“La Mafia Uccide Solo d’Estate”: tra realtà e fiction televisiva

“Questo sono io, Giammarresi Salvatore, nel 1979, e quella che sto per raccontarvi è la mia storia, la mia e della mia famiglia”. Questo l’incipit della prima puntata della serie in onda su Rai1, “La mafia uccide solo d’estate“, ideata da Pif, Michele Astori e Michele Pellegrini.

Un testimone a Palermo

La serie inizia a Palermo nel 1979 con la fuga della famiglia Giammarresi e il racconto della vicenda con l’uso della tecnica del flashback. Attraverso gli occhi disincatati di Salvatore, 10 anni, viene narrata la quotidianità dei membri della famiglia. Lorenzo, il padre, è impiegato all’anagrafe di Palermo; Pia, la madre, è una maestra precaria; Angela, la sorella, è studentessa liceale affascinata dalle idee marxiste e dal germe rivoluzionario; Massimo, lo zio, agente forestale per cui nulla è proibito.

La loro vita cambia improvvisamente la mattina in cui Lorenzo assiste casualmente all’omicidio del brigadiere della Squadra Mobile di Palermo, Filadelfio Aparo, divenendone testimone oculare e per questo nemico della mafia. Il poliziotto era considerato “cervello fotografico” della squadra di Boris Giuliano. “Il 1979 è l’anno in cui la mafia ci ha dichiarato guerra” perchè “la mafia ha questa cosa che non si vede, basta non pensarci”, eppure esiste ed uccide, ricatta e conquista le posizioni del potere. Lorenzo è afflitto nella lotta perpetua tra l’onestà e la prudenza: testimoniare o tacere? E’ questo il dubbio.

E’ la Palermo bella e terribile di Cosa Nostra, che vive nell’omertà e nella paura del ricatto. E’ l’Italia degli anni di piombo, delle bombe del terrorismo di destra e di sinistra, dei rapimenti di giudici, magistrati, politici e giornalisti, e dell’assassinio dell’onorevole Aldo Moro. E’ l’Italia dello scontro ideologico e della lotta armata in piazza: in Italia, in quegli anni, di politica si muore. La mafia entra nella vita delle famiglie, proprio come fa con i Giammarresi.

I problemi della famiglia

La famiglia si confronta con numerose questioni. Innanzitutto la figlia ribelle: parole di democrazia e uguaglianza di diritti, della “donna che deve essere libera”. La ragazza rifiuta le verità precostituite della famiglia tradizionale e della distinzione dei ruoli e dei compiti tra uomo e donna, sulla scia dell’era della contestazione. Gli sforzi di Lorenzo per ottenere il mutuo per costruire una propria casa per sé e la famiglia, mutuo che non sarà concesso, e il rifiuto di situazioni alternative che possano sfociare nell’illecito: L’espansione di TeleMilano di Silvio Berlusconi alla ricerca di frequenze nel sud. Il confronto di Salvatore con la ricerca della soluzione al problema dell’acqua, perché “a Palermo per l’acqua si moriva davvero”. Il progetto di vendere la terra del nonno Tore, su proposta di Massimo, per sopperire al mutuo non concesso e acquistare la casa. La conoscenza del Mario Francese, giornalista che aveva dichiarato guerra alla mafia, e la sua uccisione e l’inconfessabile segreto della terra del nonno e la morte di Placido Rizzotto.

La storia familiare di Salvatore si intreccia con tali vicende storiche, che prendono il sopravvento ed offrono uno spunto di riflessione sull’Italia degli anni Settanta ed Ottanta. Tra gli eventi della serie tv che racconta la Mafia, Salvatore conosce Boris Giuliano, investigatore e capo della Squadra Mobile di Palermo che sarà assassinato da Cosa Nostra il 21 luglio 1979. Si vede l’assassinio del sindacalista Placido Rizzotto, di cui si rende testimone il tredicenne che aiutava il nonno di Salvatore a lavorare la terra, giovane che nella serie viene ucciso in ospedale con un’iniezione letale. Questa sarà la causa scatenante del silenzio del nonno di Salvatore: pentito di non aver mai spedito la lettera al generale Carlo Alberto dalla Chiesa informandolo sull’accaduto. E infine la figura del giornalista Mario Francese che affascina Salvatore e che viene assassinato il 26 gennaio 1979, fervente oppositore della mafia e che si occupava di indagare le organizzazioni malavitose.

Tra realtà storica e finzione

“La Mafia Uccide solo d’Estate” è un intreccio sapiente tra realtà storica e fiction televisiva attraverso la voce narrante di Pif. E’ un racconto credibile, sarcastico, elegante e sensibile che offre uno spaccato della Sicilia e dell’Italia del tempo. La serie tv punta la lente di ingrandimento su una semplice e comune famiglia italiana, che si destreggia nella vita di tutti i giorni, spesso rassegnata, ma sicuramente timorosa.

Pif denuncia l’operato della mafia e la sua presenza costante e onnipotente negli apparati dello stato e dell’autorità. Rende giustizia alle vittime di mafia semplicemente ricordandole e imponendo così una riflessione. E’ solo la quarta puntata della serie ma oltre il successo negli ascolti, ha già conquistato cuore e mente, rendendo un vero e proprio servizio pubblico.

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