L’onnipresenza discreta del fumo

Il tema del fumo entra nelle vicende della storia dell’arte da una porta secondaria, rimanendo un impreciso accenno teso a caratterizzare personaggi o contestualizzare situazioni. Come facilmente intuibile non abbiamo la presenza di sigarette o pipe in opere d’arte prima del XVI secolo, essendo il tabacco una scoperta legata al viaggio di Colombo in America centrale e alle esplorazioni successive.

Anche dopo la sua importazione in Europa, il tabacco latita nelle scene: compaiono le prime sigarette in quadri di second’ordine, difficilmente commissionati da nobili o clero e aventi come protagonisti contadini al lavoro o scene di svago in locande o taverne.

Coloro che per primi si mostrano all’avanguardia sul tema sono gli olandesi, che trovano il loro capostipite in Frans Hals e in misura minore nel Bruegel. Indaga l’ideale del fumatore con intento chiaramente sprezzante e irrisorio Adriaen Brouwer, che rompendo ogni indugio nella prima metà del ‘600, propone opere intitolate Il fumatore. Qui non abbiamo un modello da seguire o celebrare, ma al contrario uno schizzo degli stadi più degradati della società umana, possibilmente da rifuggire.

Una predilezione per il fumo sembra l’abbiano anche David e Abraham Teniers, che compongono un alto numero di opere ambientate in osterie con fumatori di pipa in primo piano.

Nel corso del Seicento si afferma anche quell’idea che lega il fumo alla caducità e allo scorrere del tempo, tanto che la pipa inizia a entrare come simbologia nelle nature morte aventi come tema pittorico la vanitas. Non fa eccezione una delle opere più celebri legate al tema, dove una lunga pipa bianca compare sulla destra del tavolo.

Harmen Steenwijck ,Vanitas, 1640, Stedelijk Museum "De Lakenhal”, Leiden
Harmen Steenwijck ,Vanitas, 1640, Stedelijk Museum “De Lakenhal”, Leiden

Una analoga estremizzazione, che probabilmente oggi sarebbe funta da efficace slogan pubblicitario, la compirà due secoli dopo un famoso fumatore di pipa quale Vincent Van Gogh, che anima un teschio facendogli fumare una sigaretta. Forse una estremizzazione dei suoi molti autoritratti fumanti.

Col passare dei secoli la pratica del fumo si slega dalle circostanze contadine e misere e nel tardo Settecento inizia a entrare nei salotti intellettuali. L’arte lo segue di pari passo, andando a pescare scene di dialogo e scambio di opinioni nei salotti cittadini, dove le persone discutendo bevevano e fumavano proprio come oggi. A essere precisi, sostenere che il fumo si sleghi da una circostanza per incontrarne un’altra è errato, sarebbe più corretto dire che il fumo si espande anche ad altre circostanze, sino alla sua onnipresenza dei giorni nostri garantita da una sua rapida impennata nell’Ottocento europeo.

Il tabacco diviene un diversivo gradito a molti e da molti consumato. E la sua presenza in pressoché ogni corrente artistica, dall’impressionismo a oggi, non fa che dimostrare la sua usualità.

Giacomo Ceruti detto il Pitocchetto, Ritratto di Fumatore in costume orientale, 1740, collezione privata
Giacomo Ceruti detto il Pitocchetto, Ritratto di Fumatore in costume orientale, 1740, collezione privata.

Fonti

Wikipedia

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