Video estremi per siti estremi? Un panorama complesso

Ha destato scandalo la notizia che in America un ragazzo è rimasto ucciso mentre girava un video per YouTube. Aveva chiesto alla sua fidanzata di sparargli, tanto lui sarebbe riuscito a parare il colpo con un libro: l’obiettivo era fare il botto con un video che per il suo contenuto estremo avrebbe sicuramente ottenuto un gran numero di visualizzazioni.

Ma davvero i video estremi ottengono numeri impressionanti di visualizzazioni? Se si cerca “video estremi” su YouTube in realtà i primi risultati hanno numeri certo notevoli, ma in realtà ampiamente al di sotto delle grande cifre dei video realmente virali, che raggiungono anche il miliardo di visualizzazioni, mentre in questi casi pochi video riescono a raggiungere 1 milione di visite. Magari cercando in inglese si potrebbe pensare di trovare risultati di maggior successo, tuttavia anche con video più internazionali i risultati sono praticamente gli stessi e non si trovano grandi performance. Nonostante non siano di particolare successo, i video estremi però ci sono su YouTube e sorprendentemente solo di rado ci si imbatte in un avviso che mette in guardia sul contenuto “sensibile” di tali video. Video gore, cioè di estrema violenza, sono assolutamente banditi, ma viene sottovalutato il fatto che tutti quei video del tipo “Sport estremi/Imprese/Incidenti mortali” fanno partecipare lo spettatore a morti reali, di cui addirittura spesso vengono evidenziati gli ultimi istanti al rallentatore. È vero che su YouTube non è ammesso mostrare immagini crude e quindi tutto si può al massimo vedere da lontano, ma in ogni caso viene dimenticato un dato fondamentale: non si tratta di finzione. Quello che si vede è successo realmente, si partecipa ai drammatici ultimi istanti di vita di persone in carne e ossa, che spesso per stupidi giochi, scommesse, imprese hanno incontrato la morte, pensando che quello che stavano facendo fosse solo un innocente gioco. Ma nella vita non c’è la funzione “riprova” o “annulla”. Social network come YouTube e Facebook, che pure hanno algoritmi e personale altamente efficiente nel rimuovere qualsiasi contenuto inappropriato (come gore o pornografia), sottovalutano la forma mentis che certo materiale instilla negli spettatori. Per YouTube tuttavia va sottolineato che si tratta il più delle volte di video collage, in cui vengono messi insieme e condivisi video di imprese estreme trovate nel mare magnum di Internet. Non è quindi solo YouTube a scaricare la propria responsabilità, ma anche lo stesso autore a non ritenersi in nessun modo responsabile di quanto mostrato: l’autore non si sente responsabile delle tragiche immagini, in quanto non vi ha preso parte nella realizzazione, ma ha solo condivisi materiale ritenuto appetibile per ottenere visibilità per il proprio canale.

Quali sono quindi le fonti originali da cui provengono questi materiali? Le origini ultime di queste clip si trovano in quei siti di citizen journalism, in cui l’etichetta del giornalismo partecipativo permette di nascondere sotto il proprio ombrello nobilitante video e foto di tutti i tipi senza alcun controllo redazionale. Siti del genere del resto si basano su un principio quantitativo: è poco importante di che cosa si popolino, ciò che più conta è che si riempiano di contenuti. Tra questi contenuti ovviamente non posso mancare poi video estremi di qualsiasi genere: si va dal disastro ambientale miracolosamente ripreso dalla propria finestra, fino al video dell’incidente stradale a cui si è assistito o alla produzione di video-imprese che dovrebbero suscitare risate anche quando raccontano cosiddetti epic fail che si concludono con la morte dei protagonisti. Campione indiscusso a livello mondiale di questa tipologia di siti è Liveleak. Qui si possono trovare video la cui origine è molto spesso sorprendente: senza nessun filtro vengono mostrati i video di morti durante rapine, rapimenti, incidenti stradali, e tutto questo materiale spesso proviene addirittura dalle bodycam della polizia o dalle telecamere di sicurezza, video che è superfluo ricordare non dovrebbero stare su Internet, quanto piuttosto nelle aule di tribunale e nelle stazioni di polizia. Del resto in Rete esistono anche forum dove si possono trovare video e foto di morti violente che, per la loro fattura, sembrano quasi presi dalle scene del crimine: questi materiali vengono impietosamente commentati da frotte di persone che spesso sembrano dimenticarsi completamente che non si sta commentando l’ultima puntata di CSI o Crimanal Minds, ma reali omicidi efferati e disgrazie che hanno improvvisamente stroncato delle vite umane.

Anche in questo caso però la colpa non è solo di Internet. È interessante notare che il Corriere della Sera ha acquisito la versione italiana di Liveleak, Youreporter, e ne ha sostanzialmente fatto il suo archivio video aperto al contributo di tutti. Questo accreditamento giornalistico per un sito di quella natura, già significativo di per sé, è ancora più importante se si considera che questo non ha comportato essenzialmente nessuna modifica profonda per Youreporter: certamente i video estremi non sono in primo piano né sono così facili da raggiungere, ma a cercarli su Google li si può ancora raggiungere. Del resto lo stesso avviene anche sui siti della concorrenza: per esempio Il Messaggero, Il Tempo e Leggo hanno tutti sezioni video in cui, a volerli cercare, si possono trovare video di omicidi o reportage dettagliati di incidenti stradali mortali.

Quindi in ultima analisi quella mentalità che sta alla base della volontà di realizzare video estremi – cioè la spettacolarizzazione della vita quotidiana e l’illusione dei protagonisti di partecipare a un gioco senza possibili conseguenze – ha salde radici in quello stesso mondo giornalistico che a ogni tragedia lancia un grido disperato contro la pericolosità di Internet.

Fonti: huffingtonpost.it, vanityfair.it, liveleak.com, tooshocking.com, killsometime.com, youreporter.it, video.corriere.it, video.ilmessaggero.it, tv.iltempo.it, video.leggo.it

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