Da poco tempo è morto Salvatore Riina, il ‘capo dei capi‘: il boss mafioso appartenente a Cosa Nostra se n’è andato il 17 Novembre 2017 dopo 24 anni di 41 bis, il regime di carcere duro. Morto lui, scomparse le migliaia di verità su moltissime questioni dello Stato Italiano.
La “belva” della mafia sconfitta dalla morte.
Ma che cosa è la mafia? Perché una tale morte ha reso tristi molti cittadini e, anche se sembra brutto dirlo, ne ha resi felici molti altri?
Nel 1980 è il criminale Frank Coppola a rispondere a questa domanda:
“Signor giudice, tre magistrati vorrebbero oggi diventare procuratore della Repubblica. Uno è intelligentissimo, il secondo gode dell’appoggio dei partiti di governo, il terzo è un cretino ma proprio lui otterrà il posto. Questa è la mafia.”
Ma partiamo dalle basi.
La mafia è un’organizzazione criminale illegale ed è più malleabile, agile e pragmatica delle istituzioni e della società nel suo insieme; è nata dove lo Stato era assente.
Come affermava Falcone:
“La mafia non è un cancro proliferato per caso su un tessuto sano. Vive in perfetta simbiosi con la miriade di protettori, complici, informatori, debitori di ogni tipo, grandi e piccoli maestri cantori, gente intimidita o ricattata che appartiene a tutti gli strati della società”
E ancora:
“La mafia non è una società di servizi che opera a favore della collettività, bensì un’associazione di mutuo soccorso che agisce a spese della società civile e a vantaggio solo dei suoi membri.”
Tommaso Buscetta, mafioso pentito, nelle sue concessioni ha affermato:
“Nessuno troverà mai un elenco degli appartenenti a Cosa Nostra, né alcuna ricevuta dei versamenti delle quote. Il che non impedisce che le regole dell’organizzazione siano ferree e universalmente riconosciute”.
Di quali regole parla?
Sia lo stesso Buscetta, sia il ritrovamento di alcuni documenti nel covo del boss Salvatore Lo Piccolo nel 2007, ci aiutano a capire come dovrebbero essere i perfetti uomini d’onore.
Nel rito di iniziazione (sì, un vero e proprio rito con parole e gesti simbolici predefiniti) si elencano gli obblighi che devono essere rispettati dal neofita.
Non desiderare la donna di altri uomini d’onore e non sfruttare la prostituzione: regole che rispecchiano l’ambiente cattolico e conservatore della mafia. Prostituzione e gioco d’azzardo sono viste come attività infamanti nel mondo mafioso.
L’avere amanti invece accentua la poca professionalità del mafioso. L’unica donna veramente importante è sua moglie e le altre “sono tutte puttane”.
A queste regole si contrappone un ma: prostituzione, tradimento e gioco d’azzardo vengono comunque ammessi se fatti privatamente e non alla luce del sole (le prodezze sessuali segrete accrescono infatti il valore del mafioso).
Altri obblighi sono quelli di dimostrare un comportamento serio e corretto, non rubare, evitare la delazione alla polizia, non mettersi in contrasto con altri uomini d’onore.
Insomma, tutti obblighi ‘stimabili‘ e ‘dignitosi’.
Per entrare in una ‘famiglia’ bisogna avere anche determinate qualità: essere di sesso maschile, non avere nessun parente in magistratura e nelle forze dell’ordine ma è anche necessario saper uccidere.
Sia chiaro, però, che essendo comunque uomini d’onore non commettono azioni violente e crudeltà a cuor leggero e solo per il gusto di farlo. La morte è l’ultima scelta, viene compiuta solo nei riguardi di un gravissimo sgarro.
La mafia non uccide donne e bambini e quando uccide preferisce metodi che non attirino l’ attenzione.
“Ecco perché lo strangolamento si è affermato come la principale tecnica di omicidio in Cosa Nostra. Niente colpi di arma da fuoco, niente rumore. Nessuna ferita e quindi niente sangue. E, una volta strangolata, la vittima viene dissolta in un bidone di acido che si vuota in un pozzo in un canale di scolo, in un qualsiasi scarico”: affermava Falcone.
Già, la mafia non uccide gratuitamente e non uccide le donne: ditelo a Rosaria Pipitone, una delle 125, e più, donne uccise dalla mafia. Unica colpa? Trovarsi nel posto sbagliato, nel momento sbagliato.
Non uccide neanche i bambini: più di 105 minori sono stati vittima di criminali mafiosi; come il piccolo Giuseppe Di Matteo, sciolto nell’acido a soli 15 anni.
Ma questi sono solo piccoli incidenti di percorso: ricordiamoci che la mafia difende e protegge i piccoli negozianti dai ladri.
“Si chiedeva un <contributo> a un negoziante invocando, per esempio, la necessità per l’organizzazione di provvedere ai bisogni di chi stava in prigione. In cambio dei versamenti, un tempo molto meno diffusi di quanto si ritiene, la vittima dell’estorsione riceveva la garanzia effettiva da parte di Cosa Nostra che la sua bottega o la sua attività di artigiano sarebbero state protette”
afferma Falcone, commentando che:
“Oggi la tangente o l’estorsione si riducono spesso ad un semplice riconoscimento quasi soltanto formale dell’autorità di una famiglia su un determinato territorio, ma non garantiscono la protezione. Per il commerciante sono diventate una costo supplementare, aggiunto al normale rischio di rapine, furti e così via”.
Uno Stato che, con un esercito, delle istituzioni e dei fondi economici, combatte una vera e propria guerra contro la mafia, con tutte le morti e i feriti che una guerra comporta, perché non riesce a sconfiggere un’organizzazione criminale che, anche se ben strutturata e solida, è illegale?
Le parole dei pentiti Buscetta e Schiavone si trovano quasi in simbiosi: “non credo che lo Stato Italiano abbia veramente l’intenzione di combattere la mafia” afferma il primo, “noi eravamo il sistema, eravamo interni allo Stato” dice l’altro.
Singolare è infine il rapporto che l’uomo d’onore ha con l’organizzazione stessa e il pentito Antonino Calderone lo esprime in maniera esauriente raccontando l’incontro in ospedale con suo zio, un importante capomafia.
Nonostante non si possa parlare della mafia a chi non ne è membro, lo zio di Antonino infrange questa regola.
“Vedi quella rosa sul davanzale della finestra? È bella, molto bella, ma se la prendi, ti punge. Sapessi come è bello addormentarsi senza timore di essere svegliato brutalmente nel cuore della notte. E camminare per strada senza doversi continuamente voltare per paura di ricevere un colpo alla schiena”.
Antonino, ricordando questa conversazione nel 1987 davanti a Falcone, concluse: “sono d’accordo con quanto diceva mio zio”.
Questa è solo una piccolissima parte del mondo mafioso.
La morte è l’unica cosa certa per tutti, buoni o cattivi che siano non importa. Ma se dopo la morte non importa, ricordiamoci, almeno durante la nostra vita, di scegliere la parte giusta, la parte valorosa. Le altre cose lasciamole a chi non ha coscienza.
FONTI
Cose di Cosa Nostra – Giovanni Falcone in collaborazione con Marcelle Padovani- Fabri Editori
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