Oksana fondatrice di Femen, ha vissuto una vita senza mezzi termini, rifiutando i compromessi, ribellandosi costantemente all’idea di adattamento per quieto vivere. Così come la sua vita anche la sua morte è stata un gesto estremo, non causato dal destino ma dalla sua volontà.
Sul perché il 23 luglio nei pressi di Parigi la 31enne attivista, femminista e artista Oksana Shachko si sia tolta la vita si possono solo avanzare ipotesi, ma non pretendere di possedere una verità. Quella è morta con lei. E come non si può dare una spiegazione certa, altrettanto bisognerebbe astenersi dal giudicare, come invece hanno fatto in molti dopo la sua morte.
Quella di Oksana è stata una scelta radicale che si può tentare di comprendere solo provando a conoscere meglio il suo percorso di vita e le sue lotte.
L’artista crebbe in un’Ucraina povera e in crisi a seguito dello sgretolamento dell’Unione Sovietica, in una società ancora profondamente maschilista. Fin da piccola mostrò un grande talento artistico che le permise di accedere ad una scuola d’arte rinomata per la pittura di icone ortodosse. Evidentemente già mossa da un carattere deciso e da uno spirito di ricerca di un senso più profondo da dare alla propria vita decide, sull’onda di questa passione, di farsi suora. Dissuasa dalla famiglia si dedica allora allo studio della filosofia e si sensibilizza sempre più alle lotte in difesa dei diritti delle donne e della libertà d’espressione. Come nel suo carattere, vive anche questa nuova passione in modo radicale divenendo attivista militante e fondando nel 2008, insieme ad Hanna Hucol e Oleksandra Ševčenko, il movimento femminista Femen. Il gruppo diventa ben presto famoso internazionalmente soprattutto dopo l’agosto del 2009 quando Oksana, al fine di attirare l’attenzione mediatica sui problemi da loro denunciati, manifesta a Kiev in topless; l’azione verrà in seguito imitata da gruppi femministi in tutto il mondo. Ma Oksana non è solamente all’origine del gesto che è diventato il simbolo del movimento, ma anche di tutto “l’apparato estetico” di Femen: la corona di fiori in testa e il braccio sollevato in segno di lotta. In un’intervista l’attivista ha dichiarato di essersi ispirata al celebre dipinto di Delacroix La Libertà che guida il popolo, in cui una donna a petto nudo e braccio alzato conduce un gruppo di rivoluzionari.
Femen allargò poi la propria lotta ad ogni forma di dominazione, inimicandosi in tal modo sia il proprio governo che il presidente russo Vladimir Putin, da loro accusato di essere un dittatore rieletto solo grazie a brogli elettorali.
Per due volte Oksana venne fatta prigioniera e torturata. L’attivista dichiarò di essere stata portata in un bosco, obbligata a spogliarsi, ricoperta di benzina e minacciata di appiccarle fuoco. A seguito di questi eventi e ripetute intimidazioni da parte del governo le leader di Femen decidono nel 2013 di chiedere asilo politico in Francia, che gli venne concesso.
A Parigi fondano un nuovo centro per il movimento Femen in difesa dei diritti delle donne. Nel 2014, a seguito di disaccordi con le compagne di lotta, Oksana decide di abbandonare il gruppo e dedicarsi unicamente all’arte, entrando nel 2017 alla prestigiosa École nationale supérieure des beaux-arts.
Secondo Oksana il movimento era diventato troppo “fashion” e accusava le compagne di esporsi a fini personali, per mettere in luce la propria persona. Mentre Oksana ha sempre creduto in una rivolta anonima, più in linea con quella del gruppo russo delle Pussy Riot.
L’ultimo messaggio su Instagram lasciato dalla giovane artista è un foglio su cui è scritto a mano you are fake: si riferiva forse alle sue compagne di lotta, o alla società intera?
Il suo era un tipo di attivismo oggi passato di moda: integro, sobrio e radicale. Per questo motivo si è forse sentita isolata all’interno di una società e di un movimento che non solo non la rispecchiava più, ma che nonostante tutti i gli sforzi e i sacrifici non era riuscito a cambiare il mondo in quello più giusto ed equo che lei sognava.
Come ha dichiarato l’artista stessa in un’intervista, nella sua vita è sempre passata da un estremo all’altro; se dunque da giovane aveva pensato di farsi suora la sua idea sulla religione cambia radicalmente negli ultimi anni. Essa non è più secondo lei fonte di pace e speranza per gli uomini ma, al contrario, motivo d’odio e conflitto. Nelle sue canoniche immagini di icone ortodosse cominciano allora a comparire oggetti che cambiano radicalmente il significato dell’opera: gli angeli abbracciano dei kalashnikov, il viso delle Madonne col Bambino è celato da un burqa nero, e la forma della Croce si trasforma per divenire quella di una mitragliatrice.
L’opera di Oksana è apertamente e volontariamente provocatoria; attraverso la pittura la giovane artista ucraina continua a dare voce alle proprie idee, riconoscendo l’arte come un potente strumento a favore della lotta politica. Negli anni a venire le sue opere continueranno a parlare per lei.