Provate ad ascoltare i giovani, la voce del futuro

Perché nella società attuale sono sempre meno i giovani che hanno il coraggio di sognare?

La non fiducia verso un futuro incerto

Il successo. C’è chi ne fa una ragione di vita, chi lo insegue senza mai raggiungerlo, chi l’ha raggiunto ma non se ne rende conto. Eppure l’unico posto in cui il successo viene prima del sudore è il vocabolario. Spesso però, più che di successo, bisognerebbe parlare di sogni, che sono la vera benzina dell’anima. Senza di questi, ogni tipo di successo diventa inutile, insensato, vano.

Forse perché la situazione attuale incute terrore, un futuro incerto porta con sé precarietà e di conseguenza apatia e apparente disinteresse verso ciò che invece si vorrebbe. Ma a volte capita che i giovani vengano ostacolati, criticati, forse soltanto invidiati da chi purtroppo giovane non lo è stato neanche a vent’anni.

Sembra che il mondo degli adulti abbia perso fiducia e sappia soltanto guardare agli atti negativi e agli sbagli che vengono commessi, spesso a causa dell’inesperienza. I giovani sono al centro dei temi mediatici, messi costantemente in discussione. Molti addirittura affermano siano il male della società. Ma, se incoraggiati e ascoltati, sono il bene prezioso di una nazione che, volenti o nolenti, tra qualche anno sarà nelle loro mani.

L’atteggiamento schizofrenico della società italiana verso i giovani

Come sostiene Stefano Laffi, sociologo ricercatore esperto in culture giovanili, da tempo è in corso un attacco nei confronti dei giovani, mascherato con l’ipocrisia e camuffato da riflessione, cura, sensibilità educativa e che invece è soltanto mercificazione, umiliazione, patologizzazione. In sostanza, da una parte gli adulti si dicono preoccupati per i giovani che non hanno futuro nel lavoro, nella società, e che non possono avere speranze di rendersi autonomi e trovare una loro strada. Dall’altra li si isola, iper-protegge, ma per confinarli fuori dall’universo del lavoro, senza nulla concedere, frustrandone creatività e voglia di rischiare.

Si parla tanto di fuga di cervelli ed emigrazione dall’Italia, ma le parole restano vacue e appese ad un filo perché non supportate da azioni concrete a loro favore.
L’Italia si conferma, dunque, ancora oggi un Paese per pensionati, detentori di rendite di posizione, ma che non investono in alcun modo sul settore produttivo, su progetti di crescita e sviluppo. In una conferenza stampa di qualche tempo fa, opportunamente silenziata dai media, presidente dell’INPS, Antonio Mastrapasqua, pronunciò le seguenti parole: “Se dovessimo dare la simulazione della pensione ai parasubordinati rischieremmo un sommovimento sociale” (i parasubordinati o precari sono tutti coloro che non hanno mai visto un contratto che non porti una data di scadenza).

Pertanto è giusto che nel quadro sociale in cui ci ritroviamo oggi, un ragazzo investa tutte le sue energie e speranze in un Paese che non offre alcuna possibilità di futuro? Ci sarà prima o poi un ricambio generazionale? La classe dirigente attuale, che è spesso così pronta a puntare il dito verso le nuove generazioni, non potrebbe più semplicemente ammettere che gli artefici della situazione in cui ci troviamo non è conseguenza delle azioni dei più giovani?

Come ha affermato nel secolo scorso il politico statunitense Abbie Hoffman:

Eravamo giovani, eravamo avventati, arroganti, stupidi, testardi. Ma avevamo ragione!

FONTI

S. Laffi, La congiura contro i giovani. Crisi degli adulti e riscatto delle nuove generazioni, Feltrinelli (2014)

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