Europa: parliamone meglio (articolo 1)

Un confronto per allargare gli orizzonti

Non possiamo dar credito all’illusione che la nostra vita post-Covid sarà uguale a quella che ci trovavamo a condurre, senza troppi problemi, fino ad un annetto fa. Quando (si spera presto), finalmente disporremo di un vaccino, potremo sì tornare alla tanto agognata “vita di prima”, ma questo non resetterà tutto ciò che è emerso in questi mesi. Sì, “emerso”. Perché, in fin dei conti, il Coronavirus non ha fatto altro che velocizzare alcuni processi inevitabili, portando alla luce problematiche che, alla lunga, prima o poi, avremmo comunque dovuto affrontare. Se questo è indubbiamente stato sperimentato da tutti noi per quanto riguarda la vita privata, forse non tutti si sono accorti che nella sfera pubblica è accaduto esattamente lo stesso. Prendiamo un esempio, l’Europa.

Se dico Europa, cosa vi viene in mente?

Già prima, certo, dire Europa significava dire tutto e dire niente. Europa è Erasmus, Europa è euro… sì, ma poi? Cosa significa parlare consapevolmente di Europa e di Unione Europea?

È una delle cose che mi sono permessa di chiedervi in una box domande di Instagram. Cercherò di affrontare la questione, coprendo tutte le tematiche che sono emerse dalle vostre risposte. Per questo, dedicheremo all’argomento articoli, che si concentreranno sulle seguenti tematiche:

  1. L’idea di Europa: partiamo dalla storia; Dalla Lira all’Euro: cosa è cambiato?
  2. L’Europa è necessaria? (analizzeremo sia le posizioni di chi vede la necessità dell’Europa, sia di chi sarebbe a favore di un’eventuale uscita)
  3. Ci sono altri modi possibili di pensare l’Europa? Cosa non funziona nell’Europa di adesso, e cosa dovrebbe esserci in un’Europa ideale?
L’idea di Europa: partiamo dalla storia

Probabilmente è giusto iniziare a parlare di Europa riflettendo sulla percezione che le persone hanno dell’Europa. L’Europa è vista dai più come un’entità che mira ad accentrare il potere e la gestione dello stesso, togliendo ai singoli paesi una parte di controllo. Sono tanti i motivi storici, culturali ed economici che non permettono di vedere, nell’immediatezza, l’utilità dell’Europa. Per quanto riguarda i motivi storici, è bene tenere conto del fatto che l’unità europea è una conquista recentissima.

L’Europa è molto giovane: una necessità che ha iniziato a delinearsi, a livello teorico, solo come conseguenza delle sanguinose guerre del secolo scorso. Prima di arrivare all’UE per come la conosciamo oggi, si è dovuti passare per la CEE (comunità economica europea), i graduali allargamenti e l’inclusione di nuovi paesi, la caduta del muro di Berlino, il trattato di Maastricht, l’introduzione dell’Euro. Tutte azioni volte a costruire un’unità tanto agognata, laddove, per secoli e secoli di storia, l’Europa non è davvero mai stata unita, anzi, è stata caratterizzata da continui conflitti. La Guerra dei trent’anni (1618 – 1648), quella dei sette anni (1756 – 1763), la rivalità scaturita dalle conquiste coloniali, le dominazioni, le alleanze fragili o di convenienza, pronte ad essere soffiate via dal vento di una nuova guerra.

Per secoli e secoli, questo è stata l’Europa: tutt’altro che unita. Frastagliata, divisa, in eterno conflitto, con stati dai territori disegnati con il tratto leggero di una matita, cancellabili dalla gomma delle mire espansionistiche di una Spagna di Filippo II, una Francia di Luigi XIV, un Napoleone in vena di conquiste. Per non parlare delle divisioni legate alle questioni religiose e alle ambizioni teocratiche, che non sono mai mancate.

Come si cambia tutto ciò che l’Europa è stata per diciannove secoli?

Dalla lira all’euro

L’avversione nei confronti dell’Europa ha profonde radici, tanto storiche quanto economiche. Parliamo, per un attimo, proprio di Euro. L’Italia ha sempre beneficiato della svalutazione della lira, moneta debole e poco affidabile sul mercato, e proprio per questo costantemente svalutata. Nel momento in cui l’Italia è entrata nell’Euro, sono cambiate le carte in tavola. Con l’entrata in vigore dell’euro, “i prezzi sono raddoppiati”, ci raccontano i nostri genitori, tanto che non sono pochi i sostenitori di un ritorno alla lira. Il changeover lira – euro è stato devastante nella concezione comune. Se prima il caffè costava mille lire, ora costa un euro. Tuttavia, tra percezione e realtà, la differenza è abissale.

Europa

È interessante consultare le statistiche che la Commissione Europea redige sulla base delle percezioni dei cittadini riguardo l’andamento dell’inflazione. Non sono grafici che riportano l’effettivo tasso di inflazione: si limitano a raccogliere il modo in cui l’inflazione viene percepita. Come si può ben notare dal grafico, dopo l’introduzione dell’Euro, gli italiani hanno iniziato a percepire sempre di più l’inflazione (che prima c’era ugualmente, ma non veniva percepita), a causa dell’apparente aumento dei prezzi, causato dal changeover.

È pur vero però che dopo l’introduzione dell’euro si è assistito ad un effettivo rialzo dei prezzi dei beni ad alta frequenza di acquisto (per intenderci, quelli quotidiani, oltre che i prezzi nei ristoranti o al bar). Questo è avvenuto per vari motivi, legati anche al necessario assestamento che segue un cambio di valuta, e che colpisce alcuni settori più di altri (per una spiegazione tecnica leggi qui).

Tra percezione e realtà

I prezzi sono dunque effettivamente aumentati per certi settori, ma non davvero raddoppiati, come il senso comune percepiva istintivamente. L’inflazione e l’aumento dei prezzi è stato percepito così imponente rispetto a quanto non fosse effettivamente avvenuto soprattutto perché il cittadino valuta osservando solo i servizi di cui si avvale di più (se va al bar ogni giorno e nota che il prezzo del caffè è aumentato, lo percepirà immediatamente e su quello si soffermerà la sua attenzione). Al contrario, quello stesso cittadino sarà meno portato a notare la diminuzione del costo di altri servizi (come era avvenuto con gas ed energia), perché è più immediato notare che un aumento piuttosto che una diminuzione.

Cosa accadrebbe se si uscisse dall’euro?

Abbandonare l’euro causerebbe:

Fughe di capitali, rialzi dei tassi d’interesse e dell’inflazione, una perdita del potere d’acquisto e del valore del risparmio e difficoltà di finanziamento del debito pubblico, nonché la svalutazione della moneta nazionale.

Questo, secondo alcuni, sarebbe un fattore positivo perché i prodotti italiani diventerebbero più a buon mercato nel breve termine. Tuttavia, la storia recente dimostra che le svalutazioni, a lungo andare, diventano un ostacolo alla competitività e alla modernizzazione del sistema produttivo. Basti pensare che dall’avvio del Sistema monetario europeo nel 1978 all’entrata in vigore dell’euro nel 1999, la Lira si è svalutata complessivamente del 53% rispetto al Marco tedesco, ma questo non ha aiutato ad affrontare i problemi di fondo dell’economia italiana, che sono la bassa produttività e una crescita sistematicamente inferiore alla media europea.

L’uscita dalla zona euro, dunque, causerebbe un impoverimento del paese, con gravi ricadute soprattutto sulle fasce più fragili della società e sull’occupazione.

(Fonte : sito ufficiale dell’UE )

Segui l’approfondimento nei prossimi articoli.


FONTI
Studio
Sito ufficiale UE

Kapounek, S. and Lacina, L. (2011). Inflation Perceptions and Anticipations in the Old Eurozone Member States. Prague Economic Papers, 20(2), pp.120-139


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