La fine di un’epoca: il naufragio dell’Andrea Doria

La seconda guerra mondiale aveva distrutto le vite di milioni di persone in Europa e nel mondo e aveva lasciato ai sopravvissuti solo macerie e un nuovo mondo da ricostruire. Era necessario investire: bisognava rinascere e la rinascita passava anche per la ricostruzione della flotta mercantile italiana, pesantemente colpita dai combattimenti della guerra.
Per questo motivo tra il 1951 e il 1952 la Società Italia decise di ordinare la costruzione di tre transatlantici: l’Augustus, il Giulio Cesare e l’Andrea Doria.
L’ Andrea Doria era un vanto per l’Italia del dopoguerra; il lusso e il comfort anche in classe turistica (l’ex terza classe) la rendevano una delle navi passeggeri più apprezzate al mondo.
Fu durante la 101ª traversata, nella notte tra il 25 e il 26 luglio 1956 che accade il disastro. La turbonave con destinazione New York, era salpata il 17 luglio con 1706 persone a bordo tra membri dell’equipaggio e passeggeri.

Il capitano Piero Calamai

La nave (il cui arrivo a New York era previsto per la mattina successiva) procedeva a velocità ridotta a causa di una spessa coltre di nebbia che rendeva difficoltoso l’avvistamento di altre navi. A bordo era presente uno dei più moderni modelli di radar allora esistenti e la nave emetteva regolarmente delle segnalazioni acustiche, obbligatorie in caso di scarsa visibilità.
Dopo le h. 23, l’Andrea Doria e la Stockholm, una nave svedese, entrarono in collisione. Essendo anche una nave rompighiaccio, la Stockholm era dotata di una punta rinforzata; per questo motivo riuscì a squarciare facilmente la struttura dell’Andrea Doria, che aveva effettuato una rapida manovra a sinistra per cercare di evitare l’impatto.
I morti furono cinquantadue: quarantasei sull’Andrea Doria in seguito alla collisione, sei invece le vittime sulla Stockholm.
Subito dopo l’impatto si attivarono i soccorsi. Molte navi giunsero sul luogo del naufragio. Il transatlantico Ilê de France riuscì a salvare più di 750 persone. Fondamentali a bordo furono le capacità del personale e degli ufficiali, in particolar modo del capitano Piero Calamai, che riuscì a gestire con efficienza i momenti del naufragio.
La turbonave affondò il mattino successivo, undici ore dopo l’impatto. Calamai fu l’ultimo a scendere dal transatlantico, dopo essersi assicurato che tutte le persone a bordo fossero al sicuro.
L’affondamento di questa nave segnò l’inizio del declino dei viaggi transatlantici via mare. L’aereo stava per soppiantare le navi e a pochi anni di distanza gli imponenti movimenti migratori che coinvolgevano la rotta transatlantica terminarono. In un certo senso la fine dell’Andrea Doria rappresentò la fine di un epoca.

Fonti:
http://www.mareonline.it/?p=18447
https://it.m.wikipedia.org/wiki/Andrea_Doria_(transatlantico)

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