Non mangiarlo, te lo dice il testo sacro (o il buon senso?)

“Siamo quel che mangiamo” affermò il filosofo Ludwig Feuerbach.

Forse anche per questa ragione, se l’identità religiosa è una parte importante di quel che si è, essa spesso prende forma anche attraverso le abitudini alimentari.

Ci sono cibi proibiti o sconsigliati in quasi tutti i culti, tabù le cui origini sono legate di frequente non solo a tradizioni e testi sacri ma anche a motivazioni pratiche.

Sia ebraismo che islam vietano l’assunzione di carne di maiale, una carne molto grassa, poco pratica da assumere negli ambienti caldi di iniziale diffusione di entrambe le religioni. Secondo la tesi dell’antropologo Marvin Harris, questo animale viene inoltre considerato “impuro” non solo a causa della sua abitudine di rotolarsi nel fango diffusa nel pensiero comune, ma anche perché unico animale da allevamento in grado di fornire sostentamento alimentare solo da morto, non producendo nulla di edibile.

Anche la mescolanza di carne e latticini, come pure la necessità di “astenersi dal sangue”, può essersi affermata, al di là del simbolismo di vita e morte dietro questi alimenti, per motivi di salute e digestione. Le conseguenze di una nutrizione continua a base di sangue e latte sono testimoniate dall’aspetto esteriore degli uomini appartenenti alla tribù africana dei Bodi, dal ventre rigonfio a causa della scelta di astenersi da qualunque altro cibo e di ingrassare soltanto con questo tipo di alimentazione.

In India, invece, il tabù della carne di vacca e la sua venerazione come una divinità, potrebbe essere dovuto a cause opposte: mentre il maiale appare troppo inutile da vivo, la mucca è invece molto utile, essendo essa usata per ottenere latte e per arare i campi. Per questo ucciderla per mangiarla è parso uno spreco soprattutto a partire dall’800 a.C., quando gli abitanti della penisola indiana si resero conto di aver decimato la popolazione di questi animali facendone sacrifici alle divinità Veda e grandi banchetti. Si è dunque forse trattato di una delle prime misure di conservazione di una specie in via di estinzione nella storia dell’umanità.

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