Vicente Aleixandre: Il limite

Basta. Non è insistere guardare il lungo

sfolgorio dei tuoi occhi, finché il mondo finisca. 

Guardai ed ebbi. Contemplai, passava.

La dignità dell’uomo è nella morte.

Ma il brillio temporale ha verità,

colore. La luce pensata inganna.

Basta. Il torrente di luce dei tuoi occhi

mi fu fede. Per essi vidi, vissi.

Giunto al fine, oggi bacio questi termini. Il mio limite tu, il mio sogno. Sii!

Prima la poesia, come abbiamo fatto per Montale: questione di par condicio, di solidarietà, di pigrizia. E poi, forse, serviva anche a noi rileggerla ancora una volta. Questione di copie, una storia lunga un secolo: Dante. Ma non siamo qui per questo. Rimaniamo concentrati.

Vicente Aleixandre è stato un bravissimo poeta scoperto, per quanto ci riguarda, per caso, grazie a un attentissimo lettore. Una combo vincente, una bella scoperta. Ma, nel caso specifico, indipendentemente dal legame affettivo -per niente trascurabile- che ci unisce a questo autore, l’unico vero, reale e concreto motivo per cui stiamo scrivendo questo articolo è sintetizzabile in una parola, due lettere, alla fine, dopo un punto, un brillantino: Sii! 

Proprio una bella scoperta.

Un imperativo messo alla fine, secco, conciso, disperato. Assolutamente perfetto. Una richiesta banale, quasi scontata che però inserita in questa particolarissima cornice diventa straziante. Il potere del verso, che meraviglia.

Non faremo il riassunto né la parafrasi di questa poesia, non vorremmo mortificarla e, sinceramente, ci annoieremmo. Parleremo di quello che ha dato a noi e se voi non vedrete lo stesso ben venga: scriveteci pure un articolo. A noi ha dato, per esempio, una fitta alla parte destra dello stomaco all’altezza dell’ultimo verso: tipo caffè bollente. Il torrente di luce dei tuoi occhi/ mi fu fede. Per essi vidi, vissi.  Per essi. Da amanti della prosa, chiediamo scusa ai poeti di tutto il mondo se il nostro primo pensiero è andato a un aspetto prettamente grammaticale. Per essi: un complemento di fine o, forse, di moto per luogo -figurato, certamente: non vogliamo ulteriori rimproveri-? A noi piace il moto per luogo: più vivo, più irriverente, più dinamico. Attraverso i tuoi occhi, io vissi. E scusate se è poco.

Un leggero formicolio alla punta dell’alluce sinistro al quartultimo verso. La luce pensata inganna. Che, di per sé vuol dire tutto e niente. Che luce? Un amore perduto, la giovinezza, il tempo passato? La passione, il sentimento che si consuma nel momento in cui viene tradotto in qualcosa di asetticamente razionale, un particolarissimo elogio alla follia? Poco importa: è bello. E fa formicolare gli animi, oltre che gli alluci.

L’ultimo: un colpo al gomito, una scossa: guardai ed ebbi. È l’amore, non possono davvero esserci dubbi. Guardare qualcuno sdraiato al proprio fianco, lo sguardo perso nel vuoto, i capelli arruffati, gli occhi vispi, un bacio sulla punta del naso e la sensazione ti averlo. Ti guardo, quindi ti ho, quindi ti amo. Deve aver pensato una cosa del genere, Vicente Aleixandre: una cosa del genere.

Una gran bella scoperta. Colori, immagini, baci, amore, morte, poesia. Un grazie sentito da ogni parte del nostro corpo, una carezza a chi ce lo ha regalato.

Sii!

credits

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