“No Surprises” e “Creep”: il ritorno dei Radiohead

di Marco Maselli

Il terzo concerto dei Radiohead del loro nuovo tour è stato a Parigi, al Le Zenith.

Lo show si è incentrato sui pezzi del nuovo disco A Moon Shaped Pool, ma il cantante Thom Yorke e soci hanno proposto anche qualche vecchia gloria del passato, com’è giusto che sia: per la prima volta da sette anni, che non sono pochi, i Radiohead hanno eseguito live Creep e No Surprises.

La cantatissima Creep non veniva riproposta dal concerto al Reading Festival del 30 agosto 2009, mentre No Suprises non vedeva luce da ancora più tempo, da un concerto a Santiago in Cile di marzo 2009: per i fans presenti sarà stata sicuramente un’emozione indimenticabile.

Ma facciamo un salto indietro.

Creep risale al lontano 1993, anno dell’uscita di Pablo Honey, primissimo album della band inglese.
Il brano, famosissimo, ha permesso alla band di farsi conoscere in tutto il mondo.
Alla prima distribuzione limitata dell’album (settembre 1992), la BBC Radio 1 l’ha giudicato “troppo deprimente” e lo ha escluso dalla programmazione dopo solo due trasmissioni. Ciononostante il singolo è diventata una delle più grandi hit del gruppo.
Secondo quanto ammesso dal cantante, infatti, proprio Creep parla di un uomo ubriaco che prova ad ottenere le attenzioni di una donna, seguendola in ogni dove rendendosi conto, solo alla fine, di essere inconsciamente la donna in questione.

No Surprises risale invece al 1997 ed è contenuta nell’album OK Computer,
Con questo terzo lavoro, troviamo la calzante descrizione sonora di una società computerizzata al servizio della produzione e del profitto, nella quale la fragilità e la diversità vengono messe all’indice e perseguitate dalla karma police.
La macchina contro l’uomo, il computer contro le incontrollabili emozioni umane: dire OK significa accettarne ormai l’esistenza ma non per questo la logica.

Ed è proprio con No Surprises che vi è una vera e propria denuncia alla società alla deriva, oppressa dal lavoro, da una vita omologata e piatta, priva di sorprese.  Nella parte finale del testo, dopo aver raccontato con rassegnazione la propria vita fatta di strette di mano al monossido di carbonio, compare un coro di voci femminili che intona tiratemi fuori di qui.

 

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