“ACAB” non è un film?

Non meno di due giorni fa mi sono deciso ad analizzare a fondo il film che ha fatto discutere per mesi la critica cinematografica e l’opinione pubblica italiane. Sto parlando di A.C.A.B. (All Cops Are Bastards) di Stefano Sollima.
Oltre ad essere ispirato liberamente all’omonimo cartaceo di Bonini, che raccoglie la sua esperienza temporanea nel Reparto Mobile di Roma, si tratta di un prodotto di altissima qualità, cosa rara nel cinema puramente italiano.
Questa pellicola non si propone di diventare una storia strappalacrime, ma di rappresentare nel modo più realistico possibile in cosa consista il mestiere del «celerino» romano, agente di polizia del Reparto Mobile antisommossa, probabilmente il compito più ingrato.

Immagine inserita dal revisore

La trama narra dei tre celerini veterani Negro, Mazinga e Cobra, che insieme all’ultimo arrivato, Spina, trascorrono le proprie giornate tra strade invase da manifestanti, sgomberi, perquisizioni e servizio d’ordine negli stadi, cercando di limitare il più possibile i danni collaterali causati dai disordini.
Costantemente a contatto con odio, violenza e provocazioni, i quattro si ritrovano a disagio anche nel proprio mondo personale, tra divorzi, figli scappati di casa e solitudine, rivelandosi sostanzialmente inadeguati per il mestiere del poliziotto. Dove la Celere non può arrivare per vie legali, arrivano i quattro “fratelli”, che si trasformano in giustizieri spietati per punire malviventi, romeni e immigrati irregolari.
Tra gli episodi più sconvolgenti della vicenda, Mazinga convive con un figlio privo di moralità, mentre Cobra si trova nel mezzo di un processo a suo carico con un’accusa di aggressione aggravata nei confronti di un tifoso. Negro sta subendo le sofferenze di un divorzio forzato, mentre Spina si ritrova suo malgrado in mezzo ad un turbine di episodi scioccanti e al di sopra di ogni forma di legalità, azioni perpetrate quasi impunemente dai suoi compagni. Le sue decisioni portano inevitabilmente ad una conclusione fortemente critica.
In particolare mi ha colpito una frase detta da Spina al suo collega Cobra:
Io volevo fa’ un lavoro onesto, Cobra. E la guardia è un lavoro onesto. Per questo sto in Polizia.
Non mancano citazioni celebri come la “macelleria messicana” della Diaz di Genova e l’omicidio di Giovanna Reggiani a Roma.

L’intento del regista, non è assolutamente creare compassione negli spettatori. Non verrà mai in mente di dire “poveri celerini, vittime anch’essi dello Stato”, sebbene si tratti di un film d’azione poliziesco. L’amaro in bocca è costante, poiché l’immagine presentata risulta altalenante tra il mestiere del poliziotto e l’hobby del giustiziere.

Non poche critiche sono state mosse a questa pellicola, soprattutto durante il giorno della presentazione del film a Roma, a cui hanno preso parte anche giovani dei centri sociali assolutamente contrari all’uscita di ACAB nelle sale (pur non avendolo visto).
Alcuni tra i giovani intervistati hanno affermato: “Quando vedo una divisa mi viene un po’ rabbia” o “Io li odio i poliziotti”. Una serie di espressioni su cui ha riflettuto anche Pierfrancesco Favino (alias Cobra) a “Le Invasioni Barbariche”.

A.C.A.B. non è affatto un film. E’ uno spaccato della realtà che pervade oggi lo Stato Italiano e non solo. Una ferita sanguinante tra chi vorrebbe incendiare la bandiera nazionale e chi ci sanguina sopra per difenderla. Un mondo con una sola colonna sonora:Celerino, figlio di puttana…


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