Questo momento storico ha messo sotto gli occhi di tutti le contraddizioni del nostro sistema sociale ed economico. Numerosi lavoratori nel settore del food delivery hanno continuato a lavorare in una situazione di sfruttamento mentre noi restavamo chiusi in casa.
Il caso Uber eats
Il reato, modificato nel 2016, consiste nel reclutamento di lavoratori in condizione di sfruttamento.
Lo sfruttamento avviene pagando pochissimo il lavoratore nonostante i lunghi turni, non garantendo le minime condizioni di sicurezza e sorvegliando continuamente il suo operato.
La figura che effettua questo sfruttamento viene definito appunto “caporale”, molte volte questa figura è un intermediario del datore di lavoro.
Il pm del tribunale di Milano Paolo Storari ha dichiarato che:
I riders venivano sottoposti a condizioni di lavoro degradanti, con un regime di sopraffazione retributivo e trattamentale, come riconosciuto dagli stessi dipendenti Uber
I riders di Uber Italy ricevevano una paga minima, 3 euro a consegna a cottimo oltre al furto delle mance e alla minaccia di punizioni.
Il 22 ottobre la società Uber eats è stata chiamata a rispondere delle accuse in un’udienza preliminare; tra gli indagati insieme ad altre nove persone spicca il nome di Gloria Bresciani, manager della filiale italiana di Uber.
È necessario anche notare come i riders reclutati dagli intermediari che lavoravano per Uber italy siano per lo più migranti richiedenti asilo che risiedono in centri di accoglienza straordinaria. Sono infatti scelti tra le categorie sociali più vulnerabili.
La battaglia dei riders
Il caso di Uber eats, tuttavia, non è un isolato. Tutti i riders delle grandi compagnie di food delivery denunciano condizioni di lavoro precarie.
Recentemente è stato stipulato un accordo tra Assodelivery, l’associazione delle piattaforme come Glovo, Deliveroo e Just eat e il sindacato Ugl. Il nuovo contratto prevede il pagamento di 10 euro all’ora considerando solamente il tempo effettivamente impiegato per la consegna.
I riders il 30 ottobre sono scesi così in piazza per mostrare il loro dissenso. La tipologia che il contratto definisce non sarebbe altro che un cottimo mascherato. Ma la vicenda è ancora più grave. Assodelivery, prima dell’accordo firmato con Ugl, stava infatti trattando con altri sindacati ovvero Cgil, Cisl, Uil e Riders Union per applicare la legge approvata nel 2019 che fissa regole e tutele per i riders.
Ai tavoli istituzionali il sindacato Ugl non ha mai partecipato, l’intesa con le piattaforme di consegna a domicilio sarebbe quindi stata definita parallelamente al tavolo istituzionale. A fronte della mobilitazione dei riders e delle proteste dei sindacati è stato convocato un tavolo di confronto l’11 novembre scorso da cui ancora non è arrivata una vera proposta di mediazione.
Lo stesso ministero del lavoro ha inviato una circolare in cui si mettono in luce le criticità dell’accordo tra Ugl e Assodelivery.
La mobilitazione dei braccianti agricoli
Le forme di sfruttamento non si esauriscono solamente nel settore del food delivery; Il reato del caporalato è molto diffuso nel settore dell’agricoltura e dell’edilizia, numerose volte infatti i lavoratori stagionali dell’agricoltura hanno denunciato la loro condizione precaria.
Tra riders e lavoratori stagionali del settore agricolo c’è un filo conduttore.
Entrambi sono lavoratori reclutati tra persone in una difficile situazione sociale e molte volte sono immigrati che vivono in situazioni critiche. Quest’estate numerosi braccianti agricoli hanno scioperato contro le condizioni in cui erano destinati a lavorare.
Ci sono stati diversi presidi in numerose città d’Italia come Torino, Brescia, Cremona, Piacenza, Rimini, Livorno, Roma, Caserta, Reggio Calabria. L’evento principale è stato il corteo che dal comune di Rignano Garganico si è spostato nelle campagne foggiane.
La pandemia ci renderà migliori?
Il Covid-19 e la pandemia evidenziano ogni giorno di più tutte le contraddizioni che il nostro stile di vita, le nostre istituzioni e i nostri sistemi economici hanno creato.
Il fatto che tutti questi lavoratori sfruttati, tutti questi invisibili hanno alzato la voce e abbiano iniziato a lottare per i loro diritti, è positivo. Loro ci ricordano ogni giorno che i progressi sociali si ottengono soltanto difendendo e lottando per l’estensione a tutti dei diritti che ci tutelano.
Se la pandemia di Covid-19 ci migliorerà questo sarà solo il tempo a dirlo. La verità è che tutti noi dobbiamo imparare a lottare in modo che la nostra società e il nostro sistema economico diventino il più inclusivi e sostenibili possibili.