L’Inghilterra e la sperimentazione genetica su embrioni umani. L’Italia?

Cosa succede nei primi 14 giorni da quando spermatozoo e ovulo si incontrano? Quanto possono queste prime due settimane condizionare lo sviluppo di un individuo? Come è possibile che per alcune coppie non si riesca a far funzionare neanche la Procreazione Medicalmente Assistita (PMA), nonostante la fecondazione in provetta sembri andata bene?

Modifica genetica di embrioni umani: Inghilterra e Italia

Parte da queste domande la ricercatrice Kathy Niakan del Francis Crick Institute di Londra, che appena un paio di settimane fa (1 febbraio) è riuscita ad ottenere l’approvazione dell’HFEA (l’autorità inglese per la fertilizzazione umana e l’embriologia) per modificare geneticamente embrioni umani in laboratorio.

La manipolazione genetica in questa ricerca si fa con lo scopo di regolare i meccanismi di “accensione” e “spegnimento” di alcuni geni. Il fine è notare il ruolo di ciascuno di essi nello sviluppo e nella differenziazione che porta il singolo uovo fecondato (zigote) a diventare quella che viene chiamata blastocisti, una struttura con una cavità centrale il cui involucro tende a maturare in placenta.

La stessa Niakan in alcune ricerche pubblicate nel 2013 ha identificato questi geni su embrioni di topo. Fra di essi si indaga in particolare la trascrizione del fattore OCT4, proteina che sembra avere un ruolo anche nella differenziazione delle cellule staminali pluripotenti.

Analizziamo lo studio dell’Inghilterra!

Il primato dell’Inghilterra

L’Inghilterra non ha tuttavia il vero primato temporale sull’utilizzo degli embrioni umani: a metà del 2015 infatti in Cina si giunge a modificare il gene della beta-talassemia, ma la ricerca, proposta per la pubblicazione su Nature, è respinta forse per motivi etici o forse anche per gli ancora scarsi risultati: Su 86 embrioni iniettati 71 sono sopravvissuti, 54 sono stati geneticamente testati, 28 si sono divisi, ma solo 4 contenevano la correzione desiderata.

Inghilterra
Lavoro di laboratorio

La legge inglese

La legge inglese non pone espliciti ostacoli a questo tipo di sperimentazione, con l’ importante proibizione di impianto degli embrioni modificati nell’utero di donne. Gli embrioni in questione si coltivano in laboratorio come cellule e tessuti utilizzati per qualsiasi altra sperimentazione. Il loro sviluppo si limita alle prime due settimane, cioè a un numero massimo di 200-300 cellule (un neonato umano ne ha miliardi). Dunque non sembra esserci nessun rischio di una fantascientifica eugenetica per ora, finchè l’utilizzo della tecnica di ingegneria gentica utilizzata (CRISP) sarà ben regolamentato.

E l’Italia?

La cosa, tuttavia, sembra spaventare. Qual è il pensiero dominante in proposito fra gli Italiani? Raccogliendo un numero non statisticamente valido ma comunque interessante di voci per le strade di Milano emergono principalmente reazioni negative alla notizia, spesso non ancora conosciuta: “Agghiacciante” è la prima reazione di una giovane madre all’accostamento delle parole “embrioni” e “sperimentazione”. Un paio di anziane signore si dicono contrarie a qualsiasi intervento sul concepimento, quindi anche alla fecondazione assistita e sviano il discorso invitando le coppie non fertili all’adozione:

Ci sono già tanti bambini che cercano una mamma e un papà…Adesso tutte queste donne hanno solo il capriccio di essere madri di un figlio loro.

La posizione della Chiesa Cattolica lancia delle obiezioni, esplicitate nel 2008 nel documento Dignitas Personae:

L’embrione umano ha fin dall’inizio la dignità propria della persona.

Chi si schiera apertamente a favore, più difficile da trovare, almeno per le vie del centro, pone a confronto questa tipologia di sperimentazione con quella sugli animali:

Almeno gli embrioni non possiedono ancora un sistema nervoso sviluppato e non sono quindi in grado di provare dolore, a differenza degli animali da laboratorio.

 

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