Global compact for migration: un’occasione mancata?

La migrazione come storia dell’uomo

Chi l’avrebbe detto che il fenomeno migratorio sarebbe diventato fonte di tanto dibattito, attenzione e posizioni mai così controverse e contrastanti. Chi l’avrebbe detto, fino a qualche anno fa, che l’immigrazione avrebbe potuto incidere nella distruzione e creazione degli equilibri mondiali.

Come ricordano gli esperti, la migrazione non è che la conseguenza di altrettante realtà: il cambiamento climatico – di cui a quanto pare i cruciali grandi della terra non sono a sufficienza allarmati – il crescente divario tra estrema ricchezza e povertà e la perenne destabilizzazione del Medio Oriente.

Eppure la migrazione è un’indole che scorre nelle vene dell’uomo da sempre.

A New York se ne è voluto addirittura preservare la preziosa testimonianza attraverso un apposito museo ad Ellis Island, pensato per far ripercorrere al turista gli step a cui eran costretti gli immigrati che arrivavano negli Stati Uniti nel secolo scorso, senza sapere la lingua, spesso con solo un fagotto ma tante speranze e paure. Cambiano le epoche ma le esperienze degli immigrati rimangono le stesse.

Al giorno d’oggi però l’immigrazione di massa sta mettendo a dura prova molti dei Paesi più sviluppati: l’Europa litiga con se stessa mostrando così segni di immaturità politica e gli Stati Uniti si dicono stanchi di essere la “terra delle grandi occasioni” e di dare la cittadinanza a tutti coloro che vi nascono indistintamente. Perciò si ergono muri di filo spinato, si giustifica la discriminazione elevando a cosa buona e giusta la differenziazione. Il paradosso è che sfruttiamo i vantaggiosi aspetti della globalizzazione ma allo stesso tempo non ne sappiamo gestire tutte le conseguenze, tra cui la migrazione e la contaminazione.

Questo incontenibile fenomeno non si fermerà -confermano gli esperti dell’ONU -stante i cataclismi ambientali, i cambiamenti politici nel mondo, la crisi economica, la globalizzazione pericolosamente incontrollata, e ciò che vediamo ora non è che il principio. Nuove sfide attendono tutti i paesi: da quelli dai cui si fugge a quelli in cui ci si rifugia.

Take action (in ritardo)

Proprio per questo motivo, la comunità internazionale si è decisa a riunirsi e parlarne, rendendosi conto che nessuno stato può affrontare tale fenomeno da solo. Un fenomeno mondiale ha bisogno di una strategia altrettanto unita per programmare un intervento su vasta scala. L’inerzia e i palleggi di responsabilità, che hanno caratterizzato gli interventi della comunità internazionale sino ad ora, danno chiaramente l’idea di quanto non sia semplice conciliare l’immigrazione globale e nel contempo le svariate politiche interne dei singoli Stati.

Recentemente la voce dell’ONU è tornata poi a farsi sentire attraverso un report steso dal suo Alto Commissariato per i diritti umani, in cui vengono denunciati e messi nero su bianco gli orrori di cui sono vittime i migranti di passaggi dalla Libia. Stupri, rapine, schiavizzazione, sfruttamento dei migranti come lavoratori non pagati, abusi sui minori non accompagnati, torture nei centri di detenzione, tratta di esseri umani attraverso il Mediterraneo tramite una gestione organizzata. Una conferma di quanto già ONG, difensori per i diritti umani, giornalisti e attivisti urlano e documentano inascoltati da tempo, anni ormai. Non è la prima volta che l’ONU divulga in via ufficiale notizie di cui purtroppo il mondo era già a conoscenza da tempo. 

Ciò a conferma di quanto le Nazioni Unite siano vittime della politica che blocca la realizzazione dei suoi scopi. Si aggiunge a ciò l’empasse creatosi sulla Siria. E un’altra volta il mondo ha la colpa di essere rimasto a guardare a spese di migliaia di essere umani.

Che cos’è il Global compact per l’immigrazione?

La comunità internazionale si è riunita a Marrakech lo scorso 10 ed 11 dicembre. Al termine, 164 paesi (su 193) hanno sottoscritto un documento contente le linee guida per le politiche migratorie e la gestione dell’immigrazione, alla luce dei recenti flussi e dei futuri spostamenti della popolazione mondiale. Punto di partenza imprescindibile: la migrazione intesa come un diritto.

La ratio è di fornire indicazioni e principi generali per una gestione dell’immigrazione tale da evitare l’irregolarità, la quale è causa non solo di caos tra i governi ma generatrice di sfruttamenti, ulteriori violazioni dei diritti dei migranti e sofferenze che rendono le persone ancora più vulnerabili. La sconfitta e la prevenzione dello sfruttamento degli esseri umani è uno dei punti di partenza per mettere in ginocchio la migrazione irregolare. Al centro vi è sempre e comunque la tutela dell’essere umano, in linea con i principi generali delle Nazioni Unite. L’accordo non è giuridicamente vincolante poiché non contiene aggiunte o modifiche a quanto già in vigore a livello di diritto internazionale.

Esso ha però il merito di incoraggiare la cooperazione tra gli Stati, elemento mancante e che al momento mette in grave crisi proprio la gestione del fenomeno migratorio soprattutto in Europa, ma che ne rimane la chiave di volta. Non stupisce se Stati come l’Ungheria, la Polonia e la Slovacchia abbiano preso nette distanze dall’accordo. Meno di 30 paesi, compresa l’Italia, ha mancato di ratificare l’accordo.

Il global compact sui rifugiati, passato inosservato

È necessario fare una precisazione per evitare facili confusioni: al vaglio della comunità internazionale vi è stato anche il Global compact sui rifugiati. Quest’ultimo è stato approvato lo scorso lunedì 17 dicembre dall’Assemblea Generale delle Nazioni Uniti con larga maggioranza, è stato respinto solo da Stati Uniti ed Ungheria: i due Paesi che hanno protetto i loro confini con un muro per bloccare indistintamente rifugiati e migranti, e che quindi non hanno sottoscritto alcun documento. Similmente al documento sull’immigrazione, esso non è un impegno legalmente vincolante ma offre una cornice giuridica e linee guida sulla gestione dei rifugiati basata sull’accoglienza.

La differenza tra un rifugiato ed un migrante è netta ma spesso i due termini vengono confusi: il primo è colui che fugge da persecuzioni di qualsivoglia genere da parte dello Stato d’origine, sulla base della definizione data dalla Convenzione di Ginevra del 1951, un migrante è colui che semplicemente lascia la sua terra d’origine per trovare condizioni di vita migliori.

L’Italia rimane cauta: confusione o coerenza?

L’Italia non ha partecipato al summit di Marrakech, prodromico alla sottoscrizione dell’accordo, nonostante due anni prima il governo Renzi avesse dichiarato la propria partecipazione nella stesura dell’accordo. Anche in quel periodo eravamo il porto di mare del Mediterraneo e anche all’epoca l’aiuto dell’Europa era spesso latitante.

In qualità di governo sovranista, l’attuale esecutivo di Conte ha proposto però di rimettere la decisione al Parlamento, nonostante nelle settimane precedenti avesse dichiarato di aderirvi. La mozione è stata votata favorevolmente, pertanto il Parlamento sarà chiamato a pronunciarsi sull’adesione o meno all’accordo ONU sull’immigrazione solo a seguito però del monitoraggio dell’impatto di tale trattato nei paesi firmatari.

La disinformazione l’ha fatto da padrona. Si è voluto dare questo ruolo formale al Parlamento richiamando la democrazia nella forma più pura, facendo passare questo documento come vincolante, tanto pericoloso per la nostra situazione interna come fosse un trattato internazionale o un regolamento europeo dall’efficacia diretta ed obbligatoria. Una mossa che pare più politica che utile nella sostanza. In aggiunta, è inverosimile che l’impatto delle politiche migratorie possano avere riscontri immediati, ci vorranno anni, come minimo. Un rinvio che pertanto potrebbe essere letto come strumentalizzazione politica, che nel concreto nulla risolve.

Chi si occupa del tema ritiene che sarebbe stato invece saggio prendere posizioni inequivocabili, chiare e coerenti dato che l’Italia da anni si lamenta di essere lasciata sola nell’invasione incontrollata dal Mediterraneo. Il Global compact richiama come principio comune proprio la solidarietà tra gli Stati, piuttosto che un’immigrazione incontrollata, come ci è stato venduto questo accordo nei giorni precedenti.

In questo gioco delle parti che si chiama politica, l’Italia ha così dimostrato al mondo intero di essere poco credibile a livello internazionale riguardo alla sua idea di gestione della migrazione, bandiera per altro di una campagna elettorale ancora in corso. La stessa Italia che da mesi batte i pugni sui tavoli di Bruxelles, chiedendo che l’EU intera si prenda carico di una strategia per controllare, gestire al meglio il fenomeno migratorio attuando la clausola di solidarietà.

Italia dove sei

Il paese ha esercitato il proprio diritto di decisione lecito e sacrosanto. Si attendono ad orecchie tese valide idee per la gestione del fenomeno che vadano oltre la chiusura dei nostri porti che, asseriscono i contrari, non risolve nulla nel lungo termine e viola pure il diritto internazionale.

L’unica strategia attuale che si vede attuata è la chiusura dei porti e lo scorbutico isolamento dai dialoghi internazionali su temi globali perché “a noi nessuno dice cosa fare”: c’è almeno da sperare che da semplice superbia tale atteggiamento non diventi un boomerang a danno italiano.

Avremo forse dimenticato di essere stati, fino ad un secolo fa, un paese di emigranti?

L’Italia, malata secondo molti di una crisi esistenziale e di valori, intanto cerca di capire il suo posto nel mondo e speriamo lo ritrovi in fretta.

 

 

 

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