Una morale per tutti i mondi possibili

La Terra potrebbe non essere l’unico pianeta in grado di ospitare forme di vita. Non è una novità. Quello della pluralità dei mondi è un tema che ha affascinato alcune delle menti più brillanti di sempre, da Talete a Lucrezio, da Giordano Bruno a Kant, da Leopardi a Whewell. Christiaan Huygens la metteva giù così:

“Come è possibile escludere […] che, similmente al nostro Globo, gli altri [pianeti] siano provvisti di opportuni ornamenti, e persino di abitanti? […] Ciò che mi spinge soprattutto a credere all’esistenza di abitanti dei pianeti dotati di ragione è […] sapere che la nostra Terra avrebbe un vantaggio troppo grande e una nobiltà anch’essa troppo grande rispetto agli altri pianeti se unicamente possedesse un animale che supera tutti gli altri.”

Già, come escluderlo? Fin da queste considerazioni si può vedere quanto le implicazioni di questo tema siano profonde e a volte inaspettate. Lo stesso Huygens credeva che la questione della pluralità dei mondi e dei suoi eventuali abitanti non fosse solo un ozio da gabinetto (scientifico o meno), ma che potesse in qualche modo gettare luce sulla conoscenza della Terra e dei suoi abitanti. Un esempio? Eccolo, sempre da Huygens:

“Su Giove o su Marte si considererebbe ingiusto o criminale quello che da noi è giudicato giusto ed encomiabile? Ciò non è, di certo, verosimile, e neppure possibile.”

In tal senso, una considerazione sorge allora spontanea: esiste una morale davvero universale, adatta tanto agli uomini quanto agli abitanti di altre galassie? Come dovremmo trattare questi eventuali abitanti di pianeti lontani? Come dovremmo esser trattati noi da loro?

Ritratto di Christiaan Huygens, olio su tela, XVII sec.

Ci sono vari modi di impostare la questione. Uno di questi si richiama esplicitamente a James Rachels e al suo individualismo morale. L’idea è che

“Il modo in cui un individuo può essere trattato si determini considerando non la sua appartenenza di gruppo, ma le sue particolari caratteristiche. […] Non è ragionevolmente possibile tracciare delle distinzioni sul piano etico quando non ne esistono sul piano fattuale.”

Quindi, primo passo: capire che tipo di caratteristiche avrebbero questi individui interstellari. È interessante notare che questa visione dell’etica si basa su qualcosa di molto semplice, ossia il tradizionale assunto aristotelico secondo cui casi simili andrebbero trattati in modo simile. Una riformulazione di questo principio potrebbe essere allora la seguente:

“Gli individui vanno trattati nello stesso modo a meno che non vi sia tra di essi una differenza rilevante che giustifichi una differenza di trattamento.”

Dunque, secondo passo: capire quando una differenza di trattamento è rilevante. Se non doveste essere ammessi ad un concorso per la cattedra di sodomocinesica in virtù solamente della vostra fede calcistica, sareste un tantino contrariati. E giustamente. Cosa c’entra il calcio con la sodomocinesica? Niente.

Ma è proprio questo il punto: una discriminazione, di qualunque tipo, dev’essere giustificata. Dev’essere insomma rilevante rispetto al trattamento in questione. La fede sportiva non è verosimilmente una buona ragione per essere esclusi da un concorso universitario. Così come non lo sarebbero forse nemmeno il sesso o l’etnia. Magari il curriculum o il punteggio ottenuto nelle prove sì.

Il punto è che non c’è una singola grande differenza in grado di giustificare qualsiasi trattamento. Nemmeno la razionalità. Il fatto che gli animali abbiano delle presunte differenze quanto a questa capacità è forse rilevante rispetto al macellarli o usarli come cavie da laboratorio? Forse no. E non sarebbe più corretto prendere in considerazione la loro capacità di soffrire e di manifestare preferenze? Forse sì.

Potremmo allora proporre con Rachels una sorta di test per individuare le differenze rilevanti:

“Se si ritiene lecito trattare A, ma non in B, in un certo modo, la prima cosa da fare è domandarsi perché B non possa essere trattato in quel modo, Le ragioni avanzate menzioneranno certe capacità di B. Se A e B sono diversi nel senso che A è privo di tali capacità, ci troviamo di fronte a differenze rilevanti.”

In caso contrario, le differenze non sono rilevanti. Come nei cieli così in terra.


FONTI

Giulio Giorello, Elio Sindoni, Un mondo di mondi. Alla ricerca della vita intelligente nell’Universo, Raffaello Cortina, Milano 2016

James Rachels, Creati dagli animali. Implicazioni morali del darwinismo, Edizioni di Comunità, Milano 1996

Umberto Eco, Il secondo diario minimo, Bompiani, Milano 1992

CREDITS

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