QUANDO VOLEVANO DEMOLIRE LA PALAZZINA LIBERTY

Di Simone Belletti

La Palazzina Liberty, col suo tipico stile Art Nouveau, è uno dei luoghi suggestivi di Milano.

Oggi è per tutti un elemento insostituibile della città, ma non ha sempre goduto di questa fama, anzi, per poco non abbiamo rischiato che fosse demolita.

La Palazzina era parte del Verziere (il mercato ortofrutticolo) che chiuse ufficialmente i battenti alla fine del luglio del ’65, per essere trasferito in una zona più periferica (in via Cesare Lombroso dove si trova attualmente l’ortomercato).

Si decise di destinare quell’area a verde pubblico dedicandola ai marinai italiani caduti: il parco, infatti, avrebbe ospitato un monumento finanziato dall’Associazione Nazionale dei Marinai d’Italia.

Il progetto fu proposto all’architetto Luigi Caccia Dominioni che a sua volta coinvolse Francesco Somaini, scultore e suo stretto collaboratore.

Scultura e parco avrebbero fatto parte di un unico grande progetto di rinnovamento urbanistico, le strutture si sarebbero completate in un rapporto simbiotico per realizzare uno spazio di cultura e d’incontro per la cittadinanza.

Mai il termine simbiosi fu usato più a sproposito: a due anni di distanza il monumento terminato svettava su di un enorme cantiere, del parco, infatti, c’era a mala pena il progetto.

La scultura avrebbe dovuto dialogare con l’elemento architettonico circostante, senonché la scultura era finanziata dal comitato dell’Associazione Marinai d’Italia (che la approvò subito), mentre la parte di arredo urbano dipendeva dal comune.

 Fu con l’amministrazione comunale che Caccia Dominioni dovette instaurare il vero dialogo: per farsi approvare il progetto.

Inizialmente era prevista una vasca d’acqua di 150 metri che collegasse la scultura di Somaini ad un piccolo anfiteatro, delle collinette ai lati del parco abbastanza alte da nascondere il traffico e, soprattutto, l’abbattimento della Palazzina Liberty per far posto ad un moderno centro polifunzionale.

L’idea evidentemente sembrò buona solo a Caccia Dominioni, dato che si trovò contro la cittadinanza che con vari appelli si opponeva all’abbattimento della Palazzina Liberty.

I costi eccessivi fecero passare il progetto per varie modifiche e semplificazioni fino a quello attuale, senza colline, anfiteatri o fontane mastodontiche.

Somaini attribuirà anni dopo la mancata approvazione al clima di contestazione e alla paura da parte del comune di un luogo (l’anfiteatro) in cui potessero organizzarsi assembramenti incontrollati.

 E’ una possibilità.

Certo, si potrebbe anche pensare che il comune avesse paura più che altro dei costi di quel progetto.

Anche questa è una possibilità.

Ironia della sorte, proprio la Palazzina Liberty diventò lo spazio di aggregazione e di cultura che aveva ispirato il progetto che ne prevedeva l’abbattimento: durante gli anni ’70 fu la sede della compagnia teatrale di Dario Fo e Franca Rame,  ancora oggi è uno spazio culturale molto attivo.

L’idea più sensata fu quella di non demolire la Palazzina Liberty e lasciare che la socialità si creasse spontaneamente piuttosto che progettarla a tavolino.

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