“Sole bruciato”: apriamo gli occhi sulla prostituzione

Dallo scoppio dello scandalo Weinstein la questione delle molestie sessuali è tornata alla ribalta. Le dichiarazioni delle vittime del produttore americano hanno spinto sempre più donne a parlare e denunciare. Vari giornali hanno lanciato iniziative di raccolta di testimonianze e tante sono state le voci solidali verso le vittime. Tuttavia tanti altri si sono scagliati contro di loro, ree di aver denunciato troppo tardi. Quindi accusate di essersi prostituite per far carriera. L’opinione pubblica è divisa. Perlomeno nel nostro paese dove Asia Argento, la prima accusatrice di Weinstein, è stata accusata mentre il resto del mondo ha solidarizzato con lei. Pensiero diffuso è che certe situazioni si possono evitare. Pregiudizio, questo, volto in genere alle donne vittime di violenza cosi come allo sfruttamento della prostituzione. Per capire quanto non sia vero è utile leggere una testimonianza diretta. Per esempio quella offerta da Sole Bruciato.

Il libro di Elvira Dones parla di ragazze albanesi portate in Italia per prostituirsi. A narrarci le loro vicende è la protagonista Leia. La ragazza attraversa l’Adriatico con il sogno i diventare stilista. Sogno che si spezzerà lungo le strade insieme ai progetti di studio e lavoro di tante altre ingannate da esseri senza scrupoli la cui crudeltà è stata risvegliata dal malessere sociale conseguente al crollo del regime.

Una difficile situazione sociale ed economica non può tuttavia giustificare l’aberrazione. Tale è infatti ciò che compiono questi trafficanti di esseri umani. Le vittime sono le donne. Questi carnefici sono sì vittime della situazione albanese ma ciò non può giustificarne la crudeltà. Hanno semplicemente scelto una facile strada per vincere la povertà. Non hanno remore nell’ingannare o nel rapire delle ragazzine, usarle e mercificarle per arricchirsi.

La Dones racconta in modo diretto di come le ragazzine vengano raggirate, talvolta addirittura con la complicità dei familiari e della paura che provano mentre vengono passate in rassegna, indicate come “merce di prima qualità “.

La narrazione è un colpo al cuore, a volte anche allo stomaco. Non vi sono sensazionalismi ma una necessaria crudezza. Tutto viene presentato com’è: gli stupri di gruppo, i ricatti, l’uccisione di familiari, i bambini in ostaggio.

Al lettore i fatti destano la stessa incredulità dei poliziotti quando Leia racconta tutto. Le domande sono quelle che si pongono in molti. Come “Perché non sei venuta spontaneamente tu che sembri la più coraggiosa?” .Le risposte sfatano falsi miti e aprono gli occhi.

Fino al ritorno a casa, diverso da com’era stato sognato come tutto il resto. Leia torna infatti morta. Le pagine più belle nella loro tristezza sono proprio queste, in cui sempre Leia descrive la consapevolezza dell’essere morta e di vedersi nella bara. Vede il proprio assassino piangere ma non costituirsi. E ancora la mancata possibilità di riscatto.

Proprio leggendo queste pagine coloro che giudicano senza conoscere dovrebbero fare un mea culpa.  Leggendo la storia di una ragazza tornata in patria morta e con la consapevolezza che non avrà giustizia. Perché come dice l’agente di polizia mentre fotografa il cadavere:

“No, niente di che hanno ammazzato  una puttana”

Qui si racchiude il pregiudizio e l’ulteriore sfregio ad esseri umani mercificati. Il lettore che penserà alla storia, alla persona dietro il corpo mercificato, guarderà con occhi diversi al fenomeno della prostituzione.


FONTI

Elvira Dones Sole bruciato, Feltrinelli, 2001

 

 

 

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