Coco Chanel: “Di necessità, virtù”

E se cliché deve essere.. che cliché sia! Il mondo è bello perché è vario – si dice. In questa innegabile varietà si trovano, tra le tante, e nemmeno troppo raramente, persone che sono per loro natura capaci di accettare lo status quo delle cose e quelle che proprio si rifiutano di farlo. E’ più forte di loro.

Le prime non si sa come, sono nate conoscendo le regole del gioco sociale e agiscono di conseguenza. Sanno afferrare al volo quei treni in corsa che pare passino solo dalle loro parti, sanno quand’è il momento di parlare e quando di tacere e raramente sbagliano. Dunque si sposano, fanno figli e nel frattempo lavorano, dormono, godono, soffrono. Nulla di più facile e fisiologico. Le seconde a questo gioco sociale si rifiutano categoricamente di partecipare, un po’ per loro volontà, un po’ a causa di un destino vagamente beffardo che si accanisce contro di loro, perché alla fine – non abbandoniamo il clichè – “piove sempre sul bagnato“. Sono così impegnate, fin da piccole, a correre per salvarsi dalle morse della solitudine e dell’inquietudine, a saltare tutti gli ostacoli che spuntano come funghi sul loro cammino, cercando sempre e comunque di cadere in piedi, da non avere ne’ tempo, ne’ spazio – ne’ tanto meno voglia – per capire come bisognerebbe comportarsi per sopravvivere al meglio. Sono persone profondamente allergiche alle mode, alle imitazioni e alla conformazione ai dettami sociali e culturali.  Persone che si mettono nelle condizioni di ricevere delusioni reali piuttosto che gioie fasulle e rifiutano i “contentini” se non possono avere quello che realmente vogliono. Coco è decisamente annoverabile tra queste ultime.

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Gabrielle Bonheur Chanel, in arte Coco, nasce a Saumur, Francia, il 19 agosto 1883. Di umili origini, rimane presto orfana e viene rinchiusa insieme alle sue due sorelle in un orfanotrofio sotto le “amorevoli” cure delle suore della congregazione del Sacro Cuore. L’influenza dei 7 anni trascorsi in convento appare chiara nella sintesi tra la purezza romanica, eleganza e rigore associati ad abiti lineari ed austeri di colori sobri e raffinati, ai tailleur e all’intramontabile “petite robe noire” – altrimenti detto “tubino nero” – e l’opulenza tipica degli abiti religiosi e degli oggetti da cerimonia, che accese in lei la passione per il dettaglio e l’uso estensivo della bigiotteria.“Fare di necessità virtù” significa esattamente sfruttare le esperienze di vita, i successi e le batoste, a proprio vantaggio e come fonte di ispirazione. E questo è solo l’inizio.

Divenuta maggiorenne Gabrielle è spedita presso una scuola di apprendimento di arti domestiche e, , inizia a lavorare come commessa presso un negozio di biancheria e maglieria. Nel frattempo per mantenersi intraprende una breve carriera di cantante presso un caffè-teatro. Sembra che lo pseudonimo “Coco” derivi da una canzone con cui era solita esibirsi: “Qui qu’a vu Coco dans le Trocadéro?”. Ed è così che un giorno inciampa in Etienne de Balsan, primo uomo della sua vita. Si trasferisce da lui presso la residenza  campestre di Royallieu, accettando di convivere con l’altra sua amante. Etienne, figlio di imprenditori tessili ed ufficiale di cavalleria, fu il suo primo finanziatore nonché fonte d’ispirazione per i pantaloni da cavallerizza e le cravattine in maglia, così adatti al nuovo modello di donna emancipata del ‘900, che Coco voleva vestire. Fatalità un bel giorno a Royallieu arriva lui, Boy Capel, il vero amore. I due vanno presto a vivere insieme a Parigi. Capel, intuito il suo incredibile talento, investe su Coco e le anticipa i soldi per inaugurare la sua prima boutique. Il successo riscosso con i suoi modelli le permette presto di aprirne un’altra in una località balneare, a Deauville. Ed ecco impone lo stile marinaretto, in auge ancor oggi.

Nemmeno il primo conflitto mondiale la ferma. La sua fama si diffonde e si rafforza, auto-alimentandosi con le sue creazioni, sempre apprezzate e all’avanguardia. Introduce il jerseytessuto amico delle donne – che così abilmente sottolinea la femminilità, celando difetti ed imperfezioni. Viene introdotta nel circolo degli artisti e degli intellettuali dall’amica Misia Sert, dove fa la conoscenza di Paul Morand, Pablo Picasso e Igor Stravinsky (con il quale pare la conoscenza sia diventata presto molto intima). Si brucia accidentalmente i capelli con il fornello e voilà la moda del capello corto.

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Ma non è tutto oro quel che luccica“. Boy non la sposò mai, per il divario sociale che si frapponeva tra loro –  si dice. Sposò un’altra, più adatta a lui e al suo status, ma Coco rimase la sua amante fino al tragico epilogo. Boy ebbe un grave incidente stradale e perse la vita all’età di soli 38 anni. Coco restò sola. La grave perdita le lasciò un vuoto nel cuore che tentò di colmare con il lavoro e che lasciò presto il posto al desiderio di rivalsa e di riscatto. E’ così il concetto più puro di femminilità senza tempo,  ricordo eterno di un amore troppo precocemente e bruscamente interrotto, diventa un profumo “Chanel N°5”. Sublimando il dolore nella creazione, Coco offrì a sé stessa e alle donne di ogni tempo un soffio d’eternità.

Se chiudiamo gli occhi nella nostra mente Gabrielle appare così: fresca e disinvolta. La sua gonna è slanciata, svasata e lunga fino alle caviglie. Porta un blazer con scollo a V lungo fino ai fianchi da cui spunta una camicetta bianca, semplice, stretta in vita da un’ampia cintura; indossa un cappellino di paglia, di quelli che furono tra le sue prime creazioni di successo. Attorno al collo, un filo di perle, che dona al tutto uno charme intramontabile. Dietro a questo ritratto, illusoriamente idilliaco, si nasconde una donna rivoluzionaria, intuitiva e a volte un po’ folle, a cui i bustini e i corsetti della Belle Epoque, e tutto ciò che essi esemplificavano, stavano decisamente troppo stretti. Una donna forte, ambiziosa, ma inquieta, determinata al punto da diventare arrivista, attanagliata da paure profonde e passioni fuori controllo, vittima di delusioni brucianti e di una profonda solitudine che nessun amore né successo riuscirono mai ad appianare.

Non ebbe una vita facile. “La forza si ottiene con i fallimenti, non con i propri successi“, diceva, ma se una ragazza che non imparò mai a cucire è diventata un’icona come Coco Chanel.. una speranza c’è per tutti.

Se sei nato senza ali, non fare mai nulla per impedire loro di crescere“. 

Credits: copertina, im1, im2

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