CINQUANT’ANNI DI “SGT. PEPPER’S”: UNA RIVOLUZIONE IN MUSICA

Il primo giugno del 1967 veniva pubblicato l’ottavo album dei Beatles, Sgt. Pepper’s Lonely Hearts Club Band, prodotto da George Martin, che aveva accompagnato i Beatles fin dalla loro prima audizione nel 1962 – non per nulla era detto “il quinto Beatle”. L’album è un colosso sia nella storia dei Beatles che in quella della musica in generale, tanto che la rivista musicale Rolling Stone lo colloca al primo posto nella classifica degli album più belli di sempre.

I Beatles, gruppo originario di Liverpool attivo dal 1960 al 1970 e formato da John Lennon (voce, chitarra), Paul McCartney (voce, basso), George Harrison (voce, chitarra) e Ringo Starr (batteria), raggiunse la fama in brevissimo tempo e toccò vette mai conosciute prima, tanto che si poté parlare di Beatlemania per il successo mediatico senza precedenti che ottennero. In particolare, negli anni 1966-67 i Beatles erano giunti al culmine della loro evoluzione musicale ed erano arrivati ad essere conosciuti in tutto il mondo. È importante ricordare che l’uscita dell’album precedente a Sgt. Pepper’s, Revolver, sancì la fine delle esecuzioni live dei Beatles, fatta eccezione per il “rooftop concert” (concerto sul tetto) del 30 febbraio 1969.

Il tema fondante di Sgt. Pepper’s doveva essere quello del ricordo dell’infanzia e dell’adolescenza dei Beatles a Liverpool. L’album, perciò, è stato da molti definito uno dei primi concept album della storia, nonostante Lennon stesso abbia più volte contestato questa definizione, rivendicando l’individualità dei suoi pezzi e di conseguenza anche lo sfondo tematico comune.

In realtà, l’album ha una sua compattezza, anche perché McCartney, ideatore del titolo, ebbe l’idea di suonarlo come se non fosse un lavoro dei Beatles, ma appunto dell’orchestra del Sergente Pepper, tant’è vero che riecheggiano gli ottoni in quasi tutte le canzoni, mentre l’inglese utilizzato è spesso arcaico ed aulico. Inoltre, di rado si ricordano le singole canzoni, ma è importante l’impressione totale che l’album è capace di suscitare, come una proiezione fuori dal tempo e fuori dai Beatles stessi, grazie a questa ricercata estromissione dalle loro figure, ormai note a tutti.

A contribuire notevolmente sia alla fama, sia all’idea di maestosità e alla percezione orchestrale, la famosissima copertina, in cui compaiono, inseriti in un complesso collage, 39 personaggi famosi, compresi i Beatles stessi. I dettagli di questa copertina furono spesso estrapolati per sostenere tesi esoteriche e poco probabili; tuttavia, la scelta dei personaggi inseriti aiuta a comprendere meglio il contesto storico e culturale in cui l’album venne registrato e pubblicato. Appaiono infatti personaggi appartenenti a diversi ambiti: scrittori come Edgar Allan Poe e Oscar Wilde, musicisti come Bob Dylan, tantissimi personaggi dello spettacolo, tra cui Marilyn Monroe, scienziati e filosofi come Albert Einstein e Karl Marx.

Il pezzo d’attacco, omonimo del titolo dell’album, è una presentazione della band che sta per suonare e al termine preannuncia che il brano successivo sarà cantato da Billy Shears, ossia Ringo Starr: si tratta di “With a Little Help from My Friends”. Tra i primi due brani non c’è un distacco netto ma un continuum che, insieme alle forme quasi dialogiche dei testi, ci fa apparire l’album come uno scorrere fluido. Si sottrae a questa logica soprattutto l’unico brano di Harrison, “Within You Without You”, la cui presenza nell’album è stata lungamente discussa e talvolta criticata: appare un esplicito riferimento alla cultura orientale, a cui Harrison restò legato per tutta la sua vita, con la presenza di strumentisti esterni e del sitar come strumento guida.

Sono presenti nell’album capolavori sia di Lennon (“Lucy in the Sky with Diamonds”, nota soprattutto per la possibile allusione all’LSD, dedotta anche dalla psichedelia di fondo), sia di McCartney (“She’s Leaving Home”, “When I’m Sixty Four”). Tuttavia, è il brano conclusivo, “A Day in the Life”, a sussumere la complessità dell’album e ad avvicinarlo alla perfezione tecnica e artistica. A suggellare il tentativo di raggiungere un più alto livello musicale sono i tempi di registrazione del 33 giri: 700 ore contro i soli 585 minuti di Please Please Me, il loro primo album, datato 1963.

Sgt. Pepper’s è capace anche dopo cinquant’anni di suscitare emozioni forti grazie alla straordinaria capacità dei Beatles di proiettare in musica una rivoluzione storica e sociale, quella degli anni ‘60, eternandola nella loro arte: proprio per questo sono a ragione considerati tra i migliori artisti di sempre.


Fonti: Corriere, Wikipedia, Pepperland, Ondarock.

Credits: Img 1, Img 2.

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