La monaca di Monza al Parenti – le confessioni di Marianna

Grande successo La monaca di Monza al teatro Franco Parenti, che ha registrato il tutto esaurito per gran parte delle repliche, andate in scena dal 23 febbraio al 3 marzo presso la sala “A come A”.

La monaca di Monza nella versione di Giovanni Testori è la confessione post-mortem di Marianna de Leyva e degli altri personaggi che hanno avuto parte alla vicenda realmente accaduta nel XVII secolo e che fu anche narrata da Alessandro Manzoni nei Promessi Sposi.

Nell’opera testoriana sono i personaggi storici a parlare, non quelli manzoniani. Marianna viene infatti apostrofata anche come Virginia – nome che la nobildonna di origini spagnole assunse quando si fece monaca – e non Gertrude come si chiama invece il personaggio dei Promessi Sposi.

Il dramma è composto da monologhi e non da dialoghi tra i personaggi. Sulla scena compaiono tre figure: Marianna de Leyva, la monaca di Monza, interpretata da Federica Fracassi, Gian Paolo Osio, l’amante di Marianna, interpretato da Vincenzo Giordano e Caterina, la giovane conversa che fu assassinata per aver minacciato di svelare la tresca, interpretata da Giulia Mazzarino.

Con la regia di Valter Malosti, lo spettacolo è molto incisivo e d’impatto. Sul palco sono presenti tre pannelli, che sono in realtà tre teche di vetro, dentro alle quali i tre personaggi compaiono narrando le loro storie. I tre pannelli formano una sorta di trittico che ricorda le immagini sante, ma con il contrasto e lo stridìo dato dal fatto che Marianna, Osio e la conversa sono assai blasfemi e poco santi.

Questo contrasto tra sacro e blasfemo è una caratteristica peculiare delle opere di Testori, che Malosti, Fracassi, Mazzarino e Giordano hanno saputo rappresentare molto bene. La sensazione dominante dello spettacolo risiede infatti proprio in questo contrasto, che diventa commistione, tra bestialità e umanità, tra sangue e ragione, tra sesso e santità.

Tema fondante di questo come di tutti i drammi testoriani è inoltre l’impossibilità per l’uomo (come per la donna) di sfuggire alla violenza, all’animalità, alla propria natura greve e istintiva.

Tutto nasce da una violenza, che non può fare a meno di portare dietro di sé altra violenza. Marianna ricorda infatti con dolore quella che fu la sua nascita, compiutasi come un atto di violenza e volontà di dominio del padre verso la madre di Marianna, la quale si trova costretta a portare dentro di sé un frutto non desiderato.

La voce sensuale e modulante di Federica Fracassi rende in tutta la sua pienezza gli inscindibili contrasti insiti nella monaca, che appare a volte tenera e bisognosa d’amore, altre passionale e torbidamente innamorata, altre crudele e glaciale, mantenendo sempre quel po’ di superbia nobiliare che la sua alta levatura sociale aveva connaturato in lei.

Gian Paolo Osio è il personaggio in assoluto più violento e animalesco. Come insufflato da una forza interiore che lo porta a compiere il male e a ricercarlo, sembra aver sedotto delle monache più per il gusto di compiere un’empietà, un’azione che andasse contro la Regola, che per altri motivi. Eppure egli rivelerà la sua passione d’amore bruciante per la monaca di Monza, quando disperato, dopo che lei è stata murata viva, non riesce a vivere né a trovare pace, ricercando Marianna nelle altre due monache, che poi ucciderà . In preda alla pazzia va poi in bocca alla morte, non accorgendosi – quasi volontariamente – del tranello che gli era stato teso a casa dell’ex-amico.

“Bestemmia” è una delle parole più pronunciate dall’Osio. Si può dire che “bestemmia” fosse la morale di vita dell’oscuro nobiluomo, che viveva e faceva qualsiasi cosa come fosse appunto una bestemmia, come se il personaggio in tutti i modi volesse essere una “bestemmia vivente”.

I molteplici assassinii perpetrati dall’uomo appaiono ormai inevitabili al punto cui è giunto, spinto da un “grumo di sangue” che egli sente premere sulle tempie e nelle vene.

Carne e sangue in effetti sono la chiave delle opere testoriane.

Caterina, la conversa, è una giovane che viene dalla strada, di estrazione sociale molto bassa. Con un vestito bianco semplice, si esprime con un tono di voce rozzo e più volte dice di avere un “odore di stalla”, riconoscendo di essere nata sulla strada, a differenza di Virginia, “nata a palazzo”. Costei aveva minacciato di svelare al vicario quel che accadeva nelle stanze di Virginia per invidia, per desiderio di partecipare anche lei a quegli incontri; non per moralità ma per sete di vita dunque. Caterina, sedotta già una volta da Gian Paolo, bramava ardentemente partecipare alle “orge” cui prendevano parte Marianna, Osio, Benedetta e Ottavia, dalle quali soffriva ad essere esclusa. Ed era convinta, nella sua ingenuità, che avrebbe in tal modo ottenuto ciò che desiderava, senza sospettare della terribile vendetta di Marianna e della sanguigna violenza dell’Osio, che insieme a Benedetta e Ottavia la uccideranno a bastonate.

Una curiosità: osservando la particolare postura e movenza delle mani della monaca di Monza, esse appaiono molto aggraziate e artistiche e ciò non è per caso  bensì è il frutto di un attento studio delle mani negli affreschi del pittore cinquecentesco Gaudenzio Ferrari, proposto dal regista Malosti come fonte d’ispirazione.

Malosti e Fracassi, entrambi pluripremiati, avevano già lavorato insieme e vi ritornano felicemente con La monaca di Monza, opera definita “violentemente poetica” dalla critica. Federica Fracassi d’altronde aveva già interpretato mirabilmente altre protagoniste dei drammi testoriani in Cleopatràs, Erodiàs e Mater Stragosciàs, mostrando la sua inclinazione per queste donne forti ma dilaniate e intimamente contrastate.

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