La mitologia greca offre un gran numero di miti in cui la componente femminile è vittima di una scelta negativa dell’eroe, delle violenze di un Dio innamorato o del tradimento della figura principale maschile. Casi come questi sono quelli di Arianna, abbandonata da Teseo sull’isola; Euridice, rispedita nell’Ade a causa di una disubbidienza di Orfeo; Dafne, tramutata in pianta dal padre per sfuggire ai desideri di Apollo.
Come è possibile notare, queste figure femminili accettano succubi il loro destino. In Virgilio, la visione del sacrificio cambia in maniera radicale. Didone è innamorata follemente di Enea, giunto sulle rive della Libia dopo una tempesta che ha risparmiato solamente sette navi. Enea sembra convinto di rimanere accanto alla sua amante ma Giove lo intima a ripartire per seguire il suo destino. Così il fuggitivo troiano comincia i preparativi per salpare e Didone se ne accorge: Enea le spiega che per ordine di Giove deve ripartire alla volta dell’Italia e le nega anche una partenza posticipata. La regina tenta in ogni modo di fermarlo e quando capisce che ciò non è possibile, decide di uccidersi gettandosi sulla spada di Enea. Esatto, decide. L’enorme differenza tra l’eroina virgiliana e le protagoniste della mitologia greca è che lei sceglie come e quando morire: si fa costruire un enorme rogo e si uccide pugnalandosi. Nessuno la insegue, anzi la abbandonano, e nessuno attenta violentemente alla sua integrità fisica. Ciò fa di lei una figura femminile certamente vinta a causa di un uomo, ma comunque dotata di propria volontà e libertà di scelta: quando Enea decide di andarsene non resta a guardare e prova addirittura ad ucciderlo; quando lo vede allontanarsi definitivamente dalla costa non rimane triste a guardare l’orizzonte, bensì lancia una profezia che riguarda l’eterna inimicizia tra cartaginesi e romani e poi si uccide con le proprie mani senza delegare a nessuno il gesto. Così Didone non è più macchietta ma personaggio artefice del suo destino.
Simili esempi sono rari nella letteratura antica. Virgilio nell’Eneide, costruendo un personaggio come la furente regina di Cartagine, fa la scelta modernissima di dare nelle mani di una figura femminile le ragioni dell’antagonismo tra due popoli. Dopo Virgilio, pochi eleveranno la donna a tale importanza nella storia di Roma.