Tempo di Libri: intervista a Maurizio Ferraris

A Milano s’è appena conclusa Tempo di Libri, fiera internazionale dell’editoria che quest’anno, alla sua seconda edizione, ha ospitato la bellezza di 850 eventi, per un totale di 425 espositori e quasi 100.000 spettatori.

Sabato scorso ci siamo sentiti in dovere di dare un contributo a quei quasi 100.000. Un po’ perché pioveva (tempo di libri, per l’appunto) e un po’ perché avevamo promesso a Mimemis di dare una mano con l’organizzazione di un evento. Nella fattispecie, un dialogo tra Alain Badiou e Maurizio Ferraris, filosofi di spessore internazionale.

Trattandosi di un dialogo filosofico, l’evento non poteva esimersi dall’avere un nome modesto e misurato, quale solo un titolo a tre maiuscole può vantare: “Essere, Evento e Verità”. Ma modestia a parte, c’era un altro motivo dietro al nome e alla nostra presenza, ovvero la presentazione de L’essere e l’evento.

Alain Badiou, L’essere e l’evento, Mimesis Edizioni, 2018

Opera magna del sopracitato Alain Badiou, L’essere e l’evento è fresco fresco di una nuova traduzione italiana targata Mimesis Edizioni. Dunque l’essere, dunque l’evento. E poi la verità, che in questi casi non guasta mai, specie se ha la faccia tosta di presentarsi con la V maiuscola.

Siccome non ne avevamo abbastanza, dopo l’evento abbiamo pensato bene di portare ai tempi supplementari la chiaccherata filosofica. I diretti interessati, inutile dirlo, non si sono fatti pregare. A partire da Maurizio Ferraris, del quale vi proponiamo l’intervista.

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Maurizio Ferraris durante l’evento a Tempo di Libri

Professore, sono passati esattamente trent’anni dalla prima edizione francese de “L’essere e l’evento” di Alain Badiou. Cosa di quest’opera è sorpassato e cosa invece è ancora attuale?

È sempre brutto fare “cosa è vivo e cosa è morto” di un’opera filosofica, però sicuramente il concetto di evento è ancora perfettamente vivo. Forse il piglio, il tono, lo stile, più che morto, sembra legato ad un’epoca della filosofia che non è più la nostra. Ma questo è semplicemente come quando vedi un abito di trent’anni fa: ti piace magari ma vedi che ci sono delle cose che non fanno più parte del nostro modo di vestire.

 

Eventi come Tempo di Libri sembrano testimoniare un certo bisogno di cultura e di filosofia tra il grande pubblico. Per dirla allora con Umberto Eco: perché questo bisogno di Platone?

Perché intanto c’è una alfabetizzazione diffusa e incredibilmente superiore anche solo a cinquant’anni fa. Cioè noi non ci rendiamo conto che l’Italia era composta un secolo fa principalmente da analfabeti, mentre adesso è composta principalmente non solo da lettori, ma soprattutto da scrittori. Il numero di persone che hanno pubblicato dei libri, o che banalmente pubblicano dei post o si scrivono dei messaggi è infinitamente più vasto che in qualunque altra epoca. Per cui anche questa questione che si legge poco o non si legge abbastanza è complicata, perché sicuramente non tutti leggono dei libri, però il consumo culturale è straordinariamente più ampio. In fondo che cosa poteva offrire un paese cent’anni fa? C’erano la messa, i pupi, gli artisti di strada. Poco più.

 

Ora c’è Zettel invece.

Al posto dei pupi c’è Zettel, però poi ci sono tante altre cose. Perché produrre e diffondere cultura è facile ed economico. Tutto quanto viene registrato, anche quello che stiamo facendo. Adesso, non voglio dire che stiamo facendo un evento filosofico fortissimo in questo momento, però per esempio facciamo conoscere a chi eventualmente ci legge che esiste un filosofo, che si chiama Badiou e che ha scritto dei libri. E questo cambia radicalmente la percezione che si ha del mondo.

 

Il titolo del Suo dialogo con Alain Badiou è stato “Essere, evento e verità”. A proposito di quest’ultima, secondo alcuni la nostra sarebbe l’epoca della post-verità, ossia quell’epoca in cui l’oggettività dei fatti risulterebbe meno influente rispetto all’appello alle emozioni e alle credenze personali. Cosa ne pensa Lei: è d’accordo? Se sì, in che senso si può parlare di verità oggi?

C’è un senso in cui la nostra è l’epoca della post-verità. In quanto, proprio per questa maggiore circolazione delle idee di cui parlavamo poco fa, non è mica detto che tutte le idee siano vere. Anzi, le idee sono quasi tutte sbagliate. Ma questa non è una cosa nuova. In fondo già Bacone diceva: tu entri in una biblioteca e sai che quasi tutto ciò che vi è scritto è sbagliato. Facciamoci caso. Nel momento in cui le persone pensano con la loro testa ed esprimono le loro opinioni, è facilissimo che siano delle opinioni sbagliate. Quindi non è che di colpo abbiamo scoperto la convenienza della menzogna – si è sempre saputo che mentire può essere conveniente. Piuttosto la post-verità deriva dal fatto che c’è la possibilità di esprimersi ovunque e comunque. Che da una parte è bene, dall’altra aumenta moltissimo la possibilità di dire delle cose false. Qualcuno ha detto che la prima post-verità, o una delle più importanti, è stata la Donazione di Costantino. Ma non credo, perché chi ha fatto la Donazione di Costantino sapeva di fabbricare un falso. Chi dice invece che i vaccini provocano l’autismo, ritiene di affermare una verità.

 

E la filosofia cosa può dire o fare a questo proposito?

Intanto può fare la verità, come diceva Agostino. C’è un passaggio molto bello nelle Confessioni in cui lui, che già da dieci libri si sta confessando, dice: ma perché mi confesso a Dio, che sa tutto? Effettivamente è un po’ da stupidi confessarsi a un onnisciente, che quindi sa di te più di quanto tu ne sappia. Ma poi si risponde: perché io voglio fare la verità, cioè voglio affermarla non soltanto nel mio cuore, ma anche per iscritto e di fronte a molti testimoni. Quindi se uno dispone della verità – che in filosofia è tutt’altro che garantito – è bene che la esponga. Non basta disporre: bisogna esporre.

 

Alla luce anche di quanto appena detto, in che stato si trova la filosofia oggi? Quale può essere la sua utilità – se di utilità si può parlare?

Credo che si possa parlare di utilità della filosofia oggi. Credo che raramente la filosofia si sia trovata così bene come in questo momento. Perché essendo la nostra una società complessa e in continuo cambiamento, gli specialismi sono destinati ad essere o superati o limitati nello spazio della loro operatività. Quindi è necessario che ci sia qualcuno che abbia l’impudenza di parlare in generale. Questa è stata spesso l’aspirazione dei filosofi, e credo che oggi possa avere un’utilità. Siamo stati troppo legati, nel secolo scorso, all’idea che le verità le avessero gli specialisti e che quindi i tuttologi non servissero a niente. Invece servono, e siamo qui a dimostrarlo – speriamo.

 

Uno dei Suoi ultimi libri s’intitola “L’imbecillità è una cosa seria”. Può spiegarci perché l’imbecillità sarebbe una cosa seria?

Perché è una cosa di cui si ride, ma è una tragedia. Nel senso che la maggior parte delle nostre disgrazie deriva dall’imbecillità, nostra o altrui. Quindi c’è il tentativo di rammentare che è una cosa seria ed è propria dell’uomo. L’essere umano ha la caratteristica di poter essere imbecille. Mentre dire che un gatto o un topo sono imbecilli chiaramente non ha senso.

 

Per chiudere, una commento sull’attualità. Alla luce anche delle elezioni americane prima e delle italiane poi – che hanno visto un netto spostamento verso destra dell’opinione pubblica – può dirci cosa sta succedendo? Temi quali la libertà, l’uguaglianza, la tolleranza, i diritti, interessano sempre meno?

È stato un voto popolare, ha cioè espresso il volere del popolo. Per motivi che mi sfuggono si è sempre pensato che il popolo fosse di sinistra, mentre è evidente che è di destra. Però sarebbe giocare scorretto dire: ah, allora è tutto sbagliato! Se questo è quello che il popolo vuole, allora il 4 marzo in Italia è stato un momento in cui il popolo ha avuto potere, molto più potere di quanto ne potesse avere al tempo del PC o della DC, che organizzavano le masse e gli facevano fare quello che volevano loro.


FONTI

Milano – La Repubblica

Alain Badiou, L’essere e l’evento, Mimesis Edizioni, 2018

CREDITS

Immagine di copertina by Marina Polese

Immagine 2

Immagine 3 by Marina Polese

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