Dietro le quinte dei ”Dead Behind the Scenes”, l’intervista

Li incontriamo seduti al tavolo del salotto, davanti ad un bicchiere di spremuta d’arancia e dei dolcetti, con jeans e t-shirt come qualsiasi altro adolescente. Sembrano essere altri ragazzi rispetto a quelli che la sera sul palco sfoggiano un look tutt’altro che sobrio. I “Dead Behind The Scenes sono una rock band emergente della periferia di Milano nata ufficialmente l’11 Novembre del 2011 con l’ arrivo del batterista Chris Lusetti e inizialmente composta, quando ancora il gruppo aveva il nome “The Scream“, ritenuto successivamente troppo popolare e scontato, da Dave Bosetti, voce e chitarra, Lorenzo di Blasi alla tastiera (membri presenti anche oggi), il bassista Giorgio Ferrari, sostituito successivamente da Filippo Zucchelli e dall’ attuale Valerio Romano e Marco Tedeschi alla chitarra.

Prende parola il frontman della band che, parlando a nome del gruppo, ci tiene particolarmente a sottolineare che il moniker attuale era stato deciso dal primo batterista Luca Zorzi. Nato come “I morti dietro le quinte” senza un vero e proprio motivo di fondo (“ci piacerebbe inventare che sia svenuto qualcuno prima di un live“, ride ndr.) e poi tradotto in inglese per dargli un suono migliore .

A cosa sono dovuti questi cambi di formazione all’interno del gruppo?

“È importante essere uniti da un obiettivo comune ed avere un solido rapporto d’amicizia che vada oltre all’impegno della band. Se un membro comincia a considerare altre le proprie priorità e iniziano ad esserci delle divergenze, il clima non è piu’ quello sereno per comporre delle buone idee.”

Quali sono i vostri punti di riferimento quando componete o scrivete?

“Marco, per il pezzo scritto da lui, ‘No name Song‘ dice di aver tratto spunto dai ‘Bullet for my Valentine‘ anche se noi consideriamo sia molto simile ad ‘Hold the line‘ dei Toto. In generale, se viene da pensare che i componenti di una band siano orientati verso un unico genere, ognuno di noi si rifà a generi ed artisti completamente diversi; ed è proprio questo il nostro punto di forza: questa varietà crea un calderone di idee e sfaccettature che non rendono mai i nostri pezzi tutti uguali. Certo, come ho già detto, ciò è reso fattibile dall’ottimo rapporto che abbiamo tra di noi.”

Avete studiato musica o siete autodidatti?

“Io e Marco, il chitarrista, abbiamo studiato chitarra quando eravamo piu’ piccoli, Valerio andava a scuola di basso ma purtroppo a causa di altri impegni ha dovuto accantonarla, anche se spera di riprenderla al più presto. Chris invece non ha mai studiato batteria.”

Come gestite la band e gli altri impegni?

“Nell ultimo periodo, purtroppo, ci siamo trovati effettivamente poco. Se dovessimo stilare una lista delle priorità, la band e la musica sarebbero sicuramente tra le prime posizioni. Non è sano vivere con l’ossessione di dovercela fare escludendo tutto ciò che sta al di fuori della band e della musica. Non ci vediamo tutti i giorni per suonare perchè ognuno ha i suoi impegni, ma sono proprio tutte le attività a cui ci interessiamo da cui traiamo spunto quando scriviamo e componiamo.”

Il vostro primo album, “The White EP”, è ora scaricabile da iTunes e acquistabile online, a cosa è dovuto il titolo?

“Quello è stato deciso da Chris, l’ultimo ad essere entrato nella band. Il nostro repertorio include dai 10 ai 12 pezzi, tralasciando quelli in cantiere che saranno ripresi in futuro, ed abbiamo deciso di raggrupparli in due EP, uno più leggero, aperto a varie sonorità, il White, e l’ altro più duro e cupo, il Black, che uscirà in futuro.”

Premettendo che molti giudicano anche senza conoscere, credete che il vostro sia un genere compreso dalle nuove generazioni, magari influenzati dal Pop maggiormente orecchiabile?

“Da un lato considero sia un bene. Non sono per il ‘piacere a tutti’. Una volta serviva del tempo, dei mezzi che andavano oltre lo schermo dell’ iPhone per documentarsi e informarsi, mentre oggi tutto è alla portata di tutti. Il pubblico si sente di conoscere tutti i generi e di conseguenza pensa di poter anche giudicare. Non ci interessa piacere e accontentare chi non comprende la nostra musica. Un musicista deve suonare ciò che piace a lui, poi se trova un pubblico che condivide e apprezza tanto meglio, ma non si può dipendere dai fan. Ciò che mi interessa non è avere un mucchio di soldi quando vado a dormire la sera,ma riuscire a dormire senza rimorsi di essermi venduto per soddisfare i gusti di qualcun altro.”

E dal punto di vista dei testi, invece, credete di abbracciare altre realtà oltre alla vostra? 

“Il mio modo di scrivere è molto contorto. Non ho uno stile diretto, non amo svelare subito ciò che penso in modo chiaro, e anche sotto questo punto di vista non riscontro sempre un’ottima comprensione da parte del pubblico. Ad esempio nel singolo ‘I love Matt‘ molti ci hanno chiesto chi fosse ‘Matt’. Una ragazza? Quando invece Matt è semplicemente l’ossessione per qualcosa in ognuno di noi che una volta raggiunta svanisce. Ognuno ha la sua ‘Matt’.”

Il mercato della musica può essere paragonato al mercato del lavoro. Per noi giovani, coi tempi che corrono, è importante reinventarsi, adattarsi, sfruttare tutte le occasioni. Se voleste vivere del vostro lavoro ma il mercato richiedesse un certo genere di musica?

“Dal momento che le persone si adattano a ciò che il mercato offre, plasmando i loro gusti, anche le band fanno lo stesso. Il lato positivo è che se tutti si omologano, chi fa qualcosa di diverso, in questo caso noi, veniamo notati.”

In seguito all’ opportunità di aver suonato in Olanda,avete trovato un pubblico e un clima diverso all’ estero?

“Sono più curiosi e forse anche più ingenui, nel senso buono del termine, perchè affrontano tutte le novità senza pregiudizi, con gli occhi di un bambino.”

Dunque, mi sembra di capire, che non escludete l’ ipotesi di un futuro all’ estero?

“Assolutamente no. L’ Italia è in un periodo di stallo ideologico e sociale. Ci arrabbiamo per la partita di calcio, oppure andiamo in piazza per negare il diritto a qualcun altro, quando il nostro sistema pensionistico va a rotoli;  ma fondamentalmente credo che siano quelli sopra di noi che vogliono sia cosi. E ciò si ricollega al fatto che la superficialità di queste persone è la stessa di coloro che si fermano al ‘Chi è Matt?‘”

Le recensioni e i commenti di chi è nel vostro campo hanno dato molti riscontri positivi, per esempio Iyezine.com ha dato un 7.5 al vostro White Ep”.

“L’anno scorso è stato un periodo difficile per il gruppo, infatti abbiamo partecipato ad un contest, in cui avevamo riposto molta fiducia, che ci ha fatto scoprire il mondo delle raccomandazioni. Questa delusione è stata la molla per farci ripartire ancora più centrati sul nostro genere e determinati a suonare ciò che piace a noi e non alle persone. È stata la conferma che questa è la strada giusta da seguire, infatti da gennaio collaboriamo con la lable ‘Atomic Stuff‘ che ci ha permesso di allargare la nostra rete di conoscenze nell’ambiente e infatti, tra coloro che se ne intendono di ciò che facciamo, siamo molto apprezzati. L’inizio di quest’anno è stato una bomba infatti abbiamo già 4 date in programma: il 24 febbraio al Barrios, zona Barona, il 12 Marzo al Memphis in Porta Romana e il 2 Aprile al Dopolavoro di Cassano d’Adda.”

Qual’è la vostra opinione sui Talent?

“I talent non sempre propongono talenti, ma fenomeni che possono essere plasmati e che piacciono alla gente. Si sanno vendere e sanno capire ciò che il pubblico richiede. Non mi piace questa logica perchè toglie visibilità ad artisti che meriterebbero di più.”

Per concludere: cosa consigliate ai giovani che inseguono una passione?

“Di mettere tempo in quello che si ama fare, di dubitare di qualsiasi cosa, farsi domande e informarsi senza mai pensare di essere già arrivato, solo in questo modo si migliora.”

FONTI

Intervista a cura di Sara Lazzari

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