Il clima cambia, l’Italia resta

L’analisi delle elaborazioni previsionali NOAA (National Oceanic and Athmospheric Administration) per il periodo invernale del 2017 (gennaio, febbraio e marzo), mostra il persistere di anomalie termiche sul continente europeo. Tali anomalie consistono in temperature più elevate rispetto alla media, “si profila dunque l’ennesimo anno in cui la stagione fredda sarà sostanzialmente assente”.

Va ricordato, però, che le previsioni meteorologiche stagionali hanno un’attendibilità che si aggira sul 20-30%. Le analisi dei modelli climatici, in particolare, contrastano con quanto sta avvenendo nelle regioni centrali e meridionali della Penisola Italiana, interessate da un’ondata eccezionale di maltempo associata a basse temperature e precipitazioni nevose di anomala intensità.

Le notizie che stanno circolando in questi giorni per i diversi canali di informazione mettono in evidenza il dramma di quelle regioni italiane che vedono inasprirsi difficoltà e disagi dovuti da sempre al carattere rurale e all’isolamento geografico del loro territorio, ulteriormente aggravati dalla recente catastrofe del terremoto che le ha colpite. Le conseguenze dell’ondata di gelo in queste zone, dove l’agricoltura gioca un ruolo chiave nell’economia locale, non si esauriranno con il ritorno di temperature più miti, ma si protrarranno a lungo per i mesi successivi.

Il freddo ha infatti interferito con il ciclo produttivo di numerose specie vegetali coltivate, compromettendone la produzione e provocando un danno economico considerevole alle aziende agricole. Sono colpite in particolare le aziende che producono ortaggi dal ciclo invernale, quali insalate, cavoli, carciofi e molti altri. Per quanto riguarda l’allevamento, le perdite produzione sono dovute soprattutto alla difficoltà nel raggiungere i ricoveri degli animali, e quindi nel portar loro le cure necessarie, e al danneggiamento delle strutture tra cui numerose stalle.

Questo anomalo evento meteorologico è una delle conseguenze del cambiamento climatico in atto, con il quale l’agricoltura, uno dei settori economici maggiormente influenzati, dovrà confrontarsi, e trovare presto delle soluzioni.

Gli esseri viventi hanno la capacità di sopravvivere in un intervallo di temperatura molto ampio, gli estremi termici infatti – troppo freddo o troppo caldo – non sempre portano inevitabilmente alla morte. Lo possiamo riscontrare nelle numerose varietà vegetali originarie delle zone tropicali che si sono acclimatate negli orti botanici e nei giardini delle regioni dal clima temperato, o nelle varie specie animali che vivono negli zoo, anche in città molto fredde. Alle piante coltivate e gli animali allevati, però, non è sufficiente sopravvivere, sono necessarie temperature adeguate perché essi possano produrre alimenti.

La produzione – frutta, semi, foglie, latte, carne, e tanti altri prodotti utili all’uomo – è possibile soltanto entro un intervallo di temperatura ottimale, diverso per ogni specie vegetale o animale, ben più ridotto rispetto ai limiti termici entro i quali gli stessi esseri viventi possono vivere. Questo è uno dei fattori che determinano la distribuzione geografica delle differenti specie e varietà coltivate nel mondo.

Il cambiamento climatico è abitualmente associato a un innalzamento delle temperature medie, sarebbe invece più corretto intenderlo come un acutizzarsi dei fenomeni meteorologici estremi, sia più caldi, sia più freddi. Gli agricoltori di tutto il mondo saranno costretti ad adattarsi a questo stravolgimento e, come già è accaduto in passato, la prima azione da intraprendere sarà ricorrere a colture e animali più idonei alle mutate condizioni ambientali. Per farlo, e per non morire quindi di fame, bisognerà consultare quella biblioteca dal valore inestimabile che è la biodiversità, per questo è di primaria importanza consegnarla il più possibile integra alle future generazioni.


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