PLOT OPERA BIOGRAFIE: PIERO CAPPUCCILLI, UN BARITONO DELLA “VECCHIA SCUOLA”

L’Italia, patria dell’Opera, ha donato al mondo dell’arte molti valenti cantanti ed uno di questi è stato Piero Cappuccilli, baritono triestino nato il 9 Novembre del 1929.

Una delle sue prime passioni fu il mare, in particolare le immersioni subacquee, che rimasero tra i suoi sport preferiti. Probabilmente questo interesse gli fu trasmesso dal padre, ufficiale di Marina, e Cappuccilli sosteneva spesso che furono gli esercizi in apnea ad aiutarlo ad ottenere dei fiati lunghissimi per le sue esibizioni liriche. Ma la musica fu una componente essenziale della sua vita, cominciando dal suo debutto al Teatro Nuovo di Milano nel 1956 in “ Pagliacci” di Ruggero Leoncavallo, assegnatogli in quanto vincitore del concorso As.Li.Co. (Associazione Lirica Concertistica Italiana, ndr). In seguito partecipò al Concorso Internazionale “Viotti” di Vercelli, grazie al quale poté cominciare una fortunata tournée in Germania cantando Figaro ne “ Il Barbiere di Siviglia” di Rossini per almeno novanta volte. Non stupirà se questo ruolo verrà ripreso raramente nella sua carriera futura.

Fece molta gavetta prima di raggiungere il successo e sosteneva di essere un cantante della vecchia scuola, nel senso che tendeva a rispettare alcune regole precise, che furono delle solide basi in merito alla maturità espressiva e vocale. Attese che la sua voce fosse adatta al ruolo da interpretare senza sforzi o avventatezze, come ad esempio fece per i personaggi di Renato in “ Un Ballo in maschera” o Don Carlo ne “ La forza del destino”, entrambe opere verdiane. A proposito di Verdi, il repertorio del Cigno di Busseto e in generale quello ottocentesco fu quello in cui si specializzò maggiormente, risultandone uno dei più grandi interpreti. Lo stesso riguardo ebbe per le sue capacità di attore: si accostò al ruolo di Simon Boccanegra (opera omonima di Verdi) dopo quindici anni di carriera e ben diciotto anni per Macbeth.

I primi anni Sessanta furono decisivi per la sua affermazione quale artista lirico: il suo nome infatti iniziò ad essere conosciuto non solo in Italia ma anche all’esterno. Alla Scala di Milano si cimentò nel 1964 nel ruolo di Enrico Ashton in “ Lucia di Lammermoor” e poi come Amonasro in “Aida”. Divenne il buffone mantovano Rigoletto nel 1966 all’Arena di Verona e l’anno seguente debuttò al teatro Convent Garden di Londra come il borghese Giorgio Germont ne “ La traviata”. Venne chiamato anche a Chicago per una rappresentazione de “ I Puritani” di Bellini, all’Opéra di Parigi ne “ Il trovatore”, impersonando un appassionato Conte di Luna, per poi tornare alla Scala con uno dei suoi cavalli di battaglia, ossia “ Simon Boccanegra”.

Collaborò con colleghi di alto prestigio e bravura come ad esempio il direttore Claudio Abbado, dando vita con lui e il mezzosoprano Shirley Verret un “Macbeth” rimasto impresso nella memoria degli spettatori scaligeri, oltre che per il cast anche per la scenografia di Giorgio Strehler. Fu richiesto anche a Salisburgo per l’imponente opera “Don Carlos” di Verdi e alla Scala, accanto a Plàcido Domingo, fu il perfido Jago in “Otello” sotto la direzione del Maestro Carlos Kleiber. Cantò anche con Maria Callas, Joan Sutherland, Raina Kabainvanska ed altre famose dive del ‘900.

Fu molto amato per la sua vocalità morbida, omogenea ed estesa oltre che per le sue qualità interpretative raffinate e incisive, capaci di rendere la dolcezza dei ruoli paterni e la focosità degli amanti respinti.

La sua carriera fu inarrestabile fino al 1992 quando, di ritorno da una rappresentazione di “Nabucco” all’Arena di Verona, subì un grave incidente automobilistico (a causa del quale cadde in un periodo di coma) che lo costrinse al ritiro dalle scene, dedicandosi ogni tanto all’insegnamento della sua “vecchia scuola” per le nuove generazioni, non stancandosi troppo per i postumi dell’incidente che gli impedirono di sostenere fisicamente e psicologicamente un’opera.

Uomo sereno, professionale ed affabile, non amava la mondanità e preferiva uno stile di vita semplice e il suo amore si divideva tra il teatro e la sua famiglia, composta dalla moglie e dai tre figli di cui il più giovane, Pierpaolo, ha seguito le orme paterne nel canto.

La sua dipartita, avvenuta nel 2005, fu molto sentita non solo dai familiari ma anche dai suoi colleghi, ricordandolo come una persona gentile, disponibile ma rigorosa nel suo mestiere e rispettoso di tutti. Per lui cantare era “come tuffarsi in mare” e nonostante la sua carriera bruscamente interrotta, ha potuto lasciare il segno nel secolo scorso come uno dei più importanti baritoni dell’Opera.

Quando in una persona il rispetto e la gentilezza coabitano con il talento è un tesoro ancora più raro.


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