Apertamente limitati o tacitamente censurati?

Di Roberta Giuili

In questo periodo si è tanto discusso sulla settantasettesima posizione che l’Italia ha ottenuto nella classifica annuale della libertà di informazione. La discussione negli ultimi giorni è arrivata a trasformarsi in polemica apologetica nell’articolo del Post che sostiene la necessità di spirito critico nel rapportarsi a tale sondaggio, probabilmente frutto di interpolazioni. Gli esempi portati a sostegno della metodologia complessa e fuorviante che sovrasta l’organismo del sondaggio sono per esempio la superiorità di paesi come El Salvador o il Burkina Faso rispetto all’Italia, paesi che sono oggetto di omicidi, attacchi, regimi dittatoriali…

La metodologia del sondaggio è effettivamente complessa, e in quanto non esperta, non mi addentro a giudicarla dal punto di vista scientifico-matematico, ma, con la consapevolezza che tale complessità sia tipica della materia, ritengo che l’accusa indiscriminata ad un metodo probabilmente provato e riprovato, equivalga un po’ ad “avere la coda di paglia”. È vero che in Italia non siamo un regime dittatoriale e non abbiamo continui omicidi di giornalisti, ma è vero che anche nel male la sincerità è meglio dell’inganno, perché i mali celati sono spesso peggio di quelli apertamente terribili.

 

E come ultimo spunto di riflessione: il sondaggio del GALLUP che immortala il crollo dell’affidabilità e della fiducia nei cittadini riguardo le fonti di informazione.

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