In mezzo alle numerose pellicole presentate ai David di Donatello 2020, che si sono tenuti in diretta streaming la sera dell’8 maggio, anche i cortometraggi hanno avuto il loro spazio. Quest’anno a ricevere l’ambito premio per il miglior cortometraggio è stato Inverno (Timo’s Winter), la cui idea nasce dalla storia d’infanzia del suo regista, Giulio Mastromauro. Il breve film, avvolto in una tipica dimensione invernale cupa e silenziosa, racconta in pochi minuti e senza fronzoli una storia che sembra pesare tutta sulle spalle del protagonista: Timo, nonostante la giovane età, si ritrova suo malgrado catapultato nel mondo dei grandi, alle prese con sentimenti difficili da decodificare per un bambino.
Gelo nelle ossa
L’atmosfera che accompagna lo spettatore in tutta la narrazione è quella di un rigido inverno: la famiglia di Timo è proprietaria di alcune giostre, vive la propria vita all’interno di una roulotte, scandendo i giorni con la quotidianità tipica dei lavoratori nomadi. A Timo è viene chiesto di crescere in fretta e lui non ha paura, non si tira indietro: lavora attivamente per aiutare la sua famiglia, svolgendo i compiti che gli vengono affidati con serietà e dedizione, guardando all’esempio dei grandi.
Il freddo che pervade tutta la storia però non si vede solo nel grigiore del cielo, ma anche dal rapporto tra i vari personaggi: i dialoghi sono pochi e legati alle faccende da sbrigare, come se non ci fosse tempo da dedicare alle relazioni, ai sentimenti. Pur essendo una famiglia, non ci sono abbracci o parole d’affetto, il freddo avvolge e divora tutto, penetrando nelle ossa dei personaggi protagonisti e congelando ogni manifestazione d’affetto.
Piccolo grande uomo
Questo atteggiamento non è casuale: per tutta la durata del cortometraggio si ha l’impressione che ci sia qualcosa che non vada e lo spettatore trova subito risposta ai suoi dubbi. La vita di Timo è legata indissolubilmente alla malattia e alla perdita ed è proprio sotto questa luce che la sua storia si intreccia a quella del regista, dando una nota autobiografica importante in tutto il racconto. Anche davanti alla morte però, Timo affronta tutto con l’orgoglio e la forza dei grandi, quei grandi che non sembrano nemmeno considerarlo.
Nonostante la sua età, Timo osserva tutto ciò che lo circonda e comprende quello che succede intorno a lui senza fare troppe domande: ha però bisogno di certezze e si rivolge alle persone che dovrebbero essere una guida per lui, ma che non sanno dargli risposte. Un bambino potrebbe non essere in grado di capire qualcosa che anche loro stessi faticano a comprendere: le ingiustizie della vita di cui sono testimoni li portano a chiudere nel silenzio i loro sentimenti e a tagliare fuori Timo, lasciandolo così solo tra i suoi interrogativi e le sue paure.
Un giro in giostra
Ed è anche per questo che ai nostri occhi il paesaggio appare in una luce sconosciuta e nuova. La maggior parte delle persone associa ai giostrai e alle loro attrazioni la gioia e la spensieratezza di un gioco: in realtà Inverno mostra in poche scene la realtà che si cela dietro l’illusione delle luci e dei colori, le prove che un bambino e la sua famiglia devono affrontare. E se la famiglia non riesce ad offrire un conforto, qualcosa possono fare le giostre: se per tutta la storia Timo mostra la tenacia di un piccolo adulto, sul finale si rivela per quello che è, un bambino. Certo, non è come tutti gli altri, Timo è stato costretto a bruciare le tappe, portando sulle spalle grandi responsabilità e un dolore che pesa come un fardello.
Luci e ombre
Nei sentimenti trasmessi in Inverno, si percepisce anche tutta la nota autobiografica della narrazione: nonostante la brevità e la mancanza di alcuni riferimenti (ad esempio, non sappiamo in che anno siamo né il luogo esatto in cui ci troviamo), il cortometraggio è in grado di trasmettere forti emozioni. Niente è lasciato al caso, silenzi, luci, ombre, tutto contribuisce a trasmettere lo stato d’animo del protagonista e a raccontare in maniera sentita una perdita, senza cadere nel banale.
Dunque, Inverno, in gara accanto ad altri cortometraggi ben riusciti, è riuscito a trionfare per la delicatezza con cui descrive temi complessi come la malattia e la morte, attraverso lo sguardo innocente di un bambino.