“Un libro è un’armatura”. Intervista all’editor Oriel Pozzoli

La letteratura per ragazzi è un universo straordinario con oneri e onori. Lo sa bene Oriel Pozzoli: donna appassionata, insegnante, scrittrice ed editor della neo collana di letteratura per ragazzi I Libri del Melograno della casa editrice indipendente La Vita Felice. Durante l’incontro per la presentazione della collana lo scorso 9 aprile, Oriel Pozzoli ha parlato di letteratura, sogni, armature: i libri devono essere per i ragazzi “armi di difesa e di offesa” per crescere ed imparare. Sotto la guida dell’editore Gerardo Mastrullo la collana, pensata per “lettori che crescono”, ben si accorda con la mission della direttrice: avere cura. Cura per il livello culturale dei testi, delle traduzioni, delle prefazioni e delle curatele; cura per la qualità grafica e l’edizione tascabile economica. Ma qual è la sua concezione di letteratura per ragazzi e come si propone la collana? L’intervista.

 

Allora Oriel – o forse dovrei chiamarla professoressa – da dove il progetto “I libri  del melograno” e perché questo titolo?

Chiamami per nome, cara Giulia…, il nome viene prima di qualsiasi titolo! La casa editrice La Vita Felice ha un catalogo molto ampio, che comprende la poesia, la saggistica, la narrativa, i classici latini e greci. Il progetto di una nuova collana di letteratura per i giovani, dagli otto anni all’adolescenza, è stato fortemente voluto dall’editore Gerardo Mastrullo e io ho accolto con entusiasmo la proposta di assumerne la direzione. Il melograno è un frutto altamente simbolico: l’abbondanza dei suoi semi e l’involucro robusto che li contiene, il suo succo rosso sangue ne hanno fatto un’immagine di vita, di abbondanza, di fertilità. Nel mito greco di Persefone, d’altra parte, il melograno è il frutto dell’Oltretomba e la figlia della dea Demetra, per averlo assaggiato, è costretta ad accettare le nozze con Ade, il dio dei morti: eppure il matrimonio con la Morte non le impedisce di trascorrere sulla terra e alla luce metà dell’anno, e di garantire, con la sua eterna rinascita, la fioritura dei campi e il ciclo delle stagioni. L’età dei lettori ai quali ci rivolgiamo con “I libri del melograno” è un tempo di metamorfosi, forse la più tumultuosa e perturbante nella vita di un uomo. Come ogni trasformazione, essa comporta una “piccola morte”: i “vecchi bambini” attraversano un passaggio pieno di promesse, fitto di possibilità, tante almeno quanti sono i semi del melograno… E così abbondanti, varie e significative vorremmo che fossero anche le proposte della nostra nuova collana.

In un periodo in cui qualsiasi segmento di mercato costituisce un rischio per l’editoria libraria, perché la scelta della letteratura per ragazzi? Come si comporta  il mercato di questo segmento editoriale?

I bambini e i ragazzi leggono più degli adulti. Nella crisi globale del libro, la letteratura per l’infanzia e l’adolescenza, per il momento, sembra resistere bene. Ma l’idea della Vita Felice non è mossa da un puro calcolo di mercato. La nostra intenzione è di dedicarci ai libri per ragazzi con lo stesso gusto, la ricercatezza e la cura per il libro che connotano la casa editrice in tutte le sue scelte. Gli scaffali delle librerie dedicati ai giovani abbondano di libri che assecondano le mode e si adeguano a un’idea di letteratura “usa e getta”. Noi vorremmo proporre storie che abbiano una vita lunga, sia con nuove traduzioni di classici, sia con opere di autori contemporanei.

Quale fascia d’età comprende la letteratura per ragazzi e cosa la differenzia dalla letteratura per adulti?

“I libri del melograno” si rivolgono nello specifico a lettori dagli otto anni alla prima adolescenza, anche se queste ripartizioni dei libri “per età” sono solo orientative e in parte artificiose: i racconti del volume La casa dei melograni di Oscar Wilde, per esempio, con cui abbiamo inaugurato il progetto, furono pensati dall’autore per intrattenere i suoi figli, ma sono storie affascinanti tutti, mentre Il fantasma di Canterville, che ha divertito tante giovani generazioni con un brillante capovolgimento parodico della  “storia di fantasmi”, nacque come romanzo umoristico per un pubblico adulto e culturalmente piuttosto raffinato. La letteratura cosiddetta  “per ragazzi” tratta tutti i temi di quella “per adulti”,  tranne uno: il sesso, almeno quando il libro si rivolge ai bambini, per i quali questo non è un argomento molto interessante, mentre lo diventa senz’altro a partire dai dodici, tredici anni. Certo, nei libri destinati ai più giovani cambiano il linguaggio, la forma, la complessità delle storie. Cambiano i personaggi, che hanno preferibilmente un’età vicina a quella dei lettori. Però questo in fondo  è un problema che gli scrittori si pongono da tempi abbastanza recenti: basti pensare che il primo libro per ragazzi della letteratura italiana è Lo cunto de li cunti  di Giambattista Basile, edito tra il 1634 e il 1636, e la sua prosa barocca è tutt’altro che semplice. E prima? I giovani leggevano le traduzioni dei poemi epici, l’Iliade, l’Odissea, l’Eneide, le Vite parallele di Plutarco, i romanzi  cavallereschi del Medioevo, le  leggende e i miracoli dei santi… In seguito, anche i grandi classici per ragazzi, come i romanzi di Mark Twain, o Piccole donne, o il nostro Pinocchio, non sono certo stati composti con la preoccupazione della “facilità”. Lo scrittore che lavora pensando a un pubblico giovane, ancora oggi, dovrebbe mirare prima di tutto a una qualità letteraria alta, e la qualità si manifesta sia nella scelta del mondo raccontabile sia nella lingua e nello stile.  

Bianca Pitzorno, nel suo saggio Storia delle mie storie, descrive il suo rapporto intenso con i ragazzi come punto di partenza per scrivere di loro e per loro. Si trova d’accordo?

Sono d’accordo. Chi scrive per i giovani, come dice la Pitzorno “dovrebbe prima di tutto conoscerli e, possibilmente, stare dalla loro parte; anche se racconta di castori o di vecchi astronauti, di maghi o di formiche”. Non è abbastanza pensare al nostro “fanciullo interiore”: questa, spesso, è una formula retorica buona solo per mascherare le nostre vecchie croste…  e il potentissimo “fanciullino” di Pascoli, del resto, non produce certo filastrocche per bambini. Ogni scrittore ha bene in mente il suo lettore, e se il suo lettore è tanto distante da lui per data di nascita, è suo compito andare a scovarlo, scoprire come è fatto e come si comporta, qual è la particolarità del suo essere nel mondo e il suo sguardo sulle cose. È una curiosità, anzi, direi proprio un amore, che poi irrobustisce l’autore nell’invenzione credibile dei suoi personaggi e delle loro peripezie. Quello dell’infanzia, peraltro, è un universo così interessante… basta lasciar perdere gli spensierati luoghi comuni con i quali tendiamo a travestirlo, invecchiando! 

Nell’incontro dello scorso 9 aprile  ha definito la lettura “arma di difesa e di offesa”. Come si inserisce in letteratura il cambiamento tumultuoso dei ragazzi in fase preadolescenziale?

La fine dell’infanzia e il tumulto dell’adolescenza sono temi potenti per  un narratore e spesso li troviamo al centro dei romanzi che leggiamo con maggiore coinvolgimento, anche da adulti. Il rilievo che assume la dimensione erotica dell’esistere, il conflitto con la famiglia, l’amicizia e la rivalità tra i coetanei, la scoperta del male e della morte sono tutti elementi che segnano in modo inconfondibile il confine per il “tempo dell’innocenza”. Ma, come si diceva, i libri per “vecchi bambini”, cioè destinati, grossomodo, a chi non ha ancora superato la “prima media”, impongono allo scrittore scelte abbastanza diverse rispetto a quelle della narrativa che si rivolge ai più grandi; richiedono una conoscenza ancora più attenta dei discorsi dei bambini, una maggiore delicatezza di accento e una voce narrante che, se non è quella dei piccoli protagonisti, ne sappia però assumere con coerenza il punto di vista. Il che non significa certo la contraffazione edulcorata della realtà (ricordiamoci che lo sguardo dei bambini sul mondo è impietoso… e smaschera la nudità dell’imperatore..!) né la selezione dei cosiddetti temi “educativi”. La buona letteratura, anche quella per ragazzi, racconta il mondo: e raccontare il mondo non significa farne la cronaca, ma complicarlo. In questo modo, la letteratura porta nella nostra vita la bellezza, come ogni altra forma d’arte, anche se ci parla di sofferenza, di tormento, di buio. In questo modo la buona letteratura ci protegge e offende, nel senso che indebolisce, la tentazione della pigrizia mentale, del conformismo, della banalità.

Nell’incontro ha detto “La lettura è come la dieta: non tutto ciò che si legge, fa bene”. Cosa ritiene dannoso per i ragazzi nell’universo libri e quanta importanza hanno i classici?

Sento spesso i genitori lamentarsi del fatto che i loro figli, approdati alla scuola secondaria di primo grado, leggono spontaneamente meno di prima e fanno fatica ad aderire alle proposte di lettura dei loro insegnanti. Ma che cosa hanno letto, quando avevano nove-dieci anni, questi dodicenni  che ci appaiono improvvisamente svogliati? Forse hanno fatto indigestione di libriccini che hanno riempito il loro tempo,  senza lasciare però un segno profondo, né contribuire a formare il loro gusto. Il danno dei libri “usa e getta”, spesso anche per la loro veste editoriale più simili a gadgets che a opere letterarie, consiste nel  far credere ai giovani lettori che leggere è un passatempo per quando non si ha niente di meglio, o di più urgente da fare. Il mercato produce moltissimi libri che illudono con la facilità, talvolta con la volgarità del linguaggio, e con la banalità dei contenuti: in questo modo, il lettore ancora inesperto si convince che un libro, per essere bello, si deve poter finire in fretta, e senza mai consultare un dizionario, perché in sostanza parla soltanto di cose che sappiamo già! E questa convinzione è difficile da scardinare, se abbiamo letto troppi libri che per un po’ tolgono la fame, ma non nutrono. Io non credo nelle censure in generale, tantomeno in quella letteraria, ma è importante che, appena un bambino diventa lettore autonomo, abbia la possibilità di assaggiare forme e qualità diverse di scrittura. I classici non devono mancare nelle prime esperienze di lettura dei bambini e degli adolescenti e tocca a noi adulti segnalarli e proporli ai nostri figli, e ai nostri alunni, perché si accorgano presto della loro bellezza: quello che un tempo era un patrimonio di letture “obbligatorie”, quasi naturalmente condiviso e trasmesso di generazione in generazione, oggi rischia di smarrirsi nella foresta amazzonica del mercato librario e subisce la concorrenza agguerrita di ciò che è di volta in volta “di moda”. Ma la lettura di un classico è l’inizio di una conversazione con il nostro io più profondo, e con la storia di ogni essere umano, un discorso che non si esaurisce alla fine del libro: certi libri formano la nostra persona e la grammatica della nostra anima, nel senso che ci suggeriscono le parole e le storie per dire quello che siamo e quello che proviamo, quando da soli non ce la faremmo mai. I classici lo fanno in maniera “originaria”, ossia attingendo alle radici comuni dello spirito umano: se penso, per esempio, alla storia di un padre e di un figlio, la prima che mi viene in mente è quella di Ulisse e Telemaco… 

La letteratura per ragazzi dà risposte e forma futuri adulti. Quali romanzi consiglia ai suoi alunni e quali romanzi per ragazzi gli adulti dovrebbero rileggere?

Quest’anno per i miei alunni di prima media ho organizzato un laboratorio di scrittura di favole: abbiamo reinterpretato la tradizione di quelle esopiche, ambientando le nostre storie tra gli animaletti dell’orto scolastico e dando voce anche a frutta e verdura. Perciò, prima di scrivere, abbiamo letto non solo Esopo e Fedro, ma anche le Storie della preistoria di Alberto Moravia, una rilettura sorprendente anche per me. E a proposito di animali parlanti, un altro libro che suggerisco spesso in prima è La famosa invasione degli orsi in Sicilia di Buzzati. Quella di Pinocchio è una storia che tutti i ragazzini credono di conoscere per filo e per segno, ma in realtà solo in pochissimi hanno letto per conto loro l’intero romanzo di Collodi. Se Verne, London, Stevenson, Salgari, Kipling incontrano più facilmente, ma per fortuna non in modo esclusivo, i gusti maschili, Tom Sawyer e Huckleberry Finn di Mark Twain sono personaggi formidabili che continuano a conquistare anche le ragazze. Quando avevo dieci anni, ho letto e riletto Il giardino segreto di Frances H. Burnett: un libro del 1911, rivoluzionario per l’epoca in cui fu scritto, perché i protagonisti Mary e Colin sono bambini che reagiscono all’egoismo e alle debolezze degli adulti educandosi da soli, e crescendo attraverso la loro amicizia e il rapporto con la natura. Nelle “liste dei libri della prof.” non è mai mancato Il buio oltre la siepe di Harper Lee, che ha rinnovato la propria fortuna anche tra gli adulti da quando Obama  lo ha suggerito contro ogni razzismo e discriminazione. I romanzi migliori di Roald Dahl ripropongono in modo originale la storia del bambino che deve cavarsela da solo o affrontare l’ostilità dei grandi e inseriscono l’elemento magico-fantastico in un contesto urbano riconoscibile, che mi interessa molto di più dell’ambientazione totalmente immaginaria di gran parte del fantasy. Ottimi scrittori per bambini e per ragazzi, naturalmente, ci sono anche tra gli autori viventi: speriamo di proporli presto, insieme ai classici, anche tra I libri del melograno!

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