Trianon, una ferita ancora aperta

Il trattato del Trianon, nonostante sia stato firmato quasi cento anni fa, in Ungheria è ancora oggi un argomento spinoso. Questo prese il nome dalle due grandi ville vicine a Versailles, Petit Trianon e Grand Trianon, nelle quali il 4 giugno 1920 si concluse l’accordo. Con esso le potenze alleate posero fine all’impero austro-ungarico, che era stato sconfitto nella Grande Guerra, e ridisegnarono la geografia del Regno d’Ungheria.
Di fatto dopo questa data, la superficie dell’Ungheria venne ridotta da 283 mila km quadrati a 91 mila, e perse intere regioni dell’est Europa abitate per lo più comunità magiare. Tra le più importanti vi furono la Rutenia, la Croazia, il Banato e la Transilvania. In particolare quest’ultima è tuttora oggetto di contesa con la Romania, il paese che la governa legittimamente. La questione è più complicata di quello che sembra, perché all’interno dei confini rumeni vivono un milione e mezzo di ungheresi, la minoranza etnica più grande d’Europa, senza contare gli altri sparsi negli stati adiacenti.

La decisione degli alleati di disegnare il confine in questo modo fu da subito contestato dalla delegazione ungherese, che fornì ragioni storiche, economiche ed etnografiche. In particolare dal punto di vista produttivo, nel corso dei secoli in quell’area si era costituito un ciclo virtuoso che aveva portato sviluppo anche nelle zone più remote. Così facendo si sarebbe rotta quell’unità economica della quale tutti i popoli coinvolti avevano beneficiato. Tuttavia l’Ungheria si presentava al tavolo dei trattati come una potenza sconfitta, e inoltre Jugoslavia, Cecoslovacchia e, naturalmente, Romania rigettarono in blocco le ragioni dei delegati magiari. Così nacque la repubblica d’Ungheria, dalla quale rimasero tagliati fuori 3 milioni di abitanti.

Il problema va contestualizzato nell’ambito della storia del popolo magiaro. Da sempre racchiuso all’interno dell’impero asburgico, una volta affrancatosi fu costretto al lasciare buona parte della sua popolazione fuori dallo stato nazionale. Per questo motivo molto spesso si parla di “nazione ungherese” differenziandola dallo stato vero e proprio.

Attualmente il controverso presidente Viktor Orbán sembra aver nuovamente puntato i riflettori su questa vicenda irrisolta. È stata sua l’idea di istituire il 4 giugno il “giorno di coesione nazionale”, per ricordare l’ingiustizia di Trianon. Certamente a quasi un secolo da quella data, con l’avvento dell’Unione Europea e del trattato di Shengen, ricordare tale evento può essere considerato anacronistico. Tuttavia gli ungheresi sono da sempre molto legati alle loro origini, e soprattutto vi è una storica inimicizia con la Romania, che rende la questione assai più scottante di quanto non dovrebbe essere. Se poi si pensa che i destini dell’UE, e soprattutto di Shengen, sono appesi a un filo, si ha il quadro completo.


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