Il ‘900 russo fu per la poesia un’età d’oro, o per usare le parole della critica letteraria, il secolo d’argento. In questa serie di articoli ci occuperemo di alcuni dei principali esponenti di questo periodo particolarmente prolifico per la poesia: Aleksandr Blok, Anna Achmatova, Vladimir Majakovskij, Marina Cvetaeva, Osip Mandel’štam, Boris Pasternak.
Vladimir Vladimirovič Majakovskij nasce nel 1893 in Georgia e muore in giovane età dopo una breve vita travagliata nel 1930 a Mosca. Aderisce fin da subito al movimento futurista, in particolare al gruppo Gileja, di cui firma il manifesto-programma, e si distingue in breve tempo grazie alla sua personalità forte ed eccentrica.
Egli manifesta anche un grande entusiasmo per la rivoluzione, che accoglie in tutti i suoi aspetti: trasforma presto in arte questa passione politica, scrivendo testi poetici di grande impatto, testi ideologici e di propaganda e componendo marce. I testi più significativi che egli scrisse a tal proposito sono quasi tutti raccolti nella silloge Per la voce, tredici testi pensati per essere letti ad alta voce. Queste poesie conobbero particolare fortuna anche grazie alla veste grafica ideata da Lisitskij, che utilizzava la stampa a due colori e forme geometriche, che ben si adattano alla forza espressa dalle parole di Majakovskij. Di seguito si riporta una di queste poesie ed alcuni esempi delle illustrazioni di Lisitskij.
La nostra marcia
Battete sulle piazze il calpestio delle rivolte
In alto, catena di teste superbe!
Con la piena del secondo diluvio
laveremo le città dei mondi.Il toro dei giorni è screziato.
Lento è il carro degli anni.
La corsa il nostro dio.
Il cuore il nostro tamburo.Che c’è di più divino del nostro oro?
Ci pungerà la vespa d’un proiettile?
Nostra arma sono le nostre canzoni.
Nostro oro sono le voci squillanti.Prato, distenditi verde,
tappezza il fondo dei giorni.
Arcobaleno, da’ un arco
ai veloci corsieri degli anni.Vedete, il cielo ha noia delle stelle!
Da soli intessiamo i nostri canti.
E tu, Orsa maggiore, pretendi
che vivi ci assumano in cielo!Canta! Bevi le gioie!
Primavera ricolma le vene.
Cuore, rulla come un tamburo!
Il nostro petto è rame di timballi.
Majakovskij, uomo dal carattere forte e deciso, non si entusiasmò solo per la rivoluzione, ma anche, ovviamente, per una donna. Egli ebbe più di una donna, ma si dice che il suo grande amore fosse una donna sposata (Lilija Brik), di cui conosceva benissimo anche il marito. Essa, tuttavia, non abbandonò mai il marito per il poeta e Majakovksij, anche a causa di questa disavventura a livello personale, finì per togliersi la vita. Nell’ultimo periodo Majakovskij era oppresso su tutti i fronti: i suoi colleghi in campo artistico gli mostravano una aperta ostilità, le delusioni in amore continuavano a sommarsi ed egli era esaurito a causa del troppo lavoro. Prima di spegnersi compose questi versi, che costituiscono il suo testamento letterario:
A tutti. Se muoio non incolpate nessuno. E per favore, niente pettegolezzi: il defunto non li poteva sopportare. Mamma, sorelle compagni, perdonatemi. Non è una soluzione (non la consiglio a nessuno), ma io non ho altra scelta. Lilja, amami. Compagno governo, la mia famiglia è Lilja Brik, mia madre e le mie sorelle e Veronika Vitol’dnovna Polonskaja. Se agirai affinché abbiano un’esistenza decorosa ti sarò riconoscente. I versi qui iniziati dateli ai Brik, loro sapranno che farne. Come si dice,
l’incidente è chiuso:
La barca dell’amore si è spezzata contro gli scogli banali della quotidianità.
La vita e io siamo pari,
inutile elencare
offese,
dolori,
torti reciproci.
Voi che restate siate felici.
Silvana de Vidovich, Letteratura russa, Avallardi, Milano, 2011
Vladimir Majakovslij, Per la voce. La vita felice, Milano, 2012