L’Isola

di Federica Tosadori

 

Esisteva da qualche parte un mondo in cui abitavano gli esseri umani. E nel corso del tempo, queste creature catalogate come “esseri umani” erano riuscite ad aggregarsi e a trovare un modo per fondare la loro vita su qualcosa che fosse abbastanza solido. Lentamente, paese dopo paese, avevano formato un’Unione politica, economica, culturale, monetaria e tutto il resto. In questo modo il loro mondo prosperava. Tutto il mondo tranne una piccola isola ai confini meridionali della terra.

ESTRATTI DISUNITI DA UNA STORIA SULL’UNIONE REALMENTE ACCADUTA:

“Quando l’ambasciatore dell’Unione la mattina del sei ottobre partì per quella che doveva essere l’impresa finale del piano che i grandi capi del mondo avevano in mente, non pensava certo che la sua avventura si sarebbe conclusa in quel modo. Quella piccola isola ai confini meridionali della terra cambiò improvvisamente, inaspettatamente e radicalmente il suo modo di pensare e di vivere e sbriciolò ogni certezza sulla quale prima aveva basato la sua esistenza di uomo onesto, retto e saldo. Che poi questa era solo l’apparenza: dentro di sé l’ambasciatore Camillo Camellini sapeva di essere un gran ribelle. Ma ciò che importava era solo la sembianza esteriore, quello che gli altri avrebbero visto, pur sapendo che non era in nessun caso la verità. Tutti erano altro da sé, e questa era la normalità. Così Camillo era cresciuto tra il bene e il male ed era diventato un rispettabile ambasciatore dell’Unione (di tutti i paesi del mondo – tranne la piccola isola), ma anche un triste uomo solo. L’importante era non dirlo ad alta voce. Quello che più mancava a Camillo e a tutti gli altri, ma nessuno osava affermarlo, era proprio questa totale assenza di comunicazione. Tanto si parlava, poco si diceva.

«Abbiamo per lei un compito meraviglioso, signor Camellini! Il governatore dell’Isola ha accettato la nostra proposta di ricevere un ambasciatore dell’Unione per valutare l’ipotesi di una possibile annessione. Inutile dire che tra tutti abbiamo pensato proprio a lei. Il sei ottobre partirà insieme alla traduttrice verso l’Isola. Ci fidiamo ciecamente della sua capacità di persuasione e della sua limpidezza». Non era così sicuro della propria limpidezza Camillo, ma non poté fare altro che accettare sulle sue spalle il peso di un compito così grande. Il suo incarico era quello di “comunicare” tutti i benefici che l’annessione all’Unione avrebbe portato alla piccola isola, evitando di accennare a quelli che invece sarebbero stati i preziosi vantaggi che ne avrebbe ricavato l’Unione: turismo libero verso quella meta tanto ambita, poiché così misteriosa. Ma tutto questo “comunicare” Camillo non sapeva bene cosa significasse.

«Sono Giorgia, la traduttrice». Camillo era già innamorato. I suoi capelli biondi e lisci svolazzarono intorno a lui non appena gli si presentò in aeroporto. Il suo profumo invadeva, attraverso i pori della pelle, il cervello di Camillo che restò imbambolato a guardare gli angoli di gengive stupendamente rosa nel sorriso musicale di Giorgia. «Credo che lei sia l’unica persona nel nostro paese a conoscere la lingua di quell’isola» disse Camillo non appena lei chiuse le labbra in attesa di un suo segno di vita. «È perché sono nata lì!» affermò con un inspiegabile sguardo malinconico fisso in quello di Camillo che, ancora una volta, si lasciò invadere la mente dal suo profumo.

Il volo durò dodici ore. Appena messo piede sul quel nuovo suolo Camillo chiese a Giorgia: «Sei d’accordo con questa annessione?», non ottenne mai una risposta. Durante il viaggio in aereo non si erano scambiati nemmeno una parola, nonostante fossero entrambi rimasti svegli per tutta la durata del volo. Eppure Camillo si sentiva sicuro vicino a lei. Era come se Giorgia potesse leggergli nella mente e sentire i suoi pensieri, conoscendo la sua natura più vera. All’atterraggio lei gli aveva stretto la mano in modo molto dolce, come a risposta della sua paura di non riuscire a portare a termine quella mansione. La stretta significava: «Non preoccuparti. Pensa a ciò che è importante». Ma Camillo non aveva mai capito cosa fosse davvero importante.

L’Isola era una meraviglia inspiegabile. Camillo aveva visto molte foto di quel posto, considerato uno dei più belli della terra, e si era informato a lungo sulle usanze e sulla cultura della gente autoctona. Non aveva mai messo in conto però, la possibilità che tutto quello spazio potesse lasciarlo così senza fiato. Esistevano su quell’isola almeno cinquanta specie di esseri viventi che non esistevano in nessun’altra parte del mondo. Gli animali erano colorati e docili, le piante incredibilmente folte e verdi; perfino gli esseri umani erano diversi. Non riusciva Camillo a capire in cosa e dove fossero così diversi da lui, ma lo avvertiva. Si sentiva così Camilo sull’isola: paradossalmente soddisfatto in modo ingiustificabile.

«…È dunque con grande stima e rispetto che vi chiediamo di entrare a far parte della nostra Unione economica, monetaria, commerciale, culturale, politica e tutto il resto, perché crediamo che la vostra piccola isola possa dare e ricevere tanto; lo scambio tra i vari paesi rappresenta certamente un’importante forma di arricchimento e uno dei punti di forza della nostra Unione». Camillo era arrivato alla fine del suo discorso e aveva fatto delle pause dopo ogni periodo per dare tempo a Giorgia di tradurre, ma lei si era limitata a sorridere mettendo in mostra quei triangolini di gengiva tra un dente e l’altro, che a lui piacevano tanto. Camillo non sapeva che fare e allora era andato avanti a esporre quel discorso che si era preparato da tanto tempo fino a che non si rese conto che era stato tutto inutile, dato che certamente il governatore e i suoi consiglieri non avevano capito niente. Erano rimasti infatti tutti seri e concentrati come davanti a un programma molto interessante, ma era da escludere che avessero capito anche solo una singola parola. Nel silenzio Camillo pensava a cosa avrebbe potuto fare. Si girò verso Giorgia cercando spiegazioni della sua traduzione mancata, ma lei lo stava già guardando da un po’ e gli disse prima che lui potesse aprir bocca: «Non hanno nessunissima intenzione di entrare a far parte dell’Unione, mi spiace». Camillo era totalmente confuso: come avevano fatto a comunicare se nessuno oltre a lui aveva aperto bocca? «Noi ci capiamo così, non abbiamo bisogno di parlare». Giorgia rispondeva alle sue tacite domande: «Abbiamo sviluppato negli anni un modo di comunicare diverso da quello che voi usate nel resto del mondo: lo facciamo col pensiero» «Ma come si impara?» «Lo stai già facendo!». Camillo non si era accorto di non aver pronunciato quello a cui stava effettivamente pensando. Nella sala c’era un silenzio incredibilmente dolce. Il governatore e i consiglieri sorridevano divertiti. «Dovresti fermarti qui. Dovremmo fermarci qui, insieme» disse, o meglio pensò, Giorgia. In effetti Camillo dentro di sé aveva già deciso. E l’Unione? Avrebbe spedito una lettera in cui spiegava che non sarebbe più tornato e che l’Isola era persa per sempre. Non ci sarebbe mai stata un’invasione turistica e la vita avrebbe continuato a scorrere così com’era, magica e silenziosa e autentica.”

Esisteva da qualche parte un mondo in cui abitavano gli esseri umani. E nel corso del tempo queste creature catalogate come “esseri umani” erano riuscite ad aggregarsi e a trovare un modo per fondare la loro vita su qualcosa che fosse abbastanza solido. Lentamente, paese dopo paese, avevano formato un’Unione politica, economica, culturale, monetaria e tutto il resto. In questo modo il loro mondo prosperava. Tutto il mondo tranne una piccola isola ai confini meridionali della terra, dove l’unica Unione che si creò mai fu quella tra mente e mente e mente e mente…

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