Cesare Cremonini e la xenofobia: l’esempio di Kashmir-Kashmir

Cesare Cremonini è un artista. Con il suo ultimo album, Possibili scenari, uscito nel 2017 sotto l’etichetta Universal, l’ha definitivamente confermato: attraverso le sue canzoni è possibile scoprire un mondo nuovo, fatto di testo, immagini e musica.

Chi può essere definito un vero artista? Il quesito non è certo dei più semplici. L’Enciclopedia Treccani afferma che il termine “artista” implica spesso un “giudizio di valore” ed è attribuito a chi “ha raggiunto l’eccellenza“. Bisogna riconoscere che questo è il caso del nostro cantante, nato a Bologna nel marzo 1980.

Il suo ultimo disco contiene molti brani interessanti, in particolare alcuni che hanno riscosso grande successo presso il grande pubblico. Nello specifico ci riferiamo a Possibili scenari, che dà il titolo all’album, Poetica, pubblicata in anteprima all’inizio del mese di novembre dello scorso anno, e Nessuno vuole essere Robin.

Ma vorremmo soffermarci su una canzone, meno conosciuta ma dotata di grande carattere. Si tratta di Kashmir-Kashmir, seconda traccia del disco dedicata a un ragazzo di origini asiatiche e al suo difficile inserimento all’interno della società occidentale.


Perché il tema del brano è proprio questo: l’integrazione. Fin dalle prime battute il ritmo accelerato e coinvolgente immerge l’ascoltatore in un’atmosfera animata, dove viene presentato il protagonista della vicenda.

Figlio di un mujaheddin, nato sotto il cielo del Kashmir
Hai perso il paradiso ma l’Europa è così
Cerca il diavolo negli occhi degli altri

Al di là del lessico utilizzato, risulta interessante un elemento. Ci riferiamo a un filtro fondamentale, e cioè alla modalità attraverso cui Cesare Cremonini descrive il modo in cui l’Occidente guarda questo “figlio di un mujaheddin“.

La gente si spaventa quando è in metro con te
Più li guardi e più ti sembrano pazzi
È vero che hai imparato le canzoni di Pharrell?
Tutto sommato fai una vita normale
Ma tutte le ragazze qui
Ti vedono così
Come un mezzo criminale, una spia mediorientale

Il filtro è quello della paura. Ma si tratta di un sentimento sfalsato dal pregiudizio. Tant’è che il protagonista della nostra storia – il “figlio di un mujaheddin” ma che mujaheddin non è – considera il criterio di giudizio dell’Occidente come “pazzo”, nonostante lui abbia cercato di integrarsi nella cultura del nostro mondo (le canzoni di Pharrell, l’alcool, il party).

Infine, l’ultimo grande pregiudizio. L’accostamento di ogni volto arabeggiante al terrorismo islamico. Nel verso “Take me to the party! | Voglio girare il mondo, non andarci contro” è presente proprio questo elemento, che diventa in un certo senso il leit motiv del brano di Cremonini.

 


FONTI

Genius.com

CREDITS

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