Behind the camera #1 – “Dunkirk”

L’ultimo kolossal firmato da Christopher Nolan e ambientato durante l’evacuazione delle forze franco-britanniche nel 1939 ha letteralmente diviso la critica: per alcuni il film è risultato “troppo lento“, per altri “poco realistico“, per altri ancora “privo di scene di vera azione“.
Nonostante quanto si dica, Dunkirk nasconde mesi e mesi di duro lavoro sia a livello sonoro sia visivo, finalizzati al portare sul grande schermo uno dei momenti più drammatici della Seconda Guerra Mondiale.

Limitando al massimo l’uso della amata/odiata CGI (la base di tutti gli effetti speciali digitali), Nolan ha preferito sfruttare a pieno il realismo cinematografico, utilizzando veri aerei, navi e modelli in scala.
Innanzitutto si può dire che Dunkirk si svolge su tre fronti differenti: a terra, in mare e in aria, frangenti in cui si sviluppano tre storie apparentemente slegate tra loro, ma destinate a compenetrarsi. Le riprese si sono svolte quasi esclusivamente a Dunkerque in Francia, teatro della reale evacuazione.
Le scene a terra sono state piuttosto semplici da realizzare ma risultano efficaci: le persone in carne ed ossa ad essere inquadrate non sono mai più di trenta, mentre il resto dell’imponente esercito inglese è composto da manichini e sagome di cartone, lo stesso vale per i veicoli terrestri.

Per quanto riguarda le scene in mare aperto, Nolan ha aperto un museo e utilizzato alcune barche d’epoca che hanno realmente partecipato all’evacuazione nel ’39, in modo da incrementare ulteriormente il realismo storico.  Le navi più grandi, come il dragamine e le navi ospedale sono rese da un unico vascello, un cacciatorpediniere della Marina francese camuffato da incrociatore inglese. Per realizzare gli affondamenti sono stati sfruttati modelli in scala creati apposta in  cantiere.

La parte forse più interessante e difficoltosa riguarda gli scontri aerei, Incredibilmente infatti, tutte le scene aeree sono realizzate ad almeno trecento metri da terra con una tecnica geniale quanto rivoluzionaria: una telecamera IMAX montata su piccoli aerei YAK biposto.
Gli YAK sono aerei d’addestramento studiati appositamente per ospitare un pilota esperto e un copilota principiante, affinché questi si abitui alle manovre più complesse una volta uscito dal simulatore. Nolan ha utilizzato ben due di questi esemplari, mascherandoli da aerei Supermarine Spitfire inglesi e ponendo i timoni nella cabina anteriore o posteriore a seconda delle scene girate. Una telecamera IMAX è stata montata sull’ala sinistra di ciascuno dei due esemplari per permettere le riprese nel cockpit dei veicoli e soprattutto i primi piani degli attori. In sintesi: quando noi vediamo Tom Hardy eseguire manovre strette sul suo aereo, in realtà è il copilota (non inquadrato) ad effettuarle. Queste evoluzioni non rendono la vita facile a nessun velivolo, specialmente se dotato di una macchina da presa come la IMAX, che pesa diversi chili. Secondo il direttore della fotografia, Nolan avrebbe addirittura perso una di queste preziose telecamere nell’oceano, che è stata a fatica recuperata e non abbandonata proprio a causa del costo elevato dell’attrezzatura.

D’altronde, un regista fautore di Batman, Inception e Interstellar non può limitarsi a riprendere le scene migliori seduto comodamente su una poltrona.
La scelta di usare aerei camuffati per i dogfight è arrivata dopo un sonoro “NO” alla richiesta di utilizzare veri Spitfire d’epoca per le riprese. Nolan si è dovuto accontentare di noleggiare un solo caccia tedesco Messerschmitt Bf 109 anziché due, in quanto il secondo ha subito un guasto il primo giorno. Per sostituire i modelli mancanti sono stati sfruttati velivoli radiocomandati in scala di un Heinkel 111 e diversi aerei d’attacco Stuka, tutti dipinti in modo impeccabile e rigorosamente schiantatisi nella Manica, per caso o di proposito.
Con un totale di otto modellini inabissati, Nolan ha infine dichiarato terminate le riprese e conclusa questa avventura, non senza difficoltà.

Per la colonna sonora si è nuovamente rivolto ad Hans Zimmer dopo l’eccellente lavoro svolto con Interstellar. L’impronta di Zimmer è chiaramente udibile nelle tracce di tutto il film, con un costante crescendo emotivo e strumentale che porta con sé la sensazione di un’attesa snervante, che conduce gli spettatori ad immedesimarsi con i soldati alleati, al freddo e alla mercé dei bombardieri tedeschi.

Il lavoro celato dietro un titolo come Dunkirk è davvero enorme e creativo; il limitatissimo uso di CGI lo rende senza ombra di dubbio uno dei migliori film di guerra degli ultimi anni, al pari forse di altri titoli privi di effetti speciali come Salvate il Soldato Ryan.

CREDITI

Copertina (sito originale American Cinematographer)

Immagine1

Immagine2

 

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.