foglie

Oltre a fumarla, leggila: “Foglie d’erba”.

Non scrivevo. Non trovavo o non volevo trovare. Scoraggiato, scrivere per? Pigro e atrofizzato. Sguardo da cane, sentirsi insulso: crocifiggersi invece di godere. Sentirsi insulso, superficiale, ingenuo e rodersi: poca modestia. Il lamento è orribile. Sguardo assente, poca attenzione. Pensieri: cosa scrivo a fare? Autocompiacimento? Divulgazione? Con tutta quella che c’è, non ha bisogno il mondo di silenzio? Si, no?
La verità è che trovavo tutto così meraviglioso o tremendo e poi così sciapo se lo scrivevo. Incapacità? Sguardo innocente, sguardo colpevole, il medesimo. Voglia di accarezzare la tigre e squarciare il gatto.

Foglie d’erba

Sguardo da…Foglie d’erba. Walt Whitman. Non lo sfogliavo da anni. Energia dirompente. Sorriso, riso, freschezza. Cantore degli uomini: godente dal cordone all’esalazione. Godiamo dal cordone all’esalazione. Immortalità, totalità. La vera ingenuità è rodersi. Ecco poi, la parola:

Dài, non voglio essere punzecchiato, tu tieni in troppa considerazione i discorsi, sai, parola, come i germogli sono chiusi sotto di te? In attesa nel buio, protetti dal gelo, il terreno sporco si ritrae di fronte ai miei gridi profetici, io sottintendo le cause per bilanciarle alla fine, la mia consapevolezza, la mia parte vitale combacia con il significato di tutte le cose, la felicità (chiunque mi ascolti si metta in cerca di lei oggi stesso).                                                                                                                                                           Da Song of myself , XXVII

Walt Whitman

Nessuno sa come un altro uomo senta le cose ma quando leggo Whitman nonostante le distanze oceaniche,  sento risuonare forti, marmoree le sue parole.

Sono un ammonimento e insieme una preghiera e un invito a vivere la vita intensamente eppure semplicemente nell’amore del prossimo e della natura. Diffidando di tutto ciò che non sia presente qui ed ora. Persino dei libri, persino del suo. To YouStranger, if you passing meet me and desire to speak to me, why you should not speak to me? And why should I not speak to you?” Oggi muri ovunque. Muri visibili e Muri invisibili fra di noi. Il contrario della vita non è la morte ma l’indifferenza. La semplicità di questo messaggio fa la sua grandezza. La semplice vitalità della poesia di Whitman scritta da mani ma sopratutto da occhi e da orecchie di bambino che vede e sente per la prima volta e scrive come vede e come sente.

Suona un uomo in strada ma nessuno lo ascolta. Eppure la musica è unione. Stranezze. Nessuno è estraneo e se vogliamo parlarci possiamo, possiamo ancora farlo. Foglie d’erba non si legge, si inala. Non siamo amici su Facebook, non ti saluto. Le strade sono diventate come il metrò. Non c’è vita perché non c’è dialogo. Le strade sono morte, le piazze sono moribonde.

Io non vi disprezzo, preti di ogni tempo, di tutto il mondo, la mia fede è la più grande e la più piccola delle fedi, include i culti antichi e quelli moderni, e tutti quelli che stanno tra gli uni e gli altri, poiché credo che verrò ancora sulla terra tra cinquemila anni, aspetto responsi dagli oracoli, onoro gli dei, saluto il sole, faccio un feticcio con la prima pietra o tronco, esercito magie con degli stecchi nel cerchio magico, aiuto i lama o il bramino mentre pulisce le lampade degli idoli, danzo ancora nelle strade in processioni falliche,

estasiato e austero gimnosofista nei boschi, bevo idromele dalla coppa del cranio, ammiro i Shasta e i Veda, rispetto il Corano, cammino sul teocalli macchiato di sangue dalla pietra e dal coltello, battendo sul tamburo di pelle di serpente, accetto i Vangeli, accetto colui che fu crocifisso, so per certo che è divino, a messa mi inginocchio, alle preghiere dei puritani mi alzo, o seggo paziente in un banco di chiesa, declamo e schiumo nelle mie folli crisi, aspetto come morto sinché il mio spirito mi risolleva, guardo intorno selciati e terre, o al di là di selciati e terre, appartengo a coloro che tracciano il cerchio dei cerchi.                                                      Da Song of myself, XLIII

Queste letture mi spezzano e mi ricompongono. Meraviglioso pensare un mondo così. Un mondo che non esiste (ma che potrebbe esistere? Non bisognerebbe innanzitutto farlo esistere in noi?) e si possono dare miliardi di risposte, tanto valide quanto odiose, al perché non esista. Whitman era un americano, fondatore poetico della Democrazia moderna:

L’individuo io canto, una semplice singola persona, eppur pronuncio la parola Democrazia, la parola In-Massa.                                    (One’s-Self I sing).

Canta l’uomo e canta la democrazia come vestito etico della massa. La Democrazia in funzione del singolo. Ma questo modo di vivere potrebbe davvero essere il modo di vivere di tutti? E’ possibile un mondo come l’isola di Pala? E se non è possibile, cosa bisogna fare? Di nuovo mi assale lo sconforto, di nuovo leggo Foglie d’erba.

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