100 anni di scultura a Milano: 1815 – 1915

Varcando la soglia della Galleria d’Arte Moderna di Milano, e più precisamente dell’area al piano terra riservata alle mostre temporanee, si è accolti da silenziose e solenni sculture che attendono, impassibili, gli spettatori desiderosi di scoprire un secolo di scultura milanese, dal tardo Neoclassicismo all’inizio del Novecento: quando Milano era una capitale della scultura, non solo italiana, ma internazionale.

Lo svolgersi della mostra, aperta al pubblico fino al 3 dicembre 2017, va di pari passo con la documentazione della crescita del neonato stato italiano, fino a giungere a quel delicato momento di passaggio tra le vecchie istanze ottocentesche e l’arrivo del nuovo secolo.

L’esposizione è stata preceduta da una vasta campagna di restauro (resa possibile col contributo di UBS) e presenta una selezione dell’ingente patrimonio del museo non esposto al pubblico, in parte di proprietà della GAM ed in parte appartenente al deposito dell’Accademia e Pinacoteca di Brera.

Pompeo Marchesi, Maddalena, gesso

Sei sezioni ripercorrono i temi fondamentali e più cari agli artisti:

Il mito: l’eredità neoclassica e l’accademia
La “nobile semplicità e la quieta grandezza” è il principio a cui si attiene la rivoluzione neoclassica, nata dalle teorie di Winckelmann, che aveva indicato come apogeo artistico la scultura del IV secolo a.C.. Nei primi decenni dell’Ottocento si appellano a tale concezione anche gli scultori che operavano nelle accademie di tutta Europa, dove gli artisti si esercitavano sui gessi dei grandi capolavori greci e romani. Le accademie bandivano concorsi ogni anno, specie l’Accademia di Brera dove questi erano divisi in Grandi e Piccoli concorsi: l’opera vincente veniva esposta alla mostra annuale e diveniva poi di proprietà dell’istituto. Interessanti esempi di questo ambiente sono le opere di Giosuè Argenti e Angelo Biella (varesino il primo e milanese il secondo) che ben illustrano i precetti dettati dalle accademie, riguardanti ad esempio le precise scelte dei soggetti, preferiti anche per il loro valore educativo. Non è infatti un caso che a fianco dei temi mitologici vengano utilizzati anche temi biblici, considerati un suggestivo specchio della spiritualità ottocentesca sentita negli anni maturi della Restaurazione.

G. Argenti, Zenobia tratta dal fiume Arasse, 1852, gesso; A. Biella, L’angelo sterminatore dei primogeniti egizi, 1857, gesso

La prima opera che qui presento è tratta dalla mitologia romana e riguarda un personaggio realmente esistito, Zenobia, che fu la regina di Palmira nel III sec a.C.. Argenti sceglie il momento che segue l’azione, quando Zenobia, dopo esser stata gettata dal marito nel fiume Arasse, viene salvata da un pastore partico. L’artista presenta al pubblico la protagonista esanime a cui si contrappone l’anima grande e posata del suo salvatore, che appare nel pieno della sua forza. La seconda opera, invece, testimonia l’altro gruppo prediletto dalle accademie, infatti si tratta di una storia biblica: è l’episodio che precede la partenza del popolo d’Israele (Esodo 11-12).

La letteratura: il romanticismo tra temi letterari e sensibilità moderna
I temi letterari, dalla poesia al teatro, sono un punto di riferimento imprescindibile per la scultura dell’Ottocento. I personaggi fantasiosi di questi ambiti sono più comunicativi e comprensibili dalla società, la loro interpretazione non è più riservata ad un pubblico elitario, come era per i miti, perché vanno oltre alla mera narrativa e diventano simboli dell’attualità politica o anche solo di un’espressione sentimentale.

Achille Bianchi, Desdemona, 1866, marmo

La scultura romantica si libera dai temi classici e concentra i suoi obiettivi in una ricerca formale, puntando ad una maggior naturalezza espressiva. Bellissimi esempi di tale obiettivo sono il gruppo di Antonio Tantardini, che rappresenta il dolce bacio tra Faust e Margherita tratto dal romanzo di Goethe: si tratta della scena in cui Faust seduce la bella e innocente Margherita, mentre si sente “sciogliere in un sogno d’amore”. La stessa ricerca è riscontrabile nei busti-ritratti dei protagonisti dei Promessi Sposi.

Tantardini, Faust e Margherita, dettaglio, 1861, marmo
Alessandro Rossi, Renzo Tramaglino e Lucia Mondella, 1862-72, marmo

Arte in esposizione: la Scuola di Milano e le grandi esposizioni internazionali
A partire dalla metà del secolo, oltre alle tradizionali mostre annuali organizzate dalle accademie, si sviluppano numerosi esposizioni indipendenti volute e disposte da società promotrici, gruppi d’artisti o mercanti. Ai temi storici si sostituiscono via via soggetti più quotidiani e piacevoli, con una predilezione per i nudi femminili e le statue di bambini, adatte per l’arredo d’interni. Da quest’ambito nasce quella che venne definita “la Scuola di Milano”, figlia della rivoluzione realista di Vincenzo Vela. La naturalezza delle soluzioni e la raffinata lavorazione del marmo – apprezzato e riconosciuto a livello internazionale – rappresentano l’eccezionalità della scultura moderna. Si prenda come esempio la celebre Preghiera del mattino dell’iniziatore della scuola milanese.

Vincenzo Vela, La Preghiera del mattino, 1846, marmo

Osservandola dal vivo è possibile confermare la straordinaria maestria tecnica dell’autore. Fu oggetto di scandalo, venne vista dagli accademici dell’epoca come un’opera provocante e fastidiosa. Non si tratta né di un’eroina, né una ninfa e per questo interpretata come una fanciulla “ghiotta” che vuole provocare lo spettatore, presentandosi con la veste da notte e i piedi nudi (scrive Rovani). Vela evita appositamente l’idealizzazione. Ogni dettaglio è concreto, rifinito in ogni suo aspetto e tale realismo nega il compiacimento che si aspettava il pubblico accademico: infatti la pudicizia che desiderava comunicare l’artista svizzero (di Ligornetto) è ben sottolineato dalla presenza della croce al collo e dal libro di preghiere. Per la sua realizzazione, Vela prende a modello Le malinconie di Hayez.

Monumentomania: la costruzione dell’identità nazionale attraverso gli uomini e gli eroi
Il bisogno e la volontà di creare un’identità nazionale comunemente sentita passa attraverso un processo di celebrazione delle maggiori figure del Risorgimento, tramite la costruzione di un apparato monumentale. Il volto delle città viene, infatti, modificato attraverso l’omaggio a figure di spicco della cultura umanistica e scientifica, oltre che eternando, con grandi monumenti, gli eroi che contribuirono in vario modo a formare lo spirito d’unità. Eloquente esempio è il busto di Garibaldi, realizzato dal vero da Giovanni Spertini che ne riuscì a catturare il profondo temperamento che si concentra negli occhi incavati, ma vividi.

Giovanni Spertini, Ritratto di Giuseppe Garibaldi, 1875, gesso

Dissoluzione della forma: effetti pittorici e della luce dalla Scapigliatura a Medardo Rosso
Al contemporaneo sviluppo della Scuola di Milano, molti scultori si cimentano nell’evoluzione dello stile e della resa della forma plastica. Figura fondamentale di questo nuovo interesse è Giuseppe Grandi, originario del varesotto che, a Milano, entra a far parte del gruppo di artisti della Scapigliatura lombarda e diventa amico di Tranquillo Cremona e di Daniele Ranzoni, aderendo alle loro posizioni di rinnovamento antiaccademico e condividendone le ricerche luministiche. Dimenticando la levigatezza neoclassica e la nitidezza dell’arte romantica, cerca effetti di luminismo pittorico nella scultura elaborando la propria modellazione scultorea con forme vibranti e vivaci. A tali innovazioni si ispirerà Medardo Rosso che, tra fine Ottocento e primi decenni del Novecento, tenterà realmente di liberare la scultura dai propri limiti di massa, materia e volume chiuso, giungendo a rendere gli effetti di sfumato, luce e atmosfera propri del linguaggio pittorico.

Giuseppe Grandi, Il dolore per i caduti, 1883-87, gesso per il Monumento alla Cinque Giornate di Milano

Il vero e il simbolo: il realismo sociale e le inquietudini interiori all’alba del 900
L’ultimo tema della mostra riguarda il grande interesse per le tematiche sociali, evidenziate da un estremo realismo, che si affermano assieme all’incombere di un nuovo gusto simbolista, noto all’epoca sotto la denominazione di ‘ideismo’. Si tratta di una scultura spiritualista ed esoterica, caratterizzata da soggetti con anatomie esagerate e caricate, quasi a voler contraddire tutti i secoli di insegnamento accademico. Saranno proprio questi gli anni in cui si formerà un artista solitario come Adolfo Wildt, l’artista che scoprirà tutti i segreti dell’arte di lavorare il marmo, “materia, viva, sonora e splendida”.

Riccardo Ripamonti, Caino, 1894, bronzo e L’ultimo Spartaco, 1894, gesso patinato

La mostra è dunque un concentrato (ma intenso) viaggio nella Milano dei secoli scorsi, dove lo spettatore è chiamato a riflettere sullo sviluppo di gusti estetici, idee e sentimenti comuni che affluiscono nella storia dell’evoluzione della scultura, portavoce della città  anticipatrice dei fenomeni politici. “Quello che oggi pensa Milano, domani lo penserà l’Italia” (Gaetano Salvemini).

Info Galleria d’Arte Moderna di Milano
Via Palestro 16
martedì – domenica 9.00 – 17.30 (ultimo accesso 30 minuti prima dell’orario di chiusura)
lunedì chiuso.

FONTI

Visita e apprendimento diretto da parte dell’autrice

GAM


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