Ti odio Chester Bennington!

Ti odio Chester, ti odio.

In queste righe non c’è giornalismo, non c’è professionalità e non c’è delicatezza.

C’è solo l’anima di un ragazzino che si sente tradita e ferita.

Ti odio Chester, non ti sei regolato.

Perché non sei tra i più grandi, non lo sei mai stato e non lo siete mai stati, e ti odio ancora di più perché quando i più grandi se ne sono andati, non mi hanno fatto così male: loro esistono fuori dal tempo e sono lontani, le loro canzoni sono già vecchie quando le scopri, loro sono raffiche di 3 minuti che si intersecano in maniera incidentale nella tua vita, sono leggende e in quanto leggende sono morti ancor prima di smettere di respirare.

Ma voi non lo eravate, voi eravate la speranza di noi sfigati che nel cortile delle medie, riponevamo in voi le speranze sul futuro della musica rock, quando il dualismo tra “house” e “rock” era una questione di appartenenza più che di gusto.

In quei giorni tu e Shinoda eravate gli eroi che ci tenevano in piedi perché “Oh ma dimmelo quando un computer fa meglio di questi con la chitarra”, voi e i System Of A Down venivate sparati da ogni telefono cellulare ed eravamo sicuri che se il Rock e i suoi derivati fossero mai tornati di moda, voi avreste spianato la strada.

Eravamo ignoranti, conoscevamo tre gruppi ma voi eravate i più belli.

E ora ci tocca sentirci dire che i Coldplay sono una Rock Band.

Capito sì? Spero che ti arrivi il wi-fi lassù, perché non ho proprio finito anzi.

Sei un bastardo Chaz.

Ti odio.

Ti odio perché tu e i tuoi colleghi non siete mai riusciti a fare anche solo un altro pezzo che ci facesse sentire quella sensazione di nostalgia, senza dover andare a scavare all’indietro nella discografia.

Anzi, mi spiego meglio.

Ti odio perché hai ucciso le mie speranze di risentirlo, e questo, mi dispiace, non posso permettertelo, non posso e non potrò mai.

Perché sono rimasto qualche minuto con le mani tra i capelli, quando uscendo dal cinema ho letto “Chester Bennington found dead”, e non erano di certo queste le parole che mi aspettavo di sentire, e mi aggrappavo alle voci di cinici sconosciuti che facevano “ma no, sarà una manovra di marketing”, perché preferivo immaginarti un bastardo piuttosto che morto.

Ma non l’avresti mai fatto, non l’avresti mai fatto per rispetto nei confronti di Chris.

Ti odio perché non sono mai andato ad un vostro concerto, ti odio perché mi son detto “vabbè dai la prossima volta che verranno”, ti odio perché su quel palco non ti ci vedrò più.

E adesso come faccio a cantare Numb con la vena che sembra esplodere? La macchina non basta, spararla a cannone nelle cuffiette mentre metto le fascette alle mani prima dell’allenamento, non basta.

Ti odio perché con te se n’è andata parte di me, ti odio perché non sei l’eroe che faceva da colonna sonora a tutti i video dei vari Anime che si passavano sul telefono i primi ragazzini ad avere il bluetooth, ti odio perché…

Ti odio perché non sentivo una canzone vostra da anni e oggi, sentendole in radio, mi sono sporto dal finestrino urlando ogni singolo verso che ricordavo perfettamente, ancora, dopo quelli che sembrano secoli.

E ora rimango a dire che “no vabbè è uno scherzo” sul Blue Carpet del Giffoni, ora sto ritornando in macchina in silenzio e ora sto scrivendo questo pezzo più per me che per te.

Perché lo devi leggere, brutto bastardo, lo devi leggere!

E mi odio perché non pensavo avrei mai reagito così per la morte di un’artista, mi odio perché ci ho creduto davvero che fossi più forte dei tuoi mostri, dei tuoi demoni, del tuo passato e che ancora una volta avresti sfasciato il palco e fatto rimbombare la sala di registrazione con quella carica che ti contraddistingue.

Ma soprattutto, ti odio perché mi hai costretto ad arrabbiarmi pur di esternare una sensazione strana e inspiegabile, immatura e irrazionale.

Io lo so che tanto ora ti stai chiedendo “What I’ve done”, ma visto che ci stai, chiama Chris e facci un live di quelli allucinanti.

E comunque, ci hai lasciati con i Coldplay…

 

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