Sacha Jafri e il Guinness World Record per la tela più grande al mondo

Altra opera battuta all’asta, altro record infranto nella storia e nel mercato dell’arte. Lo scorso 24 marzo, infatti, la gigantesca tela astratta di Sacha Jafri, artista inglese di origini indiane, è stata venduta a Dubai per  62 milioni di dollari (228 millioni di dirham, la moneta locale). Il pittore è molto stimato e le sue opere vantano tra gli estimatori e collezionisti anche Obama e Madonna.

 

 

Eppure questa volta non si tratta del solito capriccio di un benestante, ma di un esborso compiuto per una buona causa. L’opera infatti è stata acquistata dall’imprenditore e filantropo francese Andre Abdoune e il ricavato verrà interamente devoluto alle fondazioni di UNICEF, UNESCO, The Global Gift Foundation e Dubai Cares. L’obiettivo è quello di finanziare i loro programmi umanitari inerenti l’istruzione, l’assistenza sanitaria e lo sviluppo digitale per i bambini che vivono in aree del Pianeta in condizioni precarie o in via di sviluppo. 

Le potenzialità di un’opera unica nel suo genere

Si tratta di un gesto notevole e onorabile, soprattutto in un periodo come il nostro, in cui da un anno a questa parte la pandemia ha stravolto l’esistenza dell’umanità. Non solo, ma ha anche portato alla luce tutte le contraddizioni sociali ed economiche che infettano la Terra. Il lavoro di Sacha Jafri, quindi, non costituisce soltanto l’ennesimo record nel mercato d’arte contemporanea – recentemente vi abbiamo parlato del caso di Beeple – ma un unicum nella storia dell’arte stessa. Soprattutto valutando il punto di vista dimensionale

In effetti si tratta della tela dipinta più grande mai realizzata (se intendiamo la tela, non pittura murale e parietale). Con i suoi 5.000 metri quadrati di superficie, l’opera in realtà è stata terminata nell’agosto dello scorso anno, ma licitata soltanto il 24 marzo 2021,  dopo l’offerta proposta da Andre Abdoune. Quest’ultimo, peraltro, ha offerto più del doppio rispetto alla base d’asta, fissata in origine a 25 milioni.

 

Il progetto benefico di Sacha Jafri: The Journey of Humanity

Fin da subito, l’idea e la progettazione dell’opera erano state concepite da Sacha Jafri, usuale ad attività umanitarie, con il fine di potere allestire un evento benefico. Volto quindi a raccogliere un ammontare sostanzioso da devolvere interamente ai progetti educativi e sanitari. Non a caso il titolo dell’opera, composta da un’intera superficie di tele unite e dipinte in modo unitario, è The Journey of Humanity.  Si distingue, perciò, come il risultato di un progetto che lo stesso Jafri decise di avviare l’anno scorso, durante i primi cinque mesi dall’inizio della pandemia, per offrire il proprio contributo a supporto delle popolazioni più disagiate e colpite. 

Come lui stesso ha scritto sul suo profilo Instagram, l’obiettivo del progetto era quello di:

Connettere milioni di persone sparse in tutto il mondo come messaggio di speranza volto a promuovere un vero cambiamento sociale per un’umanità più cosciente ed empatica.

La nascita di un progetto colossale e…fortunato

Non solo, perché in un’intervista alla CNN, Jafri ha raccontato di essersi ritrovato abbastanza fortuitamente nelle circostanze di realizzare l’opera. L’artista era infatti rimasto bloccato a Dubai a seguito delle misure restrittive adottate. E, di fronte al degenerare della situazione nel mondo, si è sentito in dovere di dare inizio a un progetto artistico che abbracciasse l’intera umanità e che fosse d’aiuto dal punto di vista estetico ed economico. Da un lato l’espressione artistica, dunque, dall’altro la sua monetizzazione benefica con l’asta.

Come ha rilasciato l’artista:

Ero bloccato a Dubai e allora mi venne l’idea di creare qualcosa di intenso, che potesse significare qualcosa e che potesse davvero fare una grande differenza.

La genesi creativa insita di partecipazione e solidarietà

Il progetto ha visto anche la partecipazione del celebre hotel di Dubai The Palm, che ha messo a disposizione di Jafri l’intero ambiente della gigantesca discoteca dell’hotel. Sfruttando la totalità del pavimento a disposizione, Jafri ne ha quindi ricoperto la superficie con una serie di tele di vaste dimensioni. Queste sono poi state dipinte mediante un procedimento molto interessante, partecipativo e denso di significato. Il pittore ha infatti deciso di rendere partecipi della sua attività benefica i bambini di tutto il mondo. Li ha così invitati  a inviare all’indirizzo mail della fondazione a supporto del progetto i loro disegni a tema isolamento e connessione.

 

 

Una volta ricevuti – e stampati – i designi dei bambini, Jafri ha quindi iniziato a stendere un primo strato pittorico sulla superficie delle tele, creando delle aree delimitate da zone circolari. Qui ha poi applicato i migliaia di disegni arrivatigli, formando così un secondo strato ricoperto da questi. Infine, a completamento degli strati pittorici, il pittore ha aggiunto un terzo ed ultimo livello, rifinendo gli aspetti formali delle sue composizioni astratte.

L’omaggio a Jackson Pollock…

Si tratta quindi di un lavoro pensato al dettaglio, concepito per coinvolgere e creare al contempo qualcosa di coinvolgente. Non solo per quanto riguarda gli aspetti d’impatto visivo, ma prima ancora per le dimensioni stesse – da Guinness World Record – della superficie pittorica. Il risultato è una gigantesca superficie dipinta lungo un’intera sala da ballo, nella quale predomina una tendenza votata all’astrattismo. Questa, in particolare, sembra giocare con la forma, ricercando la circolarità, il contrasto cromatico e la sovrapposizione. Come se ci trovassimo in una danza cromatica e formale, che rievoca indubbiante la vaste tele di Jackson Pollock.

 

In effetti, dal punto di vista stilistico, il modello di Pollock appare abbastanza evidente, soprattutto se si considerano gli aspetti tecnici ed esecutivi. Esclusi i disegni applicati con cura e meticolosità, infatti, l’intera gamma di tecniche esecutive adottate sono un omaggio al pioniere dell’Espressionismo Astratto. Le vaste pennella alternano quindi spazi vuoti, da cui emerge lo strato della tela, a colate pittoriche versate direttamente dai secchielli, oltre all’immancabile tecnica del dripping. 

…e al “Realismo Magico” di Gabriel García Márquez

Insomma, ritroviamo tutti gli elementi propri dell’action painting di Pollock, ma al contempo animati da una spiritualità profonda e intensa, che sta alla base di tutti i lavori di Jafri. Quest’ultimo ama definire il suo approccio alla pittura “realismo magico”, un’espressione che felicemente coniata nel secondo ‘900 per definire l’opera letteraria dello scrittore Gabriel García Márquez.

Del resto Jafri sul suo sito web scrive che i sui lavori hanno:

…l’obbiettivo di stimolare lo spettatore, sedurre l’anima ed esaltare, caricare e ispirare lo spirito. […] elettrizzare i sensi e risvegliare tutto ciò che spesso rimane sopito in noi.


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