Venuta al mondo

Sono nata questa mattina. Ho sentito il sole attraversarmi. Non era caldo come mi avevano preannunciato. Questo probabilmente perché, stando a quanto dice il calendario che sbilenco pende sulla parete qui di fronte, è il 30 Ottobre. L’aria pungente mi si è inserita fin dentro le viscere e, come scossa da un brivido, sono cresciuta ancora un po’.
Non esistevo fino a ieri, non ero che un accenno, un “se”, una possibilità, ma ora sfoggio maestosa i miei 50 centimetri di lunghezza.
Tutti si sono stupiti per la mia profondità. Attraverso i miei occhi mi si può leggere dentro.
Io non lo so se questo sia o meno un complimento, un dato negativo o positivo.
Vedo, però, che tutti mi guardano preoccupati. Mi studiano, mi scrutano, mi misurano. Io non capisco più se sia una nota di merito l’essere lunga mezzo metro.
Una bambina, sicuro più grande di me, ha poggiato una bambola ai miei piedi. Vorrei restasse a giocare, ma la mamma la rimprovera. Sono pericolosa, stando alle sue parole. Eppure io mi sento piccola e indifesa e non capisco e la guardo andare via.

Sono nata questa mattina. In un giorno intero ho conosciuto molti volti. Tutti sono accorsi a farmi visita. Ho imparato che il tempo scorre veloce, che bisogna fare in fretta, che bisogna sbrigarsi. Si avvicinano tutti con prudenza, quasi temessero di ferirmi. O di ferirsi. Inizio a vergognarmi di come sono e non posso nemmeno nascondermi. Qualcuno di loro, un signore con uno strano berretto giallo, ha persino proposto di coprirmi. Una voce più distante ha però replicato che non è possibile, che è troppo tardi, che non si può fare nulla, che non ci sono le risorse, che servono degli aiuti, che è meglio lasciarmi sola e andare via.

Sono nata questa mattina. Nemmeno il sole mi accarezza più. È tutto buio e io ho paura, non ero pronta alla notte. Mi avevano detto che ci sarebbero state luci, illuminazione artificiale pronta a sostituire quella naturale. Mi avevano raccontato di voci umane che tacciono davanti a quelle prodotte da strane apparecchiature. Mi avevano illusa e ora sono sola.
Sono andati tutti via: la bambina, la madre e infine il padre.
Lui mi ha regalato un’ultima carezza prima di salire in macchina. L’ho visto piangere, una lacrima mi ha colpito dritto in pieno petto e ho sentito il suo dolore. Non appena la figlia è tornata indietro a richiamarlo lui si è asciugato il volto, ha sorriso, l’ha presa in braccio e ha gridato un: “Pronti per l’avventura?”. Io non lo so cosa significhi “avventura”, ma ne vorrei vivere una anch’io. Sembra qualcosa di meraviglioso stando alle parole del padre.
Tuttavia non so se fidarmi, se dare credito alla sua voce tremolante, agli occhi lucidi e allo sguardo triste.  Sono nata questa mattina e ho appena imparato cosa voglia dire mentire a fin di bene.

Sono nata ieri mattina e già sono invecchiata. La vecchiaia m’ha regalato saggezza, conoscenza e relegato nel disprezzo generale. Rughe via via più marcate si evidenziano intorno al mio profilo. Sembrano una ramificazione del mio essere, una caratterizzazione dei miei 60 centimetri. Sono cresciuta rapidamente e nemmeno me ne sono resa conto. Sotto questo cielo coperto si sono avvicendati esperti e curiosi, ingegneri e giornalisti.
Ho imparato tante parole nuove grazie a loro. Ho conosciuto la mia storia grazie a loro.
Non sono altro che una crepa su un muro, un errore, uno sbaglio.
Figlia di una madre terra che per natura non riesce a star ferma e di un padre che non ha saputo costruire bene il muro su cui vivo. Sono nata dal loro scontro. Non programmata, ma possibile. Non preannunciata, ma prevedibile. Sono rimasti tutti sconvolti dalla mia venuta, ma nessuno davvero sorpreso. Se l’aspettavano. C’era da immaginarlo che sarebbe accaduto, che questa parete si sarebbe aperta, che io mettessi in comunicazione il dentro e il fuori, il prima e il dopo. Questa casa ha retto anche troppo.
Ho scoperto che ve ne sono di altre, simili a me, ma più pericolose. Alcune hanno persino fatto del male e avrebbero fatto di peggio se gli abitanti non fossero fuggiti prima, spaventati dalle avvisaglie, dalle scosse che agitavano i loro animi e la loro quotidianità.

Io sono una crepa nel muro, talmente profonda che ci si può guardare attraverso, talmente pericolosa da aver costretto una madre a rimproverare la figlia e un padre a mentire.
Una famiglia ad abbandonare la propria vita.

Sono nata ieri mattina e pensavo fosse una bella cosa, nascere.
Ho scoperto che questo è vero, ma non nel mio caso.

 

 

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