Olio di palma: è davvero il diavolo fatto olio?

Sul consumo di olio di palma negli ultimi mesi si è detto di tutto. C’è chi pensa che si tratti del diavolo fatto olio e chi lo difende a spada tratta. Fra i tanti che sostengono l’una o l’altra posizione, qualcuno si informa ma la maggior parte delle persone sceglie sull’onda dell’emotività, basandosi sulla foto di una foresta disboscata per fare posto alle palme da olio o di un bambino triste a cui è stata sottratta la colazione da campione. Può sembrare strano, eppure quando si parla di ambiente e salute c’è sempre il rischio di ragionare con il cuore anziché con il cervello. In questo articolo parleremo delle implicazioni sulla salute, mentre tralasceremo tutto il discorso ambientale che merita un approfondimento a parte.

L’olio di palma ha delle caratteristiche che lo rendono molto appetibile dalle grandi multinazionali: è insapore (quindi non altera il gusto del prodotto in cui lo si usa), è plastico (gli si può far assumere la consistenza desiderata) e come se non bastasse è anche economico. Questi sono i motivi per cui poche aziende resistono alla tentazione di infilarlo un po’ ovunque.

Secondo i dati del Food Balance Sheet della Food Agricolture Agency (FAO), in Italia i volumi di olio di palma importati per uso alimentare stanno progressivamente aumentando. Nel 2003 ne abbiamo importate 40’000 tonnellate, nel 2011 (ultimo anno per cui sono disponibili i dati) ne abbiamo importate 77’000 tonnellate.

Recentemente, l’Istituto Superiore di Sanità ha redatto un documento che, tenendo conto degli studi svolti negli ultimi anni, indica quali sono i rischi reali legati all’uso di olio di palma. Il motivo per cui questi studi si sono resi necessari, risiede nella composizione chimica di questo alimento che contiene una quantità molto elevata di acidi grassi saturi (che gli conferisce la consistenza solida a temperatura ambiente).

Come è possibile vedere nella tabella, l’olio di palma presenta un contenuto di acidi grassi saturi superiore alla maggior parte dei grassi usati in ambito alimentare, solo il burro e l’olio di cocco risultano averne una percentuale simile.

Numerose ricerche hanno confermato che il consumo di olio di palma aumenta la concentrazione di colesterolo rispetto all’utilizzo di altri oli vegetali, mentre non si apprezza una grande differenza rispetto al consumo di grassi animali. In pratica assumere olio di palma è pericoloso nella stessa misura in cui è nocivo assumere burro.

Gli effetti negativi sulla salute si osservano quando l’assunzione di acidi grassi saturi supera il 10% dell’apporto calorico quotidiano che corrisponde alla dose che l’OMS suggerisce di non superare. Bisogna ricordare anche che eliminare completamente dalla propria dieta i grassi saturi non è un comportamento responsabile poiché questi elementi servono all’organismo per esercitare numerose funzioni fisiologiche come la regolazione della crescita cellulare e dell’espressione genica.

Una fobia nei confronti dell’olio di palma è quindi ingiustificata, ma per evitare rischi di patologie cardiovascolari è importante fare attenzione alle quantità di grassi saturi e idrogenati che si assumono nel corso della giornata.

Credits immagini: Copertina

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