A sorpresa, nei giorni scorsi l’ETA, l’organizzazione terroristica basca, ha annunciato di voler abbandonare la lotta armata adducendo come motivazione di “considerare terminato il suo ciclo storico e la sua funzione”. Dall’altra parte del mondo, in Colombia, un altro movimento di insurrezione popolare, la guerriglia delle FARC, negli ultimi anni ha trattato con il Governo per abbandonare la strada della lotta armata e trasformarsi in un vero e proprio partito politico. In un simile panorama si potrebbero inserire anche le continue polemiche italiane sulla cosiddetta “trattativa Stato-Mafia”, un processo che nelle intenzioni dei suoi promotori avrebbe dovuto certificare la subalternità alla Mafia di importanti apparati della politica e delle istituzioni, che, per fermare la stagione delle stragi, sarebbero scesi a patti con il nemico. Si tratta di tre casi in cui balzano subito agli occhi i criteri di valutazione molto diversi da parte del mondo della politica e dell’intellighenzia intellettuale e mass-mediatica.
L’ETA ha seminato il terrore in Spagna fin dall’epoca del dittatore Francisco Franco: nel corso dei suoi 60 anni di attività ha fatto quasi mille vittime con i suoi attentati, ammantati in origine dell’ideale di una resistenza contro la repressione militare in corso nei territori baschi ad opera del regime fascista del generale Francisco Franco. Negli ultimi anni però l’organizzazione terroristica è andata alla ricerca di un accordo con le autorità madrilene per cercare di convertirsi in entità politica: negoziati erano stati avviati con il primo ministro socialista Zapatero, ma le operazioni di polizia hanno portato all’annuncio di questi giorni, che, non a caso, è stato subito seguito dall’assicurazione da parte del premier conservatore Rajoy che nessun crimine resterà impunito e che tutti pagheranno per le proprie attività sovversive. I mass media, poi, hanno accompagnato questa bella notizia ricordando le tante atrocità dell’ETA e plaudendo alla definitiva uscita di scena di questa organizzazione criminale, costretta ormai a riconoscere la propria sconfitta.
Molto diverso è stato invece il caso del trattato di pace tra le FARC e la Colombia. Anche in questa circostanza siamo in presenza di organizzazioni di ispirazione marxista-leninista – nate però sotto una dittatura immaginaria – autoproclamatesi rappresentanti dei diritti dei poveri contadini sfruttati, alla fine razziati e sottomessi proprio da queste. In oltre 50 anni di attività criminale, queste entità paramilitari sono passate presto dai furori ideologici delle origini al ben più lucroso traffico degli stupefacenti, da cui hanno tratto gran parte dei loro guadagni assoggettando fiscalmente e, in modo molto più probabile, controllando direttamente i cartelli della droga operativi nei loro territori “liberati” dallo Stato. Il bilancio di questa attività di “promozione dei diritti” delle povere popolazioni rurali della Colombia supera i duecentomila morti, con una guerriglia che ha rappresentato un triste esempio per le bande criminali di matrice comunista, che da allora hanno iniziato a flagellare tutta l’America Latina come cartelli della droga mascherati sotto le insegne (false) dell’impegno politico-rivoluzionario. L’iniziativa di repressione militare intrapresa con decisione dai Governi conservatori a partire dal 2000 ha progressivamente sfiancato le FARC e le ha portate a cercare, come unico modo per sopravvivere, un accordo politico, che è stato raggiunto con il presidente socialista Juan Manuel Santos sotto il patrocinio della dinastia dei Castro di Cuba. Tale accordo è stato però bocciato da un referendum popolare, perché avrebbe sostanzialmente garantito l’impunità alle FARC per i propri crimini. Alla fine, con una leggera revisione, il trattato è comunque entrato in vigore, è valso il Premio Nobel per la pace a Santos e ha portato alla candidatura alle elezioni politiche del 2018 di persone come il portavoce delle FARC Ivan Marquez, ricercato dagli USA per traffico di stupefacenti, e alla candidatura a Presidente della Colombia del criminale Timochenko, capo militare del movimento.
Questi sono i risultati del tanto osannato processo di pace colombiano, molto diversi da quello che è successo con una realtà analoga come l’ETA. E sugli stessi media che si scandalizzano per la supposta trattativa Stato-Mafia dopo le stragi degli anni ’90 si può ancora continuare a leggere interviste simpatetiche verso realtà come le FARC, che di solidale e umanitario non hanno mai avuto niente, ma sono state fin da subito mafie ancor più subdole, perché pericolosamente ammantate da un’immagine (falsa) di lotta contro le diseguaglianze. Del resto non è forse così che è nato il brigantaggio, alla base della nostra Mafia?