Dipendenza dai videogiochi: il caso di Fortnite

Fortnite, pubblicato nel 2017, è il videogioco di successo per eccellenza di quest’anno. Il videogioco presenta due modalità, la prima, “Salva il mondo”, è impostata sulla cooperazione, un numero massimo di quattro giocatori combatte contro delle creature simili agli zombie; la seconda, “Battaglia reale”, è quella che ha più attirato l’attenzione. In essa, infatti, un gruppo di cento giocatori viene spedito su un’isola e questa volta non si tratta di cooperare ma di competere, perché il vincitore è colui che sopravvive a tutti gli altri con le armi migliori -che può trovare o autoprodursi nel corso della partita. Il videogioco è popolarissimo, tanto che la Epic Games, società che lo ha sviluppato, ha addirittura indetto la “Fortnite World Cup”, un vero e proprio campionato mondiale.

Sono diversi gli elementi che concorrono al successo del videogioco, a partire dalla breve durata di 20-25 minuti di una partita e, quindi, l’invitante possibilità di cominciarne una nuova per provare di nuovo a raggiungere la vittoria dopo esserci stati magari molto vicini, fino alla particolarità del gioco che sembra tranquillizzare i genitori, cioè il fatto che sia un videogioco in cui non ci sono spargimenti di sangue, pur trattandosi di un gioco d’azione.

Questi elementi, però, spesso fanno dimenticare che alcuni videogiochi sono potenzialmente pericolosi anche se non vi si scorge traccia di sangue perché posseggono molte altre controindicazioni. Proprio in questi giorni, infatti, si è aperta una polemica in merito alla possibilità che questo videogioco crei dipendenza: molti genitori sono stati costretti a portare i propri figli in cura da uno psicologo per disintossicarli da Fortnite. Inoltre una specialista comportamentale britannica, Lorrine Marer, avrebbe aggiunto che il suddetto videogioco potrebbe provocare gli stessi effetti dell’eroina, determinando la rabbia dei genitori.

In disaccordo con questi genitori, Richard Tyler Blevins, in arte Ninja, uno degli streamer più famoso di YouTube e Twich, che crede che la reazione drastica di questi genitori, così come l’informazione diffusa da Lorrine Marer, siano esagerate perché, a suo parere, si tratterebbe solo di educare i figli e di porre un limite di tempo al gioco.

I possibili casi di dipendenza da Fortnite sono, comunque, molti. A partire da una bambina di 9 anni che avrebbe presentato diversi problemi, dall’insonnia notturna per l’intenzione di giocare, fino a dieci ore consecutive, al progressivo calo dei voti a scuola, ai problemi mentali, oltre al fatto che avrebbe speso diversi soldi dalla carta di credito dei genitori per acquistare nuove caratteristiche per il suo avatar. Dobbiamo dire, in difesa dell’azienda, che questa indica a 12 anni l’età minima per usufruire del videogioco.

Un altro caso riguarderebbe un ragazzo di 17 anni, imprigionato in Fortnite per ben 12 ore al giorno, secondo la testimonianza della madre, ormai disperata, che lo ha costretto alla terapia.

Fortnite sarebbe all’origine anche di un aumento di divorzi nel Regno Unito, almeno stando a quanto afferma il portale web divorce-online.co.uk che in un comunicato stampa ha reso noto di aver ricevuto circa 200 richieste di divorzio legate al videogioco di successo.

Anche il principe Harry si era espresso contro Fortnite, infatti in un incontro con un gruppo di giovani studenti di una scuola elementare di Brighton aveva invitato i bambini a non giocarci, perché il videogioco ha causato gravi problemi a scuola e in famiglia per numerosi bambini del Regno Unito. Ma Harry ritiene responsabili i loro genitori a cui ha consigliato di non farci giocare i propri figli.

Il videogioco vanta anche l’interesse di personaggi celebri quali il rapper Drake, ma soprattutto personaggi dello sport quali giocatori della NBA o del mondo del calcio come Harry Kane, attaccante del Tottenham, Zlatan Ibrahimović e la stella dell’Atlético Madrid Antoine Griezmann che festeggia i goal proprio con un balletto ispirato da Fortnite. Questo è uno dei dati più preoccupanti perché per i bambini non c’è pubblicità migliore per un videogame che un calciatore o un cestista che dimostra di divertircisi.

Fortnite non è il primo, però, e, certo, non sarà nemmeno l’ultimo dei videogiochi a causare questa presunta dipendenza che, tra l’altro, è stata riconosciuta anche dall’Organizzazione Mondiale della Sanità tra i “disturbi legati al gioco”. La gaming addition indirizza tutte le energie del soggetto che ne è affetto solo verso il videogioco, a discapito delle altre attività, quella fisica, lavorativa, o anche a discapito delle relazioni sociali.

Inoltre la dipendenza da videogiochi si presenta con diversi sintomi quali possono essere forti dolori alla testa, alla schiena o con disturbi alla vista, al sonno e all’alimentazione o, ancora, con continui sbalzi d’umore.

Uscirne, come uscire da tutte le dipendenze, è difficile ma forse basterebbero degli accorgimenti per prevenire e anche per risolvere il problema. Basterebbe imporsi un limite di ore da passare coi videogiochi, cercando di non oltrepassarlo e, magari, anche fare più sport e stare di più in compagnia. Ovviamente, nel caso in cui si tratti di bambini, spetta ai genitori l’arduo compito di dare delle regole ben precise ai propri figli perché, ricordiamolo, il cervello dei bambini non è ancora sviluppato per difendersi dalle dipendenze ludiche.

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