Joe Biden è il quarantaseiesimo presidente Usa: sarà sufficiente a cambiare pagina?

Come tutti ormai sapranno, Joseph “Joe” R. Biden è stato eletto quarantaseiesimo presidente degli Stati Uniti d’America. Una vittoria che ha permesso a gran parte degli americani, ma forse ancora di più al resto del mondo, di tirare un sospiro di sollievo. Questa tornata elettorale è stata positiva per i sondaggisti che, seppur con delle stime da rivedere al ribasso, hanno predetto con esattezza il vincitore. Biden infatti ha sconfitto l’uscente Trump con un margine di quasi quattro milioni e mezzo di voti. Con poche schede ancora da contare in Carolina del Nord, Georgia ed Alaska, i numeri non dovrebbero cambiare di molto.

Dato che sarà difficile mettersi alla spalle questa quarantacinquesima presidenza, Biden dovrà lavorare sodo sin da subito e forse il suo impegno potrebbe non bastare. L’eredità di Trump infatti rimane forte sia a livello ideologico che dal punto di vista burocratico. Basti pensare ai tre giudici della Corte Suprema e gli oltre duecento giudici nominati da The Donald nei suoi quattro anni alla presidenza.

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Inoltre, Trump non ha ancora apertamente concesso la vittoria all’avversario, come è d’uso negli Stati Uniti. Questo pone in essere diversi scenari, alcuni più probabili e altri più azzardati. Tutti quanti rispondono però alla domanda: “Fino a che punto è disposto Trump a spingersi per mantenere la sua posizione?”. In casi normali, si penserebbe ovviamente ai ricorsi legali e quindi al riconteggio dei voti, ma Trump ha sempre dimostrato di essere imprevedibile e di saper ricorrere con facilità ai mezzi violenti. Ovviamente, non c’è alcuna prova che questo possa verificarsi, né ora né in futuro; tuttavia, viste le circostanze eccezionali, conviene lasciare aperto il finale.

Il presidente che rimase nella Casabianca

Un primo atto sovversivo c’è già stato e i cronisti della CNN non hanno lesinato energie nel sottolinearlo. Diversamente da tutti gli altri presidenti, Trump ha preferito seguire le elezioni dall’interno della Casabianca. Questo ha scatenato polemiche che non si sono placate nemmeno dopo l’annuncio che la campagna elettorale si sarebbe fatta carico di tutte le spese, lasciando intatto il budget federale.

Solitamente infatti i candidati alla presidenza seguono i risultati nelle cosiddette war-room che ospitano anche tutto lo staff. Ad esempio, Joe Biden si trovava nello stato di cui è stato senatore per lungo tempo: il Delaware, precisamente nel nord, a Wilmington. Trump avrebbe quindi dovuto trovarsi nella sede della sua campagna elettorale nel quartiere di Rosslyn ad Arlington in Virginia, cosa che invece non ha fatto. Il presidente e la sua famiglia hanno invece seguito lo spoglio dall’Eisenhower Executive Office Building, edificio vicinissimo all’ala ovest della Casabianca.

Un fatto divertente che ha causato ilarità sui social è stato l’enorme muro bianco fatto erigere intorno al perimetro della residenza presidenziale proprio in occasione delle elezioni. Del resto, la storia ricorda un altro leader che decise di nascondersi dietro i muri spessi di un bunker sotto Berlino, ma alla fine anch’egli dovette cedere.

Meno divertente per Trump è invece il fatto che questa sua azione abbia già portato all’apertura di indagini, in quanto potrebbero essersi verificate delle infrazioni. Si tratta di una potenziale violazione dell’Hatch Act che proibisce attività di campagna elettorale ai funzionari eletti mentre sono in servizio. L’Office of Special Counsel, che si occupa di questa indagine, aveva già in realtà segnalato diverse infrazioni da parte della ex portavoce di Trump Kellyanne Conway, raccomandandone il licenziamento. È sempre dalla Casabianca che Trump ha pronunciato il suo sconclusionato e inquietante primo discorso in seguito all’inizio degli scrutini.

La notte più lunga del 2020

È stata una notte lunga quella del quattro novembre, durata fino alle 11:25 del 7 novembre quando l’Associated Press (AP) ha assegnato i venti voti della Pennsylvania a Biden. Questi giorni convulsi sono stati segnati da dirette infinite delle maggiori emittenti Usa: ABC, CNN, MSNBC, NBC e Fox News. Tra queste forse la più seguita è stata la CNN a cui è stato spesso rimproverato di trattare la politica come lo sport. Effettivamente, l’enfasi, l’eccitazione palpabile nell’aria, le colonne sonore e anche la grafica scelta hanno contribuito a dare questa impressione.

Le ore di diretta si sono succedute tra spiegazioni tramite mappa interattiva, confronti coi risultati del 2016 e discussioni in stile talk-show. Oltre ai giornalisti di CNN si sono susseguiti diversi ospiti tra cui l’ex senatore della Pennsylvania e candidato alle primarie presidenziali repubblicane nel 2012 Rick Santorum e un consigliere della campagna elettorale di Obama.

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I primi risultati arrivati sono stati quelli di Indiana e Kentucky, indubbiamente repubblicani, mentre pian piano incominciavano ad arrivare i voti dalla Florida: la più importante vittoria di Trump. Si sono susseguite poi altre vittorie di Trump in Iowa, Ohio e Texas. Tutti Stati che risultavano in bilico nei sondaggi e che i democratici speravano di poter ottenere per realizzare la cosiddetta “Onda Blu”.

Grazie alla vittoria ottenuta in Arizona, per alcuni assegnata prematuramente, la campagna di Biden ha cominciato a riprendere fiato. Mancavano ancora però un buon numero di Stati da vincere e tutti quanti avevano votato Trump nel 2016. La sorpresa positiva, ma anche prospettata, è arrivata col conteggio dei voti per posta che ha ribaltato il vantaggio di Trump in Maine, Wisconsin, Michigan e infine Pennsylvania.

Al momento rimangono ancora da assegnare la Georgia, probabile vittoria inaspettata di Biden, Carolina del Nord e Alaska che invece premieranno con molta probabilità il presidente attuale.

La vera chiave di volta: il Senato

Gli occhi del mondo erano tutti concentrati sulle elezioni presidenziali con un interesse quasi morboso e un tifo spietato. Tuttavia, la vera partita si sta ancora giocando ed è il rinnovo di una parte del Parlamento Usa.

Dell’importanza delle elezioni senatoriali ne avevamo già parlato qua. Tuttavia, è ora necessario rivalutare la situazione alla luce dei nuovi eventi.

I democratici hanno effettivamente conquistato i seggi di Martha McSally in Arizona e Cory Gardner in Colorado grazie a Mark Kelly e John Hickenlooper. Questo li avrebbe avvicinati di due voti alla maggioranza se non fosse stato per la sconfitta in Alabama. Infatti, il candidato republicano Tommy Tuberville ha battuto clamorosamente l’uscente Doug Jones.

Allo stesso tempo, le elezioni in Maine, Montana, Carolina del Sud, Texas, Iowa e Carolina del Nord non sono andate particolarmente bene ai democratici. Si parla infatti di sei sconfitte su sei che mettono una pietra tombale sulla “Onda Blu” e che riducono fortemente le possibilità di ottenere la maggioranza in Senato.

L’ultima spiaggia per i Democratici si chiama Georgia, Stato che Biden pare aver riconquistato per la prima volta dall’elezione di Clinton. Entrambi i seggi andranno al ballottaggio con Jon Ossoff che dovrà vedersela con David Perdue mentre Raphael Warnock fronteggerà Kelly Loeffler.

Per poter ottenere il controllo del Senato, strappandolo dalle mani di Mitch McConnell, i democratici dovranno vincere in entrambi i ballottaggi così da ottenere un totale di cinquanta seggi (sui cento totali). Il pareggio che risulterebbe da una duplice vittoria porterebbe all’entrata in gioco della vicepresidente Kamala Harris con il voto decisivo. Le probabilità non sono altissime ma l’apparente successo di Joe Biden nello Stato e l’impegno della ex candidata governatrice della Georgia Stacey Abrams nel registrare nuovi elettori fanno ben sperare.

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