Voltaire contro l’intolleranza religiosa – II parte

LA MOBILITAZIONE NELL’AFFAIRE CALAS

 

La morte del commerciante Jean Calas, o come meglio la definisce Voltaire, il suo “assassinio […] compiuto a Tolosa il 9 marzo 1762 con la spada della giustizia”, fu “uno dei fatti più singolari che siano accaduti, degno dell’attenzione nostra e dei posteri”. Proprio con il resoconto di questo avvenimento si apre il Trattato sulla tolleranza: “un innocente padre di famiglia viene consegnato nelle mani dell’errore, della passione o del fanatismo”, comunque lo si voglia chiamare, con l’accusa di aver ucciso il figlio maggiore Marc-Antoine Calas, di ventotto anni.

Il 13 ottobre 1761 il ragazzo viene rinvenuto presso il magazzino paterno “in camicia, impiccato a una porta, e il suo vestito piegato sul banco; la camicia non era per nulla stropicciata, i capelli erano ben pettinati: non aveva sul corpo nessuna ferita, nessun livido”.

Nel suo rapporto Voltaire insite sui particolari di compostezza della scena, del corpo e delle vesti del defunto e dei suoi famigliari per dare conto dell’insensatezza dell’arresto di questi ultimi: le prove confutavano palesemente l’ipotesi di un atto di prevaricazione su un giovane prestante. Fin da subito, invece, il filosofo avanza la tesi del suicidio dettato dallo stato di depressione di Marc-Antoine, incapace di realizzarsi lavorativamente e oppresso dai debiti di gioco.

Il ritrovamento del corpo di Marc-Antoine

Il padre per primo aveva confutato questa eventualità, ma il buon senso suggeriva che il suo rifiuto fosse dovuto a un senso di pudore, piuttosto che a una convinzione, dato che una simile violenza contro se stessi era all’epoca considerata un disonore. Purtroppo però venne istituito un processo frettoloso e irregolare, nel quale si perseguì, più che la ricerca della verità, la soddisfazione dei calunniosi sospetti diffusi fra la folla, fomentata dal clima di fanatismo e intolleranza religiosa che regnava in città. Fu così che da questa massa bigotta e rancorosa nacque un grido che, “ripetuto, divenne in un momento la voce di tutti”: era stato Jean Calas a assassinare il figlio.

A “un popolo superstizioso e impulsivo”, che guardava come mostri i fratelli che non erano della stessa religione, sembrava ovvio che un padre protestante non potesse trovare altre soluzioni davanti alla decisione del figlio di convertirsi al cattolicesimo. Nessuno verificò che tale mutamento di professione di fede fosse veritiero: “la religione tradita sostituiva le prove”. L’”immaginazione popolare”, sollecitata dall’approssimarsi dell’anniversario del massacro di quattromila ugonotti avvenuto cent’anni prima, determinò al contrario l’innalzamento di Marc-Antoine allo status di santo, con tanto di miracoli all’attivo. Inoltre “si diceva pubblicamente che il patibolo sul quale avrebbero pestato i Calas sarebbe stato il più grande ornamento della festa; si diceva che la Provvidenza portava essa stessa queste vittime per essere sacrificate” al cattolicesimo.

Il peso dell’opinione pubblica divenne tanto stringente che fu impossibile per i difensori di Jean Calas compiere il proprio dovere: la condanna era inevitabile. Tuttavia la morbosità generale rimase delusa quando il vecchio commerciante, morendo sulla ruota, non confessò la colpa sua e dei suoi complici, ma “chiamò Dio a testimone della sua innocenza e lo scongiurò di perdonare ai suoi giudici”.

Ritratto di Jean Calas

Nel suo trattato Voltaire mise in evidenza l’insensatezza e l’incoerenza delle condanne. Se il sessantottenne Jean fosse stato l’assassino, allora, data la sua debolezza, si sarebbe dovuto avvalere dell’aiuto di qualcun altro. Questi non poteva che essere uno dei famigliari, ma non c’erano state né urla né altri segni aggressione. Inoltre, se tutti loro fossero stati colpevoli, unanime avrebbe dovuto essere la loro punizione. Non fu così. Forse per salvare il proprio onore di fronte alla mitezza dimostrata da Jean Calas anche in punto di morte, che smentiva il movente del fanatismo, i giudici non destinarono al patibolo il resto della famiglia. Semplicemente i figli furono sottratti alla madre, con la specifica messa al bando del secondogenito.

Proprio l’impegno pubblico di Voltaire, che a Ginevra aveva conosciuto l’esiliato Pietro, permise alla famiglia Calas di portare il loro caso all’attenzione del re Luigi XV e ottenere la revisione del processo: il 9 marzo 1765 il nome di Jean Calas venne riabilitato.

 

 

FONTI

Voltaire, Trattato sulla tolleranza, Giunti, Firenze, 2007

Traité sur la tolérance, Voltaire

Affaire Calas

Broken on the Wheel 

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