Tavon Tanner

Il piccolo Tavon Tanner, bersaglio non intenzionale

Un letto d’ospedale, candido, in una stanza ingombra di persone protese verso il ragazzino che lo occupa. Un velo di lacrime gli invade gli occhi. Il colore della sua pelle contrasta con quello delle lenzuola, in modo ancora più netto grazie al bianco e nero delle foto, scattate da Jason Wambsgans, fotografo per il Chicago Tribune. A lui queste foto sono valse il Premio Pulitzer, a Tavon la cicatrice che gli solca il busto e sembra quasi bianca, nascosta da un rosso acceso che non le foto non mostrano: la maglietta degli eroi locali, la squadra dei Chicago Bulls.

E mentre occhi attenti lo fissano, Tavon vuole solo una cosa: vuole vedere il proiettile. Quello che fino a poco fa aveva piantato vicino alla base della spina dorsale, dopo che gli aveva perforato il pancreas, la milza, lo stomaco, un rene e il polmone sinistro, e che per settimane gli aveva causato dolore. Stava lì da quando era stato colpito sul portico di casa sua, per ragioni ancora da chiarire.

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photo: Jason Wambsgans

Tavon ha 11 anni, un nome e un volto. Nel 2016 a Chicago 24 bambini, di 12 anni o meno, possono raccontare storie simili alla sua. Stavano vicino alla macchina, davanti a casa, giocavano in strada. E sono stati colpiti. Un piccolo di un anno è stato centrato al collo. Si chiamano Jamia, Corey, Devon – anche se spesso per i giornali e la privacy si chiamano John – ma li chiamano “bersagli non intenzionali”. Bambini che si trovavano al posto sbagliato al momento sbagliato.

Storie non insolite nella Chicago di oggi, dove a sparare possono essere anche loro coetanei, accolti dalle gang, che gli forniscono la famiglia che molti di loro non hanno mai avuto. Una situazione sempre più fuori controllo, che a molti appare senza via d’uscita, dando a molte famiglie numerose buone ragioni per tacere su quello che è accaduto ai loro figli. Molti, ma non tutti. Tavon vuole far vedere la sua cicatrice, vuole far sapere la sua storia. E far sapere che la vita ricomincia. Sa di essere fortunato. Ricorda la paura. Ma ora può giocare nella neve, e la vita può ricominciare.

Fonti: Chicago Tribune

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