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QUEL NAZISTA DI HEIDEGGER

Di Simone Belletti

Prossimo alla morte, consegna dei misteriosi documenti con il giuramento di celarli al resto dell’umanità e di rivelarne il contenuto solo in un lontano futuro, quando questa sarà pronta a riceverlo.

Potrebbe essere la trama di un thriller, invece è il capitolo finale, il colpo di scena, della controversa storia dei rapporti di Heidegger col nazismo.

MARTIN HEIDEGGER

Tra i filosofi più influenti del ‘900, Martin Heidegger, soprattutto tramite la sua opera più nota ”Essere e tempo”, è stato un punto di riferimento per l’esistenzialismo e in generale per gli sviluppi della filosofia in ambito europeo a patire dal secondo dopoguerra.

Pensatori imprescindibili, come Sartre, Derrida, Foucault (ma l’elenco potrebbe essere molto più lungo), sono stati profondamente influenzati dal pensiero di Heidegger.

HEIDEGGER E IL NAZISMO

Nell’immediato dopoguerra scoppia il caso Heidegger: il filosofo viene tacciato di aver appoggiato attivamente l’ideologia nazista, un’accusa mai del tutto sopita e che, anzi, viene ciclicamente risollevata.

In effetti Heidegger aderì al nazismo, nel 1933 si iscrisse al partito e ricoprì l’incarico di rettore dell’università di Friburgo nel contesto di una politica volta a diffondere l’ortodossia nazista all’interno  degli atenei.

Appena l’anno seguente però, a causa dei contrasti con il partito, presentò le dimissioni, per ritirarsi poi a vita privata.

Una partecipazione limitata dunque, che è stata poi scusata e perdonata, vista come un’adesione ingenua a cui non corrisposero convinzioni profonde, il successivo silenzio e isolamento sarebbe un’ulteriore conferma di questa visione indulgente.

Un’indulgenza che però ha alcuni punti critici: Heidegger non ritirò la sua iscrizione al partito nazista né in seguito prese le distanze dalla sua adesione degli anni ’30.

Fu sì perdonato, ma non chiese mai scusa.

 

È stato anche fatto notare come non ci siano evidenze che sia stato un antisemita, svalutando ulteriormente la sua compromissione col partito, del resto come può essere stato un convinto nazista senza essere anche antisemita?

 

Pur ammettendo una certa ambivalenza e anche qualche caduta in generale si è ammesso che l’antisemitismo non abbia fatto parte della sua opera filosofica.

Se e quanto Heidegger si sia compromesso col nazismo è stata dunque una questione dibattuta ma inficiata dalla mancanza di prove risolutive, le congetture, le speculazioni sul non detto, si sono scontrate sull’insistente silenzio del filosofo che non ha mai voluto esporsi sulla questione.

Fino ad ora.

I QUADERNI NERI.

A metà degli anni ’70 sono stati depositati 34 quaderni di tela cerata nera (da qui il nome) che, secondo l’espressa volontà di Heidegger, sarebbero dovuti essere pubblicati solo una volta completata l’edizione integrale delle sue opere, prima di allora sia il contenuto che la loro stessa esistenza sarebbero dovuti rimanere segreti.

Dato il prolungarsi dell’edizione delle opere complete, è stato deciso di rivelare l’esistenza dei quaderni e di procedere anticipatamente alla divulgazione. Si tratta di testi scritti a partire dagli anni ’30 fino agli anni ‘70, sono tutt’ora in corso di pubblicazione.

 

Nei quaderni neri c’è scritto ciò che molti sospettavano e che altri speravano non potesse esistere: c’è l’adesione all’antisemitismo.

 

Nei quaderni si parla chiaramente di ebrei ed ebraismo e sempre in termini esplicitamente denigratori e, soprattutto, non in maniera accidentale o marginale, ma facendo dell’antisemitismo uno degli elementi centrali della riflessione filosofica.

 

CHE FARE?

Chiaramene una simile rivelazione ha acceso un intenso dibattito, ci si chiede a questo punto che diritto abbia Heidegger di occupare quella posizione di rilievo che gli era stata assegnata tra i filosofi, e quanto i quaderni neri possano essere oggetto di studio e di insegnamento.

 

Le posizioni sostenute dagli studiosi si possono riassumere (a costo magari di qualche semplificazione) in tre diversi approcci: c’è chi rifiuta risolutamente il contenuto dei quaderni neri, ritenendoli indegni di essere oggetto di una autentica riflessione filosofica.

 Altri studiosi invece, pur non condividendo il contenuto dei quaderni, ritiene sia doveroso confrontarsi con le riflessioni in essi contenute, del resto sono state vergate dalla mano di una delle voci più eminenti della storia della filosofia, perciò non tanto facilmente liquidabile.

É giusto segnalare anche una terza posizione: quella della chiusura totale, la strenua difesa basata unicamente sul culto della personalità del filosofo, è la posizione di chi, negando l’evidenza, non vedrebbe prove convincenti di un atteggiamento riprovevole da parte del filosofo; si tratta chiaramente di una posizione legata all’ambiente più reazionario.

 Il dibattito non sembra destinato a spegnersi molto presto, tanto più che solo una parte dei quaderni è stata pubblicata (quella relativa agli scritti che partono dal ’31 al ’41 e recentemente gli scritti dal ’42 al ’48). L’edizione italiana è ancora in corso di traduzione, così bisogna affidarsi ai passaggi tradotti dai commentatori.

Il principale contributo teorico nel panorama italiano è, attualmente, il saggio ”Heidegger e gli ebrei” della studiosa Donatella di Cesare, una delle voci più autorevoli per quanto riguarda gli studi heideggeriani, testo a cui rimandiamo chi voglia approfondire la spinosissima questione dei quaderni neri .

 

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