra le libertà e quella “sicurezza” che a volte finisce per nuocere anche ai fedeli più pacifici.

Curioso sembra essere il fatto che ad essere messa in discussione non sembri essere la legge in sé, ma chi debba avere l’autorità di deliberarla. Non è questo l’unico campo in cui gestione locale e gestione nazionale sembrano contendersi un’autorità: basti pensare ad ambiti come la sanità, dove di anno in anno bandi regionali o locali diventano nazionali, o viceversa e le ambulanze sono affidate talvolta alla gestione da parte di volontari o dipendenti di formazione laica, altre volte a medici e infermieri.

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