Medioevo svelato: a Bologna più di 300 reperti per raccontare la storia dell’Emilia Romagna

Dal 17 febbraio al 17 giugno sarà allestita a Bologna la mostra intitolata Medioevo svelato: storie dell’Emilia Romagna attraverso l’archeologia. Per l’occasione è stato concesso lo spazio del Lapidario del Museo civico Medievale della città.

La mostra, promossa tra le tante dalla Soprintendenza Archeologica di Bologna e provincia, dall’Istituzione Bologna Musei e dai Musei Civici di Arte Antica, offre al pubblico un panorama storico artistico di Bologna e del territorio limitrofo: dalla tarda antichità (IV-V secolo) fino al primo Medioevo (inizi del Trecento). Nel corso di questo ampio arco temporale, si sottolinea come la produzione presente sia specchio di civiltà differenti che si sono susseguite.

Entrando nel dettaglio, la mostra si propone di affrontare l’evoluzione degli insediamenti rurali e il potere dei ceti dirigenti che si manifesta, tra le varie modalità, attraverso il rito funebre. Dall’efficienza degli empori commerciali emergenti, come Comacchio (FE), si giunge quindi alla riorganizzazione delle campagne, osservando villaggi, castelli, borghi franchi, pievi e monasteri.

Tutto ciò viene illustrato in più di 300 reperti, disposti in sei sezioni dai curatori Sauro Gelichi, professore di archeologia medievale presso l’università Ca’ Foscari di Venezia, e Luigi Malnati, soprintendente di Archeologia, Belle Arti e Paesaggio per la città metropolitana di Bologna e le Province di Modena, Reggio Emilia e Ferrara.

La prima sezione affronta il tema della Trasformazione delle città. Come ben si evince dal titolo assegnatole, questa prima area conduce lo spettatore attraverso le modalità e le caratteristiche socio- economiche che hanno influenzato la mutazione dei centri di antica fondazione. Oggetti simbolo, in questo caso, sono i tesori: custodi di un valore accantonato momentaneamente dal proprietario in attesa di un futuro recupero.

Corno potorio in vetro di età longobarda, proveniente da Spilamberto (MO), VII secolo.

La seconda sezione si concentra sulla Fine delle ville, ossia l’insediamento rurale di tipo sparso che, già presente nel VI-VII secolo, risulta qui fortemente ridimensionato ma mantiene comunque la sua presenza in alcuni settori dell’Emilia. Nel corso dell’età tardo antica, questo fenomeno è persino in ascesa, grazie all’utilizzo degli spazi per esigenze funerarie e produttive.

Si prosegue verso la terza sezione, intitolata Nuove genti, nuove culture, nuovi paesaggi: un’analisi dei grandi mutamenti del tempo e l’ideologia funeraria del VI-VII secolo. Si sottolinea la forte differenziazione, in questo ambito, nei territori soggetti ai Longobardi e in quelli soggetti ai Bizantini; i rituali di morte dei primi sono strettamente connessi con i modi di trasmissione del potere nelle società dei vivi. I reperti in questa sezione sono stati selezionati principalmente nei territori di Parma e Piacenza e, tra i tanti, sono ospitati gli straordinari corredi del sepolcreto di Spilamberto (MO).

I manufatti ritrovati nelle sepolture, contraddistinti da notevole sfarzo, si differenziano radicalmente da ciò che è esposto nella quarta sezione intitolata Città ed empori nell’alto Medioevo: materiali recuperati da contesti urbani regionali come Parma, Rimini e Ravenna. Nell’VIII secolo spicca in particolar modo Comacchio, come luogo di grande valore economico-commerciale, ed essendo centro lagunare aperto, l’acqua assume un ruolo fondamentale per trasporto merci e via di comunicazione.

La quinta sezione Villaggi, castelli, chiese e monasteri: la riorganizzazione del tessuto insediativo, tratta di come, tra l’VIII e il XIII secolo, si siano evidenziate nuove forme di insediamento. Tra le molte degne di attenzione possiamo citare: il castello di Canossa, il villaggio di pianura di Fraore, villaggio fortificato di S. Agata Bolognese, il borgo franco di Castelfranco e il monastero di Bobbio.

Si giunge quindi al termine della mostra con l’ultima sezione, la sesta, Dopo il Mille: la rinascita delle città. A conclusione del percorso espositivo, si ritorna al tema dell’evoluzione dei centri urbani nella nuova fase di età comunale. Si espongono oggetti in legno appartenenti alla città di Ferrara, di straordinario valore perché ben conservati nonostante l’alto tasso di deperibilità. Sono qui presenti oggetti anche appartenenti alle città di Rimini e Ravenna, e ovviamente Bologna, con la sua più antica croce viaria lapidea risalente al 1143.

Sempre a Bologna inoltre sono stati rinvenuti, dall’ex Sala Borsa e dalla Chiesa di San Giacomo Maggiore, piatti in maiolica databili ai primi anni del XIV secolo. In uno di questi è presente frate Simone, la cui enigmatica figura è probabilmente identificabile con l’omonimo sindaco del convento di San Giacomo.

L’esposizione sarà accompagnata da un catalogo scientifico a cura di Sauro Gelichi, Massimo Medica e Cinzia Cavallari.

La mostra è quindi visitabile dal 17 febbraio al 17 giugno 2018 presso il Museo Civico Medievale di Bologna in via Manzoni 4, dal martedì al venerdì dalle 9.00 alle 18.30, sabato, domenica e festivi dalle 10.00 alle 18.30. Lunedì chiuso. L’ingresso è disponibile a 5 € per il biglietto intero e 3 € per quello ridotto.



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