Dub FX: la naturale semplicità del beat

Si è imposto sulla scena musicale facendo conoscere il proprio stile, cominciando dalle piazze delle maggiori città europee: Benjamin Stanford, ormai noto come Dub FX, si trova in questi giorni in Italia per l’avvio del tour di presentazione del suo nuovo album “Thinking clear”, edito dalla casa discografica “CONVOY UNLTD” ed in commercio dallo scorso 26 Agosto.

Si tratta del terzo album pubblicato dall’artista italo-australiano, dopo il successo di “Crossworlds” del 2010 e “Theory of Armony”, uscito nel 2013. Lo stile di Dub è veicolo di novità importanti: nasce dalle diverse mete del lungo viaggio in Europa, cominciato a soli 19 anni, quando da cittadino del mondo in terre che si trovano esattamente dalla parte opposta rispetto alla sua Australia, tra volti giovani, vicoli, piazze e festival, è riuscito a carpire le tendenze musicali di ogni Nazione visitata ed a farle proprie. L’elemento fondamentale che lo caratterizza è la sua dote innata nel creare musica dal vivo, usando solo le sue doti da beat boxer ed una pedaliera che lo aiuta nella modulazione della voce e nella creazione di loops da utilizzare successivamente come basi: i suoi brani sono un intreccio di hip hop, drum and bass e dub con, a volte, influenze che provengono indiscutibilmente dal reggae e da tanti altri generi, davvero i più disparati.

“Thinking Clear” è un album che riesce non soltanto per la composizione artistica ed unica dei brani in esso contenuti, ma anche per le parole che accompagnano la musica. Dub ci parla di un “Fake Paradise” in cui afferma un cambiamento non universale, ma interiore. Diventare ed essere la parte migliore di sé stessi per poi lasciarla respirare in un mondo che non è una scatola, ma che è aperto alla condivisione con chi ha voglia di stare a sentire. Undici tracce che sprigionano un’energia pazzesca e vibrazioni positive per l’udito esteriore, che può gioire nell’essere il destinatario di frequenze così “out” rispetto agli schemi a cui siamo stati abituati, e per l’udito interiore, pronto a carpire i segreti del “fare musica insieme” (che non è così banale come sembra).

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